“Ci sono delle regole e vanno rispettate. punto”, dice Bizzarri, che in quella che per molti è censura non vede nient’altro che l’applicazione di un criterio minimo
Masha Gessen ha scritto sul New Yorker che è stato impossibile prendere sul serio l’armata Marvel (appunto) a Capitol Hill. E non importa se gli sciamannati golpisti abbiano ottenuto questo privilegio volutamente o incidentalmente: di fatto, uno dei peggiori e più grotteschi attacchi alla democrazia americana è stato condotto come fosse un veglione di carnevale. Tra le varie cose che ne sono conseguite, c’è stata la decisione di Twitter di sospendere l’account di Trump, cosa che è stata o molto applaudita o molto contestata. Per alcuni è una misura benedetta, anche se adottata in forte ritardo, e per altri una censura inaccettabile, l’epitome della cancel culture. Tuttavia, Twitter è privato e chi infrange le regole che ha sottoscritto per usarlo viene punito. Non lo staremo prendendo troppo sul serio? Possiamo sostenere, senza risultare ridicoli, che silenziare Trump da una piattaforma online significa imbavagliarlo? Sono i social network il luogo in cui dobbiamo difendere la libertà d’espressione?
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