Non vorremmo trasformare un commentario di cronaca in una lezione sul valore antropologico del feticcio ma, per dirla in sintesi, la razzia di cui è stata fatta oggetto l’altra sera la boutique di Gucci di Torino – comunque insieme con molte altre, tutte detentrici di marchi noti a livello mondiale – si avvicina di più alla divinizzazione prossima all’antropofagia di cui diventa oggetto il Kurtz di Cuore di Tenebra che a una eventuale scarsa comprensione del messaggio inclusivo di cui si è fatto portatore in questi ultimi anni il direttore creativo Alessandro Michele, come si è domandato qualcuno (fra l’altro, che cosa anticipano quella Polaroid con Gus Van Sant postata oggi sull’account Instagram di Gucci e quella serie di acquerelli di Roma del regista di Milk e Elephant?).
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