un foglio internazionale
La perdita del capitale umano
Il crollo delle nascite, il capitalismo, il conservatorismo e il liberalismo secondo Douthat
"Il rapporto uscito mercoledì secondo cui il tasso di natalità in America ha raggiunto i minimi storici nel 2020 era prevedibile, ma è pur sempre cupo”. Così inizia l’articolo di Ross Douthat del New York Times. “La notizia è stata accolta dai lamenti dei conservatori e dalle accuse dei liberal, che hanno dato la colpa ai conservatori: perché il capitalismo americano rende la genitorialità insostenibile, l’equilibrio lavoro-maternità impossibile e l’atomizzazione inevitabile. Questa è una versione specifica di una vecchia contesa sulle tensioni tra capitalismo e tradizionalismo, che sembrano particolarmente rilevanti oggi che la destra non sa più cosa sta conservando.
Ad esempio, in un saggio sul New York Magazine Eric Levitz sostiene che le tendenze sociali che i conservatori americani disprezzano – l’affermazione dell’individualismo, il declino della religione, il matrimonio e la famiglia – sono alimentate dalle stesse forze socioeconomiche sostenute dalla dottrina della destra liberista. ‘I tradizionalisti americani sono legati a un sistema economico che è radicalmente anti tradizionale – scrive – e i repubblicani non possono né fare la guerra al capitalismo né accettare le sue implicazioni sociali’. Questa tesi è intellettualmente convincente. Ma la realtà storica è ben più complessa. Se le spinte anti tradizionaliste del capitalismo hanno inevitabilmente reso obsoleti l’esercizio religioso, le associazioni civiche o l’istituzione del matrimonio, ti aspetteresti che questi pilastri calino di pari passo con la crescita economica e il cambiamento tecnologico. Immagina, in pratica, un’America tocquevilliana costituita da famiglie solide, una vita civica florida e chiese affollate che, attraverso l’industrializzazione e l’emigrazione dalla città alla periferia, dà vita a una società sempre più individualista. Ma questo non è esattamente ciò che vediamo. Invece, come spiega Lyman Stone in uno studio sull’American Enterprise Institute, l’utopia tocquevilliana non esisteva ancora quando Alexis de Tocqueville visitò l’America negli anni Trenta dell’Ottocento. Al contrario, la crescita del civismo americano è avvenuta in gran parte durante la rivoluzione industriale. L’ascesa delle fratellanze è un fenomeno del tardo Diciannovesimo e dell’inizio del Ventesimo secolo. L’appartenenza alle organizzazioni religiose è aumentata durante l’età dorata, un’epoca iper capitalista. La proporzione di americani che si sono sposati prima dei 35 anni è rimasta sorprendentemente stabile dal 1890 al 1960, nonostante i boom, le depressioni e i drastici cambiamenti economici. Questo indica che il conservatorismo sociale può essere indebolito dal dinamismo economico, ma può anche reagire a sua volta in modo dinamico – attraverso una costante ‘reinvenzione della tradizione’ che, potrete dire, si manifesta nella rinascita religiosa, in nuove forme di associazionismo, nuovi modi di corteggiare. Questa reinvenzione conservatrice è entrata in crisi solo negli anni Sessanta, con la divisione delle chiese, la crisi della famiglia e la disgregazione dell’associazionismo. E i valori capitalisti, l’individualismo economico e sessuale dell’èra neoliberista, sicuramente hanno avuto un ruolo in questo processo.
Ma dopo gli anni Sessanta è diminuito anche il dinamismo economico: l’aumento della produttività è calato e la crescita economica è anche rallentata. Quindi se la stagnazione economica e la disgregazione sociale vanno a braccetto, non può essere solo il capitalismo a indebolire il conservatorismo. Un piccolo esempio: il tasso di mobilità geografica negli Stati Uniti, che potresti interpretare come l’indice di come il capitalismo smobilita le persone dalla loro comunità, è calato negli ultimi decenni. Ma questo non ha preservato il tradizionalismo rurale. Anzi, è successo il contrario: anziché avere una comunità radicata e religiosa, ci ritroviamo con una crescita nel tasso di addizione, suicidi e alienazione. Un esempio più grande: i paesi dell’Europea occidentale si impegnano più dell’America per controllare il lato darwiniano del capitalismo, grazie a una maggiore regolamentazione, sostegno alle famiglie e tutele sociali. Le loro società sono più feconde e religiose? No, la loro stagnazione economica e il loro declino demografico è spesso più profondo del nostro.
Quindi non è vero che il dinamismo capitalista distrugge inevitabilmente le abitudini conservatrici. Piuttosto, la ricchezza creata da questo dinamismo, la libertà e le distrazioni tecnologiche che ne derivano, consentono alla gente di vivere una vita più individualista, e questo finisce per svilire allo stesso tempo sia il conservatorismo che il dinamismo. Dunque il problema non è il libero mercato per sé, ma un sistema capitalista che assomiglia a quello del libro ‘Il mondo nuovo’ di Aldous Huxley; un mondo ricco e tecnologicamente efficiente che diventa sterile e distopico. Questo rende la sfida ancora più dura per i conservatori. Se la crisi della fede e della famiglia fosse davvero causata da un ‘eccesso di capitalismo’, allora ti aspetteresti che la destra a un certo punto possa superare il suo grezzo individualismo puntando invece sulla redistribuzione e la sostenibilità.
Ma si può sostenere uno spostamento in quella direzione – i conservatori sociali possono spendere più soldi sulle famiglie – e allo stesso tempo capire che non può essere sufficiente; che i conservatori devono innescare molte nuove forme di dinamismo, nonostante questo sia difficile per una società vecchia, ricca e decadente. Ma non assolviamo i liberal dalle loro responsabilità. Se il capitalismo non è più quello che era, se moderare i suoi eccessi non è abbastanza per restaurare la famiglia e la comunità, se il combinato disposto dello stato sociale e l’emancipazione personale tende verso una distopia in stile Huxley, viene spontaneo chiedersi se i liberal hanno delle risorse oltre alle lamentele contro il capitalismo. Perché se le risposte del conservatorismo sono incoerenti e insufficienti, temo che il liberalismo non abbia alcuna risposta”.
La traduzione è di Gregorio Sorgi