"Liberticidi" contro "transfobi": sul Ddl Zan i peggiori sono sempre gli altri
Intanto il provvedimento è stato calendarizzato in Senato
La svolta repressiva un tempo era di destra, oggi è appropriazione culturale della sinistra. L’idea sembra essere: più manette e meno crimini, anziché più diritti e più libertà. La guerra del consenso, tra soubrettismo della politica e la politica delle soubrette
Si sblocca il Ddl Zan. Oggi, sei mesi dopo il via libera della Camera, la legge promossa dal deputato pd Alessandro Zan contro omotransfobia, misoginia e abilismo è stata calendarizzata anche in Commissione giustizia al Senato, con 13 voti favorevoli e 11 contrari.
Questa è la parte che potete saltare. Quella in cui in genere si trova la premessa d’obbligo a chiunque voglia esprimersi su qualsiasi argomento sensibile: dichiarare la propria incomparabile identità. Aborto? Tesserino, prego; devi essere una donna che ha abortito. “Rape culture”? Tesserino, prego; devi prima elencare le volte che sei stata stuprata, maltrattata, offesa. Sui neri devi essere nero, sui gay devi essere gay, e parlare di eutanasia è molto complicato. Lo fanno tutti, sia quelli convinti che dobbiamo ascoltare le persone coinvolte in una vicenda (speriamo che Beppe Grillo abbia dimostrato i limiti di questo approccio), sia quelli che per pura strategia dialettica cedono al ricatto nella speranza d’essere presi sul serio. Più sei vittima più sei autorevole. Non lo farò.
L’ultimo dibattito tra buoni e cattivi è la proposta di legge Zan: da una parte troviamo i favorevoli e dall’altra gli omofobi, i bigotti, le femministe transfobe terrorizzate dal condividere il bagno con una donna non operata, cioè un uomo con la parrucca e un coltello. Almeno secondo la percezione del dibattito sui social. Ci sarebbero anche i liberali, quelli che non amano la condizione di partenza, la legge Mancino, perché vorrebbero estendere i diritti a tutti anziché creare tutele specifiche per alcuni, quelli che non amano l’interpretazione simbolica dell’ordinamento né i manganelli, quelli che in fondo non si oppongono al ddl Zan per non passare per talebani. Sono pochi, non contano nulla.
Facendovi un giro su internet può capitarvi di leggere gli eccessi d’autocommiserazione di chi “Ogni giorno siamo perseguitati e rischiamo la vita” (più che omosessualità sembra una trincea), o di leggere quelli che piagnucolano “Vogliono truccare i nostri figli” (il terrore delle baby drag queen terrorizza più di Bibbiano). In mezzo, persone che cercano di comunicare senza mai capirsi.
Sapete già come funziona: a seconda di come la pensiate, i peggiori sono sempre gli altri. Se votate Matteo Salvini penserete che sia una legge liberticida promossa da una dittatura gay (lo dice anche Platinette che la battaglia dei diritti è vinta perché “hanno smesso di tirarmi i pomodori“); se votate per il partito Ferragnez, in mancanza di un centro-sinistra, e ascoltate le dirette di Fedez con Alessandro Zan, potreste farvi l’idea che gli oppositori stiano difendendo il loro diritto a picchiarvi perché “Non essendoci un reato con un nome preciso si fa fatica a fare la denuncia”.
Per tranquillizzarvi, non c’è alcun vuoto normativo, esistono già aggravanti per futili e abietti motivi che i giudici già usano in casi che riguardano persino l’omofobia. E no, non c’è neppure un serio rischio liberticida, a parte l’eventualità che i vostri giudici siano Elodie o Mahmood. Perché? La prima, della Lega ha scritto: “Questa gente non dovrebbe essere in Parlamento. Questa gente è omotransfobica”, caso chiuso, democrazia ripristinata. Il secondo ha detto che: “Chi è contro l’omosessualità, cioè dice di esserlo o addirittura passa all’azione, va punito”, Robespierre, sei tu? Levante sulla Stampa ha scritto che non si contano più le aggressioni per identità di genere (anche se in pochi saprebbero definire cosa sia, tra questi non ci sono i nostri parlamentari). È una buona causa, non conta quello che dici ma conta solo “esporti”. Negli anni novanta si sarebbero esposti contro la fame nel mondo, negli anni 2000 contro la guerra in Iraq, oggi contro l'inquinamento e l'omotransfobia.
Peggio va coi politici che aspirano a essere rockstar. Giorgia Meloni che sostiene che l’obiettivo della legge sia la repressione, Simone Pillon che dice che chiunque si opporrà al matrimonio egualitario finirà in carcere, o Vittorio Sgarbi che accusa di pedofilia di stato esagerano proprio come quelli che dall’altra parte immaginano di vivere in Polonia. Se la destra difende la libertà e la sinistra difende le manette c’è qualcosa che non va. Alcuni omosessuali sembrano volere pene esemplari proprio come quei pensionati veneti col fucile contro i ladri in giardino. Siamo nell’era del castigo, per seguire l'intuizione di Didier Fassin, e se non si riesce a essere cittadini con pieni diritti possiamo almeno aspirare a una svolta repressiva che un tempo era di destra e oggi è appropriazione culturale della sinistra. L’idea sembra essere: più manette e meno crimini, anziché più diritti e più libertà.
È una guerra del consenso, sia nel mondo dell’intrattenimento sia in quello della politica. Voti, follower, cuori. Forse è questo che intendeva Fedez quando, riferendosi a Andrea Ostellari che si rifiutava di calendarizzare la proposta di legge, diceva: “Non sei Beyoncé”, intendeva “Non sei De Gasperi”. La chiusura del cerchio pop impegnato è Alessandra Mussolini, che dall’iconico “Meglio fascista che frocio” di quand’era una deputata, è passata al fotografarsi su Instagram il palmo con su scritto ddl Zan, indistinguibile da Alba Parietti. Mussolini interpreta perfettamente i tempi, quelli in cui è inavvertibile il confine tra il soubrettismo della politica e la politica delle soubrette.