L'eredità degli anni Sessanta e quella battaglia culturale contro costumi e istituzioni del passato, che ci ha portati a vivere in un altro mondo. Dove le sberle del parroco o del maestro non ci sono piu’
Appartengo a una generazione, quella di coloro che sono entrati al liceo negli anni Sessanta del secolo scorso, che non può in alcun modo permettersi di guardare con indifferenza quanto le sta accadendo intorno. E questo per diversi motivi, il primo dei quali è che abbiamo ormai figli e nipoti e quando si hanno figli e nipoti aumentano sensibilmente le nostre preoccupazioni e la nostra sollecitudine per il mondo che abitiamo. Ma anche le generazioni che ci hanno preceduto avevano figli e nipoti, eppure, nonostante le condizioni di vita decisamente peggiori delle nostre, non credo che avessero le nostre stesse apprensioni. Non ricordo di aver mai visto i miei genitori o i miei nonni preoccuparsi di me come faccio io con i miei figli o mio nipote. Né mi sognerei di affermare che da adolescenti eravamo più affidabili degli adolescenti di oggi o che lo fosse il mondo che abitavamo allora. Le mie zie, ad esempio, mi stavano addosso perché quando avevo undici anni mi avevano visto tuffarmi nel fiume da una cascata di cinque metri. Ne erano rimaste terrorizzate. Ma non erano certo i tuffi il peggio che potessimo fare per la nostra incolumità. Né le ore che dicevamo di trascorrere a studiare a casa di un amico erano sempre così innocue come potevano sembrare.
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