Non confondere la richiesta di più manette con quella di più diritti. Perché non amo la legge Zan
Per essere riconosciuti abbiamo scelto da tempo la strada della vittimizzazione: soffro quindi esisto
Oggi ci sono più vittime che cavallette nell’antico Egitto. Certi omosessuali sono alla eterna ricerca dell’approvazione: della mamma, degli amici, dei nemici, del Papa, della pubblicità dei biscotti. Per essere riconosciuti abbiamo scelto da tempo la strada della vittimizzazione: soffro quindi esisto. Ha funzionato. L’Occidente si è gayzzato, i genitori sfilano coi figli ai pride, le serie televisive hanno personaggi inclusivi. Gli eterosessuali prima mi davano del frocio oggi mi danno dell’omofobo. Eppure continuiamo a rappresentarci come perseguitati. Vi risparmio il racconto di quella volta che un ragazzo etero voleva picchiarmi perché mi sono offerto di pagarlo per farci sesso. Un errore di valutazione da parte mia, un inequivocabile sgarbato rifiuto da parte sua. O di quel triste Natale in cui dissi a mia madre che ero frocio e lei mi rispose in lacrime “speravo d’avere un figlio normale”, e prima di Checco Zalone. Nessuno di questi fatti mi definisce. Non sono un sopravvissuto, sono solo cresciuto e ho felicemente superato i traumi delle scuole medie.
Come forse avrete intuito, gli amici del Foglio hanno a cuore la “standpoint theory” cioè il presunto vantaggio “epistemico” di cui godo in quanto appartenente alla classe oppressa, o se preferite possiamo chiamarla “marcia in più”, e mi hanno chiesto di spiegare i motivi per cui non amo le leggi che ricadono sotto la denominazione di “reati d’odio”, tra le quali anche la Mancino, e la sua estensione nella proposta Zan. In passato valutare le idee in base a chi era a proporle era un tic della destra reazionaria. Oggi è una battaglia progressista. Ma perché rifiutare una tutela in più? Sono forse pazzo? Non è come rifiutare il contrassegno per gli invalidi: ci sono in ballo delle vite, mi dicono. Sono egoista, sono complice, sono un mostro. Tra i pochi amici che mi sono rimasti sono diventato l’omofobo di destra. Una via di mezzo tra Platinette e Sallusti (il che forse fa di me il vostro Daniele Capezzone).
Voglio deludere chi eroicamente è riuscito ad arrivare fino a qui dopo aver letto standpoint theory ed epistemico sulla stessa riga: non mi reputo un oppositore di questa legge, per almeno tre motivi. Il primo è che verrà approvata e non ha senso agitarsi; poi non credo rappresenti un concreto problema per la libertà d’opinione (non perché non esistano zone grigie d’interpretazione, ma perché né la Mancino né la Scelba hanno impedito insulti razzisti, bucce di banana o passi dell’oca tra camerati…). Il terzo è pura civetteria. La destra liberale in Italia non esiste: ci sono leghisti che affonderebbero i barconi ma difendono mamma papà e Natale, ci sono cattolici che temono la legalizzazione dell’utero in affitto, ci sono femministe terrorizzate dall’idea di una legge in cui basta dichiararsi donna per esserlo e venire quindi stuprate nei bagni pubblici (tipo vampiro che ha bisogno del permesso per entrare: se uno stupratore ha bisogno di una legge per aprire una porta forse non è granché come stupratore).
Il silenzio è violenza ma la critica è un trauma. Se fate un giro tra i messaggi lasciati in rete da quelli con bandiere arcobaleno nel nome vi convincerete d’essere nel bel mezzo di un olocausto. C’è chi rinverdisce casi di cronaca con foto di nasi e occhi gonfi e chi, col piglio d’una Banana Yoshimoto, vi racconterà di quella volta in cui il compagno di classe gli ha chiuso le dita nell’armadietto. Un dolore eterno. Uno sconosciuto ti urla “frocio”? Faccio il giro lungo per non incrociarlo mai più. Anziché chiedersi se denunciarlo per ingiurie o querelarlo per molestie, se la cosa lo disturba tanto, ci si mostra fragili. Gli omosessuali pensano d’essere ignorati dal diritto, in realtà sembra siano loro a ignorarlo.
Culturalmente non confonderei la richiesta di più manette con la richiesta di più diritti civili. Viviamo già un “momento punitivo” in cui seppur la maggior parte dei crimini diminuisce la popolazione carceraria aumenta per effetto della moltiplicazione delle pene. Che senso ha, nel contesto ancor più grave delle carceri italiane, usare la minaccia penale per prevenire e contrastare la discriminazione e la violenza? È stato un colpo al cuore leggere Luigi Manconi sostenere che questa legge ha il compito di: “Proteggere la persona dalla violenza e dalla discriminazione per consentirle di vivere liberamente”. Una giustificazione persuasiva se oggi fossero legali l’aggressione, la molestia, lo stalking. I sostenitori della legge argomentano che oggi è tanto difficile far valere il diritto, poi promettono che le aggravanti si applicheranno tipo i macellai col prosciutto (è il doppio della pena, che faccio levo?). Altri, più ragionevoli, sostengono che serva a dare riconoscimento giuridico, mediante una tutela rafforzata, a realtà al momento sono ignorate dal diritto. Ma non tutto ciò che è ignorato dal diritto è un male. In che senso la tutela penale serve a riconoscere la realtà? Finiremo a dare ragione agli asessuali che si lamentano di non essere tutelati.
Walter Siti ha ammesso che anche gli omosessuali sono pieni di pregiudizi e che: “Chi duella sulla legge contro l’omofobia non si rende conto che i pregiudizi stanno da entrambe le parti”. Gli omosessuali sono spesso misogini, disprezzano le checche e le lesbiche; le donne e gli uomini transgender spesso si comportano, on line e nella vita reale, come se valessero di più di chi non può vantare il loro stesso “passing privilege”; i neri preferiscono le donne con una pelle più chiara alle donne con una pelle più scura. I bisessuali sono la Palestina dei gay. Pure io sono un po’ omofobo, lo ammetto. I pregiudizi di un etero sono più gravi della mia omofobia? Non credo. Paul Valéry ha scritto che il grande trionfo dell'avversario è farci credere a ciò che dice di noi. In che modo dichiararsi vittima aiuterà i ragazzini ad aumentare la propria autostima?
Nell’èra della suscettibilità, in cui le aziende americane per cui spesso lavoriamo sono in ostaggio della cancel culture, siamo tutti più vulnerabili e sanzionabili rispetto a ciò che diciamo. Questa legge si presta anche a malintesi sul diritto d’opinione e sull’interpretazione dell’istigazione all’odio. Oltre a non volermi privare del fantasy di Silvana De Mari, mi appello a John Stuart Mill che difende il conflitto intellettuale a garanzia di una società aperta: “Se si vietasse di dubitare della filosofia di Newton gli uomini non potrebbero sentirsi così certi della sua verità”. L’utilità della legge è aver creato un dibattito, finito il dibattito bisognerebbe buttare la legge. Peccato solo che al posto dei filosofi analitici americani abbiamo Alessandro Cecchi Paone che dice: “Va perseguito chi dice che l’unica famiglia è tra uomo e donna”. Non hai bisogno di nemici quando hai amici così.
Roberto Saviano, nel consueto sermone televisivo, per sostenere l’emergenza omofobia in Italia si è riferito ai casi registrati dalla cronaca anziché alle denunce, che è un po’ come quando Salvini usa i titoli dei giornali per dirci che siamo invasi dagli immigrati. C’è chi ha notato che ha persino ripetuto una bufala, un pestaggio per un bacio che in realtà era una rissa (non è un caso isolato, ed è il motivo per cui l’offesa non la stabilisce la sensibilità della vittima su Twitter o lo scrittore dolente ma un giudice in tribunale). A un certo punto ci dice che i crimini d’odio sono peggiori di altri perché quando aggredisco qualcuno per ciò che rappresenta sto compromettendo il vivere civile di tutti. Qui c’è il non trascurabile dilemma: l’angoscia provocata a terzi legittima un aumento della pena per un delinquente? Immaginiamola applicata alla pornografia o a un giudice che punisce più severamente un extracomunitario perché ce lo chiede la comunità. Il modo per determinare se queste leggi siano appropriate o meno è chiedersi se è vero che un crimine animato da motivi d’odio verso alcuni gruppi sociali sia più riprovevole di uno stesso crimine mosso da una miriade di altri motivi. Se il delitto Varani fosse stato compiuto per l’odio verso l’omosessualità della vittima sarebbe stato peggiore?
Come scrive Mark Lilla “L’isteria collettiva sull’identità è un’espressione della cultura evangelica americana”. Per essere preso sul serio dovrei salire su un palco in un polmone d’acciaio e definirmi una madre lesbica, come scriveva Joseph Epstein di Michael Dukakis. Sono un frocio di destra? Se a destra fossero froci come me avremmo la stepchild adoption così puoi chiamare chi vuoi papà o mamma (o genitore, o chissenefrega), adozione per i single, diritto all'aborto garantito in ogni regione italiana, anche nel Molise, matrimonio egalitario perché tutti hanno il diritto di essere infelici, lo ius soli anziché le censure di negro, i diritti per chi si prostituisce e i diritti per chi vuole pagare per la fatica di farsi una scopata senza essere inseguito dai vigili, la possibilità di scegliere il fine vita e di scegliere come crearla, in un mondo in cui ci sentiamo tutti più individui liberi e meno alla ricerca dell’approvazione sociale o di tutela statale circa le nostre vite. E anziché chiedere pene esemplari per i diciannovenni americani che hanno ucciso un carabiniere penserei a depenalizzare la droga, tutta, leggera e pesante, senza discriminazioni. È però solo quando smetteremo di sentirci vittime che saremo finalmente liberi.
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