Suez Canal Authority via AP

Perché il canale di Suez bloccato e il Covid non sono “cigni neri”

Pasquale Cirillo

Le metafore animalier vanno alla grande, ma allora sarebbe forse più utiile gridare al rinoceronte grigio: ossia a quegli eventi di grande impatto, assolutamente probabili. E che eppure decidiamo di ignorare

No, quello della Ever Given incagliata nel canale di Suez non è un “cigno nero”. Spiace per i tanti commentatori ornitologici. Portato in auge da Nassim Nicholas Taleb con l’omonimo saggio del 2007, il cigno nero è una potente metafora di natura statistica ed epistemologica, che si lega ad argomenti fondamentali della teoria e della gestione del rischio. Incertezza, informazione incompleta e incalcolabilità trovano nel cigno nero un’immagine vivida e facilmente trasmissibile. Un’immagine così potente da essere troppo spesso abusata, e sempre con accezione negativa. Ma cos’è un cigno nero? Tutti questi cigni neri che vediamo nuotare nelle acque dei media, o volare nei discorsi dei politici, sono realmente tali? Partiamo dalla seconda domanda e diamo una risposta rapida: no, non lo sono praticamente mai. Vediamo perché.

 

Per essere un cigno nero, un evento aleatorio deve presentare tre precise caratteristiche: impatto notevole, imprevedibilità, effetto “senno di poi.” Sull’impatto ci sono poche ambiguità: un cigno nero è un evento il cui accadimento è in grado di cambiare le regole del gioco, in negativo o in positivo. E questo è importante: un cigno nero può anche avere effetti positivi, come li ha avuti la scoperta della penicillina. La periodica esondazione di un fiume mal gestito non è un cigno nero. Un cigno nero deve poi essere caratterizzato dall’imprevedibilità, al punto che il suo verificarsi è una grande sorpresa. Con imprevedibilità s’intende l’impossibilità di quantificare la probabilità con cui un dato evento può manifestarsi. Tale impossibilità non è tanto un’incapacità di calcolo, una limitazione modellistica, quanto una mancanza più o meno radicale di informazioni utili, di dati, che non ci permettono nemmeno di immaginare l’evento in questione. Se non so che X può manifestarsi, banalmente non posso calcolarne la probabilità di manifestazione. Sono impossibilitato a farlo.

 

Un asteroide che colpisca la Terra, per quanto evento d’indubbio “impatto” e dalle conseguenze potenzialmente nefaste (un evento estremo per uno statistico), non può definirsi un cigno nero, per il semplice fatto che le nostre agenzie spaziali conoscono bene il rischio di una tale eventualità. E lo conosciamo anche noi, ma giustamente lo ignoriamo, perché lo riteniamo remoto, aspettandoci di essere avvisati dai tecnici qualora sia necessario (almeno per le ultime preghiere o per vestirsi bene in vista dell’armageddon). E’ importante notare che sull’imprevedibilità si potrebbe aprire una discussione di natura probabilistico-filosofica. Ci si potrebbe infatti chiedere se tale incapacità di concepire l’evento cigno nero debba essere intesa a livello puramente soggettivo (io ignoro), o se non sia più appropriato ragionare a livello di società (tutti ignoriamo, inclusi gli esperti). Entrambe le interpretazioni sono lecite, ma pare chiaro che a livello operativo l’unica utile si riveli la seconda, a meno di non volersi dilettare con visioni solipsistiche estreme. 

 

Il senno di poi rappresenta infine una caratteristica molto utile per studiare i cigni neri ex post, quando si sono manifestati. Si tratta di un fenomeno molto semplice: una volta che l’evento di interesse si è palesato, siamo in grado di riconoscere segni premonitori e dati che, qualora avessimo potuto concepire il cigno nero, ci avrebbero aiutato a prevederlo. Ora, sulla base di queste tre caratteristiche, capiamo che quasi tutti i cigni neri che sentiamo nominare non lo sono. Si tratta di eventi rari, di eventi estremi, ma non realmente imprevedibili. Il fatto che io decida di escludere gli eventi che non mi piacciono dal mio modello, pur sapendo che sono possibili, non mi dà l’autorizzazione di piagnucolare qualora si manifestino.

 

E ora guardiamoci intorno. La pandemia da Covid-19 è un cigno nero? Non abbiamo mai, come umanità, sperimentato pandemie? Il fatto che con Sars si sia stati fortunati ci doveva rendere fortunati in eterno? Non potevamo davvero prepararci a un evento simile? E i famosi piani pandemici? L’uscita dell’Italia dall’euro sarebbe un cigno nero, quando abbiamo politici che ne blaterano a fasi alterne? Che questi cigni neri siano solo scuse per non aver fatto diligentemente il proprio mestiere?

 

Ma quindi a che serve questo cigno nero? L’immagine del cigno nero è utile per ricordarci i limiti del nostro sapere, la fallibilità dei nostri modelli, gli effetti magnifici e spaventosi dell’informazione incompleta. Ha una funzione apofatica, ci dice cioè quello che non possiamo fare. Ci ricorda che tanti problemi nascono dal nostro voler ignorare i dati che abbiamo a nostra disposizione, e che escludiamo solo perché non ci aggradano, non rispettano la nostra narrazione. Se poi queste metafore animalier piacciono tanto, forse è più utile gridare al rinoceronte grigio di Michele Wucker, ossia a quegli eventi di grande impatto, assolutamente probabili, e lo sappiamo, che decidiamo di ignorare perché… non si sa bene perché.

P.s: Internet è un altro cigno nero

 


 

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