L’antisemitismo è un virus in continua evoluzione: la religione, la razza, lo stato che li rappresenta alle radici dell’odio per gli ebrei
Ogni 27 gennaio sento i “mai più” di circostanza. Mai più persecuzioni antiebraiche, mai più genocidi… Anno dopo anno ho imparato quanto siano promesse vane. E se guardiamo indietro, vediamo come tali parole siano già state tradite nell’immediato Dopoguerra. Restiamo “solo” al mondo ebraico: dopo il 1948, quasi un milione di ebrei sono stati cacciati (e a migliaia trucidati) dai paesi arabo-musulmani nel disinteresse generale. I libri di storia, tuttora non riportano l’evento. Cancellato. Poi sono arrivati gli attentati dei palestinesi negli anni Settanta e Ottanta: Olimpiadi di Monaco, Fiumicino, sinagoga di Roma, la Achille Lauro, raramente ricordati. Altro caso, su cui ci furono assordanti silenzi, è quello degli ebrei che volevano andare in Israele dall’Urss. I Refusnik non riscossero mai grandi entusiasmi. Stessa sorte negli anni Ottanta per gli ebrei siriani: anch’essi prigionieri in un paese che non li faceva uscire. Poi la crescita del terrorismo islamista dal 2000 in Europa (e in Francia in particolare), non ha certo destato lo scalpore che ci si sarebbe aspettati. Ovviamente non possiamo tralasciare il terrorismo palestinese in Israele, mai troppo condannato se non giustificato. Altro che “mai più”. Sarebbe ahimè più coerente che dicessero un “alla prossima!”.
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