Ciak, si gira la nostra estate
Tutti al mare. Guida ai piaceri e ai misteri delle spiagge
Quando i virologi televisivi andranno in vacanza, si passerà dalle isole Covid free al mitologico litorale romano. Campionario cinematografico per orientarsi tra le ferie sospese della pandemia Nelle spiagge americane si surfa e si nuota, arrivano gli squali. In quelle italiane il mostro marino è già spiaggiato. La vita vera è sul bagnasciuga
Dopo il revival della “Pasquetta blindata”, droni a caccia di grigliate, checkpoint, zone rosse e “stretta sulle seconde case”, l’italiano intravede finalmente l’agognato posto al sole.
Il lettino, l’ombrellone, lo spago alle vongole “pieds dans l’eau”, ecco, ancora una volta e come sempre il Grande Ritorno dell’Estate Italiana. Ma stavolta è diverso. C’è aria di riscatto. La seconda estate in pandemia sarà la prima “senza mascherina”, così promette il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri.
Le gabbie di plexiglas sono solo un lontano ricordo. Un’estate che si annuncia anche di ripresa economica, di rilancio e rinascita nazionale: “Una buona data per riaprire tutto potrebbe essere il 2 giugno”, dice il ministro del Turismo, Garavaglia. Sarà l’estate del nuovo “boom” di cui si favoleggia ormai da anni? Chissà. Intanto, ce ne andremo in spiaggia, sdraiati al sole, fantasticando su come spendere i miliardi del “Recovery Fund”.
AM: Anche i virologi sono ottimisti: “Credo che ce la faremo” (Antonella Viola), “La convivenza col virus sarà più facile” (Fabrizio Pregliasco). “Col caldo andrà meglio” (Maria Rita Gismondo). E poi bere molto e non uscire nelle ore più calde, specie se avete fatto AstraZeneca. La chiamano “svolta d’agosto”. “L’estate dopo l’ultima curva”. Che sarebbe anche un gran titolo per un prossimo Muccino che sbanca finalmente ai David, alla faccia dei fratelli D’Innocenzo. Per arrivare a una situazione “zero-Covid” si dovrà attendere marzo, ma tutto si gioca nel mese di agosto, che appunto dovrebbe essere quello buono. Così dice anche uno studio elaborato dalla Fondazione Kessler (!) e dall’Iss. Un’estate per ricucire le “ferite”, le “profonde lacerazioni” del Paese e dei suoi ristoratori giustamente incazzati. La prima estate di Mario Draghi. E l’estate dei venticinque anni di “Ferie d’agosto”.
MM: L’insuperato film di Virzì che raccontava l’Italia spezzettata di quegli anni, l’Italia appena uscita dall’entrata in campo di Berlusconi di due anni prima, divisa tra una sinistra oculata e seriosa e una destra becera e gaudente. Tra i Mazzalupi, negozianti romani, zona San Giovanni, che appena entrati nella casa affittata per le vacanze corrono sul tetto per vedere se funziona l’antenna del televisore. E i Molino, intellettuali, portatori di coscienza civile con famiglia allargata ad amici, attori disoccupati, che organizzano “workshop nel terzo mondo” e che in vacanza non vogliono neanche la luce elettrica. L’Unità scriveva che il film metteva in scena “una sinistra che rischia di retrocedere a élite intellettuale e una destra ruvida e godereccia”. “A pensarci bene”, diceva invece Silvio Orlando, “Ferie D’Agosto è un film sull’impossibilità di andare in vacanza, soprattutto per noi di sinistra”. Oggi un “Ferie d’agosto” si potrebbe fare sulla Cristoforo Colombo tra la famiglia di insegnanti riflessivi che è stata tutta inoculata AstraZeneca alla Nuvola di Fuksas. E una di affluenti caregiver che gli sfrecciano davanti in Suv correndo verso Fiumicino, pronti a imbarcarsi per Dubai, a ricevere il loro Johnson & Johnson, e prima si fermano a mangiare il pesce.
AM: Oppure che si imbarcano per le isole: Ischia, Capri e Procida. Che secondo i dettami del governatore campano De Luca dovrebbero trasformarsi in arcipelago completamente Covid free. Una nuova Repubblica marinara. Possibilmente con lo Sputnik, di cui è grande fan.
MM: Da arcipelago Gulag a arcipelago Sputnik, è un attimo. Il sogno dell’isola incontaminata però è ricorrente, è una specie di ossessione dei governatori italiani, te lo dice uno che è andato fino in Sardegna a vedere come si viveva in zona bianca: per entrare dovevi esibire autocertificazioni e tamponi e QR code come manco a Tel Aviv. Poi, lì, tutti in giro, la vita, i ristoranti, le spiagge. Peccato che dopo 24 ore è diventata arancione.
AM: In realtà i dati delle agenzie di viaggio per la prossima estate sembrano abbastanza confusi: secondo Airbnb gli italiani sognano soprattutto il “digital detox” (tranne evidentemente qui tre milioni e mezzo che non hanno una connessione internet). “Dopo un anno di smart working, molti sentono il bisogno di ricaricare le batterie, spegnere il telefono e godersi l’aria aperta – spiega Giacomo Trovato, Country Manager Airbnb Italia, all’ “Huffington Post”. “Gli agriturismi e le sistemazioni rurali sono l’ideale per chi vorrà disintossicarsi dalla tecnologia anche solo per qualche giorno”. E però “Il trend consolidato è quello dell’holiday working perché si viaggia sempre più coniugando lavoro e relax: non a caso i filtri di ricerca ‘WiFi’ e ‘barbecue’ sono tra i più utilizzati sul nostro portale” dice Marco Celani, ad del portale italianway.house, al Corriere. Qualcosa non torna.
MM: Insomma, come diceva il compianto Ennio Fantastichini in “Ferie d’agosto”, la verità è che non ce state a capì un cazzo, pare di capire. Un’opzione sempre valida potrebbe essere comunque Roma, che risponde sia alle caratteristiche di bassa intensità, natura selvaggia, scarsità di infrastrutture tecnologiche ideali per un detox, e insieme è luogo massimamente balneare. Da Ennio Fantastichini e Ennio Flaiano: “a via Veneto manca il mare, che nelle spiagge italiane è l’ultima cosa di cui si sente ormai il bisogno. I sei caffè che l’adornano hanno ognuno un tipo diverso di ombrellone per i loro tavoli, come appunto gli stabilimenti di Ostia […]. Le automobili scivolano come barche e il pubblico prende il fresco e si muove da un tavolo all’altro, o su e giù, con l’indolenza delle alghe”. A Roma, ecco “Uno stile balneare per le abitazioni, per l’abbigliamento, per le automobili e infine per i cittadini, che sembrano – e intimamente sono – soltanto bagnanti”.
AM: Ma anche i virologi televisivi andranno finalmente in vacanza. E bisognerà pensare subito a come e dove ricollocarli il giorno che la pandemia sarà passata. Che faranno quest’inverno? Se lo chiedeva Aldo Grasso pochi giorni fa a proposito di Antonella Viola, quota rosa e sexy della virologia televisiva (ho un debole per la sua “erre moscia”, però ha già spiegato in un’intervista di aver ricevuto una valanga di “proposte di matrimonio”). Ma insomma dove li vedremo? Saranno già pronti nuovi contratti con l’agenzia di Caschetto? Galli si prenderà “Medicina 33” per far rivivere i fasti di Luciano Onder? Bassetti sarà ospite fisso da Barbara D’Urso? O forse faranno i giudici in un talent dei vaccini? Fonderanno un partito che ha già più correnti del Pd? Oppure un giornale, un quotidiano cartaceo, un inserto su “Repubblica”, “R-19”, diretto da Fabrizio Pregliasco. Forse ci vorrebbe una bella “Isola dei Virologi”, con product placement di AstraZeneca per rifarsi un nome, e la palapa di Bassetti, la Playa Esperanza per la Viola.
MM: “Dove vai in vacanza”, come da glorioso film del 1978, è sempre la domanda che ci assilla, specialmente in questo ennesimo lockdown che sembra un’infinita settimana lavorativa. E chissà insomma come sarà la prossima estate. Almeno, questa volta, sono completamente cessati i progetti di archistar e designer che buttavano lì “la qualunque”, con la complicità nostra di babbioni, a registrare ogni tendenza, e l’armadio sanificante, e la capsula igienizzante, e, infine, per l’estate, il famigerato separé di plexiglas, di cui non si è avuta più notizia. Se proprio dobbiamo azzardare qualche previsione, probabilmente sarà un’estate di lotta di classe rivista e aggiornata: giovani caregiver e insegnanti plurivaccinati si ritroveranno insieme sulle stesse spiagge, mentre gli anziani rimarranno a casa in attesa del fatale sms, a vedersi le dirette Instagram dei Ferragnez contro la Regione Lombardia. A prenotare le vacanze infatti sono soprattutto i giovani. Secondo Airbnb chi si è affrettato a bloccare date e alloggi ha in genere un’età compresa tra i 25 e i 34 anni (19 per cento). E’ forse il dato più interessante e chiaro, altro che RT e tamponi. E’ la loro estate: giovani preti pugliesi, scattanti magistrati, avvocati, parenti di sindaci lombardi, psicologi trentenni - quelli vituperati da Draghi - che, dotati di passaporto vaccinale, saranno finalmente liberi di viaggiare. Ma dove andranno?
AM: Secondo le agenzie di viaggi, staranno tutti in Italia: è tutto un trionfo del “turismo di prossimità”, le prime località sono Liguria, Trentino-Alto Adige, Lago di Como e Sardegna.
MM: Anche per riposarsi dal turismo vaccinale di queste settimane: il vaccino è il nuovo trapianto di capelli. Città che normalmente non sarebbero molto considerate come mete turistiche diventano improvvisamente ambitissime. Così è tutto un prenotare voli per Belgrado, dove puoi scegliere à la carte tra il Pfizer, l’AstraZeneca o il Johnson & Johnson. A Dubai invece è pieno di milanesi che stan lì, si vaccinano e socializzano tra loro. In Qatar, ancora, dice che ti fanno quello cinese.
AM: E poi, tutti vaccinati, si tornerà di nuovo “in prossimità”, dunque tra Roma e Napoli, in questo lungomare sacro alla Patria. E’ anche, la prima estate di Mario Draghi in maniche corte. Come si collocherà nella annosa questione morale-balneare, cioè essere Aldo Moro sudato in giacca e cravatta che arranca allucinato nella sabbia vs. Salvini ubriaco di mojito e co’ la panza? Che farà, passerà tutta la stagione tra messe mattutine a Città della Pieve? Roba da far rimpiangere il Papeete. I giornali però informano che il premier possiede anche “una villetta a Lavinio, di sette vani, con garage”. E che volentieri si ferma ad Anzio a mangiare, “Da Alceste al buongusto” (ottimi crudi, primi piatti forse un po’ troppo carichi, esagerati, un filo caro). Gentiloni invece preferiva “Romolo al porto”. Ma sempre lì siamo.
MM: Il litorale romano, anche per un rilancio del turismo, potrebbe diventare un grande parco a tema servizi segreti/spy story. Partendo dall’ultimo caso, quello del militare infedele che vendeva segreti un po’ scalcagnati ai russi. E lì, scambi di microfilm infilati non in valigette in grandi alberghi mitteleuropei decadenti, bensì in blister di farmaci anticolesterolo, a Spinaceto. Ci si immagina questo russo girare per Spinaceto come un novello Nanni Moretti, dicendo tra sé e sé “Spinaceto pensavo peggio”. Sarebbe bello poi conoscere anche le valutazioni di queste spie russe: come gli è parsa la Lombardia, nella gloriosa traversata “di sanificazione” al Nord l’anno scorso? Amano di più il Lazio?Urge un Tripadvisor dedicato.
AM: Questo milite vendeva i segreti per ripagare la palestra ai figli e il mutuo della casa a Pomezia; insomma è chiaro che, anche nelle nostre spy story, c’è sempre un “côté” immobiliare. E il litorale romano resta uno snodo fondamentale del paese. C’è tutto un certo know-how tecnico, un trionfo di impiantistica tecnologica e misteriosi capannoni industriali, a perdita d’occhio sulla Pontina. All’Irbm di Pomezia si produce pure un pezzo di AstraZeneca.
MM: Ma appunto, nel litorale magico, un sacco di delitti e casi sempre più o meno irrisolti, di spie, di trame, di controtrame, spesso diverse da Grisham o Greene. C’è il caso tragico e allucinante del giovane Marco Vannini trovato morto in una vasca da bagno sei anni fa a Ladispoli, a casa della sua fidanzata con babbo militare distaccato ai Servizi… Ma la madre di tutte le spy story litoranee fu naturalmente quella del caso Montesi, che alla vigilia di Pasqua 1953 fu trovata morta sulla spiaggia di Torvaianica. E lì, gran coinvolgimento di istituzioni, logge, finti marchesi, il figlio del ministro Piccioni...
AM: E c’è questo libro appena uscito, “L’ultima spiaggia. Rive e derive del cinema italiano” (lo ha pubblicato Marsilio, lo ha scritto Christian Uva, docente a Roma III) che si immerge, anzi sprofonda dentro quella “condizione balneare” raccontata assai bene dal nostro cinema, perché sempre lì si torna. Una scorribanda di film, mete di villeggiatura, litorali, faraglioni, pinne, fucile ed occhiali, perché “coi suoi 7500 chilometri di coste”, l’Italia ha avuto proprio nella spiaggia il luogo in cui “mettere a nudo con tutte le sue storiche e insanabili contraddizioni, il carattere nazionale”. La spiaggia di Wilma Montesi e Piccioni che scaraventa l’Italia negli anni del boom e che poi diventerà quella del “Casotto” di Sergio Citti, 1977, “definitivo tramonto della condizione balneare”, come dice Uva. Ecco nel frattempo le vacanze a Ischia di Rizzoli, la Versilia del “Sorpasso” e quella dei Vanzina, ricostruita un po’ a Fregene e le miriadi di spiagge neorealiste e fagottare di Ostia, la ressa caciarona davanti alla biglietteria dello stabilimento di “Domenica d’Agosto” di Luciano Emmer. Le spiagge edoniste e abbronzatissime della Riviera romagnola, “Rimini, Rimini”, ma anche quelle deserte, misteriose, malinconiche di Fellini. Cosa sarebbe stato e cosa sarebbe il cinema italiano senza le sue spiagge?
MM: “Abbiamo scoperto un paese godereccio e pieno di soldi, abbiamo scoperto che c’era il mare, prima il mare non lo guardava nessuno”. Così Rodolfo Sonego, principe degli sceneggiatori italiani, cervello di Alberto Sordi, nostro guru di riferimento. Coi nostri film, diceva sempre Sonego, abbiamo contribuito all’affermazione di queste località, di queste stazioni, di queste vacanze, di questo boom. D’altronde c’è sempre Sonego dietro “La spiaggia” di Lattuada, capitolo decisivo nella costruzione della nostra mitologia balneare. “La spiaggia è veramente il mio film, il primo film che rispetta la tendenza a fare quel tipo di commedie chiamate in seguito ‘all’italiana’”. La storia della giovane prostituta che porta la bambina nel paesino della riviera ligure, “dove ci sono il ricco capitalista e il giovane sindaco comunista, era una metafora dell’Italia di allora. Con tanti personaggi, più o meno negativi, che erano in fondo i cittadini di un paese alle soglie del boom economico”. Ma oggi, un film ambientato nella Portofino deserta, con la contessa Camerana molto annoiata che indaga sulle tracce della sua omologa e più disinvolta Vacca Agusta, precipitata misteriosamente dalle rupi, funzionerebbe? In fondo tra tutte le commissarie femmine che indagano nei nuovi romanzi e nelle serie televisive italiane, tra Puglia e Basilicata e Sicilia e Romagna, manca il filone ligure araldico. Chissà. Oppure si potrebbe ambientare una storia a Forte dei Marmi, tra il mercatino del cachemire e il bagno Piero.
AM: La spiaggia, col suo tempo sospeso e dilatato, fa pensare subito alla “commedia”, al “filone balneare”, ma giustamente si parte dai litorali fascisti, dai cinegiornali Luce, dalle colonie estive dell’Opera Nazionale Balilla. E’ tra le dune di Sabaudia che il Duce fa ricostruire la battaglia di Zama (“Scipione l’africano”, Carmine Gallone, 1939), e d’altro canto, la Versilia è un’invenzione di Gabriele D’Annunzio.
MM: Però pure dei Vanzina e degli Agnelli, scusa. E adesso arriverà la agognata serie su “Vestivamo alla marinara”, finalmente tratta dal romanzo di Susanna Agnelli e girata dalla nipote Ginevra Elkann. Dopo che la sceneggiatura di Mauro Bolognini, già pronta e finita, fu bloccata dall’Avvocato, a cui l’idea non piaceva per niente. Anche in quel libro, al mare non ci si va mai, però, perché tutta la vita al Forte si sa che si svolge nelle case, al limite in spiaggia, ma mai assolutamente in acqua, talmente lontana che arrivarci è una fatica.
AM: Ecco qui la differenza tra il beach movie italiano e quello americano. Da noi “mare” significa anzitutto spiaggia, non significa avventura, sfida, wilderness sconfinata, ma stabilimenti, pattino, sonno ancestrale, “esci dall’acqua e ti vieni a sdraiare”. E quella famigerata minaccia di non farsi il bagno “prima delle quattro perché hai mangiato”, che ci portiamo dietro da quando siamo bambini. C’è gente che è andata in analisi per quello.
MM: Nelle spiagge americane si surfa e si nuota, arrivano gli squali, succedono cose, in acqua. In quelle italiane invece il mostro marino è morente e già spiaggiato (finale della “Dolce Vita”). La vita sta tutta sul lettino e sul bagnasciuga, dove l’utente medio non stravolto dallo spaghetto alle vongole tenta o tentava dei famigerati catcalling.
AM: Come scrive Raffaella De Santis citata nel libro di Uva, il nostro è un popolo di “santi, poeti e navigatori”, “ma non di nuotatori”. Per gli italiani infatti, “attaccati alle coste, come agli scogli”, l’acqua “è una mamma diventata pigra, che al momento si accontenta di spiaggette organizzate, lettino e ombrellone tutto compreso”. Non ci sono i tonici, prestanti leoni protagonisti del mercoledì raccontato dal celeberrimo beach movie di John Milius (“Un mercoledì da leoni”, 1978). Poi quest’anno, capirai. Siamo tutti ingrassati, appesantiti, fuori forma. Ci sarà una sanatoria per il “body-shaming” da spiaggia. Un punto di non ritorno. Come la galleria di freak improbabili raccontata da Dino Risi in quel capolavoro surreale e folle che è “L’ombrellone”, 1965. Con l’Italia del Boom ormai alle spalle e l’esodo al mare che assume tratti sempre più mortuari e mostruosi.
MM: Più che da “Mercoledì da leoni” sarà un’estate da “Leoni al sole”, mitologico film di esordio di Vittorio Caprioli, che quest’anno compie sessant’anni. Il film, appunto del 1961, è strano come tutti quelli di Caprioli; parte leggero e poi diventa di una malinconia tremenda. La trama: Franca Valeri è una giornalista che scrive guide turistiche; a Positano si imbatte in un gruppo di giovanotti che cercano rimedio alla noia e al diventare adulti tentando di conquistare ricche straniere per sistemarsi e non tornare mai più a lavorare, una volta finita l’estate. Il film fu scritto sotto l’influsso di Raffaele La Capria, e fu scambiato per una commedia balneare. Invece è una commedia amara che mette in scena l’estate di quei bagnanti che giocano a fare i ragazzini ma sono completamente fuori età, hanno quarant’anni, che per quell’epoca vuol dire essere vecchissimi. Quello sfasamento di età rende il tono del film surreale e patetico. Questi giovani anziani le studiano tutte per non lavorare e cercano di rubare gioielli a dame americane con lo yacht. Se sostituisci i gioielli con i vaccini potrebbe essere una metafora fantastica dell’Italia (e dell’Europa) 2021 che ci aspetta. Buone Vacanze! E buoni vaccini!
generazione ansiosa