“In Francia, nei primi venti anni dell’Ottocento, gli abiti Impero erano assai generosi nelle scollature. Benvenute le donne nei musei e ovunque, con le scollature o in riedizioni di abiti morning dress, che si vestano come vogliono, espressione di diritti da tempo conquistati. Surtout, pas de zèle!”. Questa lettera l'ha inviata al Foglio Mario De Simoni, presidente delle Scuderie del Quirinale, in risposta alla polemica che, in questi giorni, è seguita alla decisione di una bigliettaia del Musée d’Orsay. Alla cassa della celebre galleria parigina, è stato vietato l’ingresso a Jeanne, una studentessa di 22 anni, colpevole di amare l’arte ma anche i vestiti scollati. Un décolleté che, evidentemente, non si confaceva allo stile di un museo. Eppure, in quelle stesse sale, tempio globale dell'arte impressionista, fanno bella mostra di sé, tra gli altri capolavori, anche “L’Indolente” di Pierre Bonnard o la “Nascita di Venere” di William-Adolphe Bouguereau. Opere in cui le donne non sono semplicemente nude ma colte nella propria intimità più pigra, svogliata, selvaggia ed erotica. E chissà che ne penserebbero, di questo istinto neo-braghettone, la "Blonde à la rose" e il suo autore, quel Renoir che dipingeva con pennellate come dita vaganti una prodigiosa produzione di nudi femminili, color crema o bianco biscotto. E per la quale è stato accusato di sessismo – ai giorni nostri, ça va sans dire. O cosa ne direbbe Toulouse-Lautrec, e che cosa racconterebbe tra una bevuta e una risata alle sue ballerine scollacciate, che continuano a mostrare le cosce anche dai muri del museo d'Orsay.
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