No, quello che vedevamo l’altro giorno al tiggì non era solo Rudy Giuliani che denunciava brogli contro il suo assistito Donald Trump con la goccia scura della tinta che gli colava dalla basetta. Ciò che vedevamo era Gustav Von Aschenbach portato a braccia lungo la spiaggia del Lido, morente e vestito di bianco come fosse già stato avvolto nel sudario. La memoria ci riconsegnava, nella fotografia opalescente di Pasqualino De Santis, Dirk Bogarde con la tinta all’acqua dei capelli, nerofumo, che gli cola lungo la faccia, attivata dal sudore della malattia, orrenda maschera di morte, e il sorriso immoto di Tadzio, le sue forme efebiche “chiamami col mio nome”, il candore splendido della sua giovinezza contro la patetica decadenza biologica in technicolor del suo maturo ammiratore. La morte a Venezia.
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