Giulietta molestata
Ora fa scandalo l’usanza di palpare il seno alla statua di Verona: “Aveva solo 13 anni!”
Malgrado Shakespeare le abbia riservato una vita brevissima e una tragica fine, si dice che la statua dedicata a Giulietta a Verona sia la custode del vero amore e che toccarle il seno porti fortuna. Un’occasione imperdibile per gli scaramantici con problemi di cuore e una photo opportunity per tutti gli altri. Ma la folla di turisti e studenti in gita scolastica, che ogni giorno sgomitano e si accalcano nel cortile per farsi fotografare mentre palpano la statua ha fatto inorridire una giornalista australiana, rimasta scioccata dal gesto “disturbante” compiuto sul corpo di Giulietta.
La giornalista racconta la sua esperienza veronese che risale a qualche anno fa, appena dopo l’inizio della campagna del #MeToo negli Stati Uniti, in un articolo pubblicato sulla testata online newyorkese Hyperallergic, che tratta di arte in chiave woke. L’autrice del pezzo spiega come a sconvolgerla non fu solo l’atteggiamento degli uomini, che approfittarono dell’occasione per cingere vittoriosi la vita di Giulietta mentre le stringevano il seno “freddo e insensibile”, ma anche quello delle donne, stuzzicate dal pensiero di compiere un gesto “naughty”, malizioso, sotto l’occhio bonario dei custodi della casa. Un gesto che ha portato anche al danneggiamento della statua, al punto che nel 2014 è stata sostituita con una copia, nonostante la sua realizzazione risalga solo al 1968. Insomma, un inaccettabile clima di accondiscendenza generale nei confronti di una molestia che, anche se rivolta a una statua, avrebbe potuto essere interpretata come un “via libera alle violenze sui minori, dato che Giulietta aveva solo 13 anni”.
La questione non è del tutto nuova: qualche anno fa, fece scalpore la notizia riguardante un chirurgo di Boston che durante un convegno mostrò per sbaglio la fotografia che immortalava lui e un suo collega mentre toccavano il seno della statua di Giulietta. Un errore che gli portò una valanga di lamentele e accuse da parte del personale dell’ospedale.
Ma quello che la giornalista descrive come un “local ritual”, l’aver trasformato la protagonista della tragedia shakespeariana in una sorta di preda sessuale, in realtà è un’usanza diffusa in tutto il mondo. E così come nessuno si è mai curato dei sentimenti del porcellino di piazza del Mercato a Firenze, o del dito di Cristoforo Colombo a Torino, anche a Dublino sono rimaste impunite le molestie nei confronti della statua di Molly Malone, mentre a Wall Street passano inosservate da anni quelle perpetrate ai danni del Toro in bronzo.
Si può parlare di ridefinizione dello spazio pubblico e di gesti dettati dai classici stereotipi di genere (il seno di Giulietta per l’amore, le palle del toro per la forza: niente di nuovo sotto al sole), ma se fino all’altro ieri le statue venivano sfregiate, abbattute, decapitate e affogate in quanto emblema di un passato da cancellare, oggi il loro valore simbolico ci porta invece a doverle difendere dalle molestie. “Per lungo tempo abbiamo pensato alle statue come un arredo urbano ormai privo di significato, qualcosa di cui doversi curare solo quando si parlava di cacche di piccione e gestione del traffico – spiega Fulvio Conti, professore di Storia contemporanea del dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Firenze – ma la storia ci ha dimostrato l’opposto. Non solo per quanto sta accadendo negli Stati Uniti e in Gran Bretagna.
Basti pensare alla statua di Montanelli, o a quella di Dante, che durante le manifestazioni studentesche del 2010 contro la riforma Gelmini veniva zittito con una bavaglio. A tutte queste statue è stato attribuito un passaggio semantico diverso”. Ora è la volta di Giulietta che si deve difendere dai molestatori.
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