L'invidia per la febbre
I vaccinati non solo hanno ricevuto almeno una prima dose di nuova vita, ma possono, beati loro, tossire, soffrire, avere i brividi ed essere pallidi per gli effetti collaterali. Che libertà
C’è qualcosa che invidio ai vaccinati, di primo e secondo grado, quasi ancora più della vaccinazione stessa. Più del racconto eroico del giorno in cui si sono messi in fila per ricevere una dose di nuova vita. E’ la febbre. O almeno, la possibilità della febbre. La libertà di stare male, un po’ male, anche molto male per quarantotto ore, e di parlarne al telefono, per strada, al bar, al lavoro, agli sconosciuti avidi di sapere.
La libertà di gridare davanti a tutti: avevo la febbre a trentanove, battevo i denti, mi faceva male tutto, ero debolissimo, tossivo, o anche solo: ho dormito per un giorno intero. Starei per ore ad ascoltarli, vorrei sapere esattamente quanti decimi di febbre hanno avuto, se la fronte scottava e cosa hanno provato quando hanno visto il termometro che saliva oltre il 37 e mezzo.
Io non ho la febbre da almeno due anni, perché è vietato. Se avessi la febbre, non essendo ancora vaccinata, dovrei pensare al tampone, al Covid, alla quarantena, alle persone che ho incontrato, e intanto sperare che sia stato quell’acquazzone che ho preso in motorino, ma con scarsissima fiducia e profonda angoscia. Non posso nemmeno godermi un pizzicore in gola, o un po’ di male alle ossa, non posso mai sentirmi stanca. Non posso dire: non mi sento tanto bene. Ho ricominciato a starnutire qualche giorno fa, per i pollini nell’aria, e non mi ricordavo più come si faceva ed ero in imbarazzo. Ora starnutisco con grande senso di colpa, indicando gli alberi e chiedendo scusa a tutti, ma penso segretamente che comunque potrebbero non essere i pollini. I miei figli, da più di un anno, se devono starnutire o tossire corrono in bagno, chiudono la porta e accendono la musica. Poi escono dal bagno e io chiedo subito: hai starnutito? Loro dicono sempre: no. Perché se me ne accorgo divento una belva. Ormai dall’inizio del 2020 non accetto mal di testa, brividi di freddo, brividi di caldo, occhi lucidi, anche il mal di pancia mi indigna molto e allora esigo il dettaglio di tutte le cose mangiate e bevute nelle ultime ventiquattr’ore, e l’elenco delle eventuali eccessive sudate o colpi di vento. Mio marito tossisce di tanto in tanto, perché fuma, ma sa che è meglio se cambia stanza.
Viviamo in una condizione ancora tesissima, con le difese immunitarie vicine all’esaurimento nervoso, con gli anticorpi addestrati alla violenza pronti a fare a botte per niente.
Però adesso, finalmente, ci sono milioni e milioni di persone che si stanno rilassando. Hanno avuto almeno la prima dose, e sappiamo che in tutta libertà potevano permettersi perfino la febbre, e che la seconda volta potrebbe essere anche peggio. Il dolore al braccio, sì, ma anche altri sintomi.
Tutti i sintomi più desiderati e lussuosi, perché proibiti. Mal di testa di quelli che ti stritolano il cervello, si può. Battere i denti per il freddo, si può. Sentire che si è appena stati travolti da un treno, si può. Chiedere una tachipirina per alleviare il dolore, si può senza destare sospetti. Delirare, si può. Pallore con occhi scavati, si può. Esagerare con la sofferenza dichiarando che sembrava proprio di morire, si può. La voluttà di questo trentasette e otto con grande bisogno di coperte e acqua fresca sul comodino mi ricorda le tonsilliti che avevo da bambina, quindici giorni con la televisione della cucina trasportata in camera da letto come consolazione, e a un certo punto anche il gelato che fa bene alla gola. Erano bei tempi, ma stanno per tornare. Quel sentire freddo mentre fa caldo, le tempie che pulsano, la stanchezza improvvisa e irrimediabile, non saranno più il privilegio di pochi. Che cos’hai? Niente, solo un po’ di febbre.
I guardiani del bene presunto