S’avanza un femminismo pop che infiocchetta, colora, esagera, mescola le ondate e spesso non si accorge di fare il medesimo gioco del nemico. Cioè di mercificare il corpo della donna
Quando la compita e angelica Evelyn, una fantastica Katy Bates tutta da pizzicare e sposare, si decide a partecipare a una seduta d’autocoscienza femminista, su pressione della sua migliore amica che vuole aiutarla a essere più aggressiva e sexy e libera, ci va come al solito suo: piena di fiocchi, colletti, merletti. Sotto il vestito da Sbrodolina, indossa persino un bustino. Quella che oggi chiameremmo coach, principia la riunione dicendo “Bene, oggi esploreremo le nostre vagine, inginocchiatevi e prendete lo specchio” ed Evelyn, con grande imbarazzo, si inginocchia ma non riesce a sganciare il bustino e lo dice a voce alta, “non riesco a sfilarmi il bustino”, e tutte ridono, e allora lei scappa via. Scappa via con un senso di liberazione che tutte le donne che hanno visto quel film – “Pomodori verdi fritti”, una di quelle commedie americane femministe senza averne l’aria dove a essere politico, più che il corpo, era la possibilità di prenderlo poco sul serio – non hanno mai dimenticato.
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