piccoli miracoli italiani
In Italia il puritanesimo non manda i libri al macero
Da Philip Roth a Woody Allen. La discussione moralista è dominante, ma almeno la cancel culture non abita qui
Quando raccontiamo episodi di cancel culture e di puritanesimo, e lo facciamo quasi sempre spaventandoci o comunque discutendo lo zelo moralista che rischia di intimidire, di appiattire la libertà dell’arte, quando ci vengono i brividi per le opere immense che non vengono più insegnate nelle università perché offensive, ci riferiamo a un pensiero dominante che però evidentemente non appartiene al nostro paese.
Cerchiamo i sintomi, diciamo: aiuto, sta per arrivare, come faremo, e dicendolo dimostriamo che non si trova qui. Qui domina un pensiero più storto, liberale e curioso. Un pensiero che distingue responsabilità penale e grandezza artistica, anche.
Non è qui che si mandano al macero le copie della biografia di Philip Roth perché il suo autore è accusato di molestie, e non è qui che si cerca un editore outsider che abbia il coraggio di pubblicarlo e di affrontare le conseguenze di questa idea di libertà. Non è qui che le persone voltano le spalle all’opera di un uomo o di una donna perché non rispetta i canoni di correttezza e inoffensività di cui discutiamo con apprensione e passione ormai da qualche anno.
Non è qui che ha dimora la parola: espulsione. Siamo in attesa, forse, ma siamo tutti piuttosto convinti di non volere che accada, e critichiamo, con forza o con prudenza o con silenzio, un pensiero dominante che non è il nostro. Non siamo noi. La pubblicazione della biografia di Philip Roth in Italia, prevista nel 2022 con Einaudi, non è stata mai messa in discussione, semplicemente perché “una casa editrice non è un tribunale” e ha il compito di dare la parola e non di toglierla. Nessuno se ne è scandalizzato. E quando Amazon ha cancellato la programmazione del penultimo film di Woody Allen, in Italia è stato immediatamente distribuito, recensito, amato, odiato, o lasciato un po’ freddi, non per le eventuali vicende di Woody Allen con Mia Farrow e i figli adottivi ma per il possibile esaurimento della sua vena artistica. E la sua autobiografia, “A proposito di niente”, pubblicata più di un anno fa dalla Nave di Teseo (e tradotta un po’ troppo precipitosamente) ha avuto un grande successo, è diventata un bestseller di quattrocento pagine dedicate per la maggior parte a racconti di regia e sceneggiatura per feticisti. Probabilmente con lo stesso morboso entusiasmo correremo a vedere anche il documentario Hbo “Allen vs Farrow”, con il desiderio di sapere e di capire e di discutere. Non con la volontà di cancellare. Abbiamo di certo molti difetti, ma nessuno deve toccarci la libertà di leggere, guardare, applaudire e spettegolare.
Politicamente corretto e panettone
L'immancabile ritorno di “Una poltrona per due” risveglia i wokisti indignati
Una luce dietro il rischio