La solitudine dei libberal primi (della classe)
Non si accorgono di aver consigliato a Renzi un’agenda molto poco machiavellica, il cui risultato finale è, oltre all’azzeramento del suo potere di coalizione, l’elezione di Letta nel Pd e il ritorno di Prodi, Bersani e D’Alema
A Giancarlo Loquenzi è sfuggita su Twitter, enciclopedia delle meraviglie, come non mi stanco di notare, un’espressione stupenda: chissà che quando. E io dico: chissà che quando gli sarà passata la sbornia allegra e depressiva, i libberal non si accorgano di aver consigliato a Renzi, trasformato in un eroe wagneriano (Rienzi) della resistenza al nibelungico Giuseppi o Bisconte, un’agenda molto poco machiavellica, il cui risultato finale è, oltre all’azzeramento del suo potere di coalizione, l’elezione di Letta nel Pd e il ritorno con fanfara, ConTe, di Prodi, Bersani e D’Alema. Intendiamoci, io sono lieto come noto del governo Draghi, “ripartire da Draghi”, no? che è cosa diversa perché eccezionale dal compito troppo ordinario di distruggere la maggioranza tra Leu il Pd e quei nibelunghi pericolosi dei Five Stars.
E sono anche contento che il nuovo segretario generale dell’ultimo partito costituzionale abbia deciso di allargare, costruire una tenda granda, reingurgitare un sacco di tipi da sballo, e alla lista ne mancano ancora, e la mia Bersanimania, tra l’altro, è suffragata dalle sparate del mio vecchio eroe errante nei talk-show anticontiani (ce l’avevate con lui perché fuori dal giro, ostrega).
Resto in certo senso renzianissimo, ché la terna con Berlusconi e Craxi dei riformatori socialpop è ancora inarrivabile, ma rigorosamente senza i renzianissimi, categoria del liberalesimo spinto e ultrariformista condannata alla ricerca di uno spazio così minimo, ma così minimo, che rasenta l’indefinitamente e infinitamente piccolo della matematica. La solitudine dei libberal primi (della classe) mi dispiace, spero dispiaccia anche a loro, così non ci ricascano. Dovessi spiegare questo linguaggio criptico, non sarei in difficoltà. Renzi è stato spinto a esagerare, che non è necessariamente un difetto corsaro, quando si sappia contenerlo e rovesciarlo in massima prudenza, e così esagerando, per la gioia dei piccoli indiani libberal, è finita come è finita, con gli applausi ignari del New York Times alla grande manovra machiavellica e il suono della Campanella all’incontrario che rimbomba nella testa dei suoi fan. Invece dei giornali di New York e della City, o dei loro succedanei gradassi e stylish, quando volete farvi un’opinione politica informata, cari amici, limitatevi al Fogliuzzo, che ce n’è abbastanza per sbagliare senza eccessi.
Detto questo, siccome le sbobbe politologiche sono tracimanti e non interessano alcuno, direi che lo schema vecchio Ulivo più Verdi&Verdastri può non essere malaccio. Letta, per di più, dice di aver imparato a Sciences Po una lezione di sinistra, le diseguaglianze da curare, il capitalismo da riformare, bettinianamente corretto, e quindi c’è da essere ottimisti. Il Pd può fare ancora qualcosa, ConTe e SenzaDiTe, per costruire o ricostruire un argine attivo e mobilitatore verso una destra illusionista, che in realtà non c’è più (Brunetta e Carfagna stanno più di qua che di là, l’Infiltrato sta di là ma con mille precauzioni, Meloni sta come sugli alberi le foglie, d’autunno, piena di voti virtuali ma scarsa di promesse realistiche). Sinistra e destra significano ormai poco, si sa, ma restano uno schema di gioco, come le fasce laterali nel calcio e i lanci in profondità, e sono comunque un modo di distinguere il mio gioco dal tuo gioco, i nostri comuni giochi politici che dopo la pandemia avranno bene il diritto di ricominciare.