L'immigrazione sana come ‘deus ex machina’, dalla devastante alluvione alla città estesa sulla laguna. È l'ultima idea di Venezia, per ripartire dopo la pandemia e scampare dalla monocultura turistica: due architetti, un economista e un urbanista accendono il dibattito
Chissà come l’avrebbe dipinta Monet. Un anno fa l’acqua granda, furia arcinota degli elementi lagunari. In primavera il lockdown, che ha restituito silenzi selvaggi a una realtà colma di chiasso. Ma la più paradossale malinconia è arrivata in autunno: il Mose finalmente funziona – salvo impasse burocratiche –, Venezia è in indulgente zona gialla, eppure le calli sono una processione di serrande abbassate. ‘Vendesi’, ‘Affittasi’. Rimanere chiusi conviene. Micidiale 2020: senza monocultura turistica, sgargiante maschera di benessere, la città d’acqua è nuda. Quasi imbarazzata. Le fornaci di Murano, ultimo residuo di artigianato locale, si raffreddano. Il monitor ‘conta veneziani’, special guest della farmacia di campo San Bortolo, registra l’emorragia demografica inarrestabile: oltre 120mila abitanti svaniti dal 1950. Cent’anni dopo Morte a Venezia, Venezia è morta veramente?
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