Come gli Ogm
Matrimoni nuovi e matrimoni arretrati: quest'estate sarà peggio di prima
Ci tocca il triplo delle cerimonie: alla già intollerabile quota normale si sommano i recuperi dell’anno scorso e i nuovi amor che essendo pandemici, e domestici, hanno una gran smania di accasamento
L’Italia è il paese dove ci si sposa di meno. Dei tre su mille che lo fanno, secondo la proporzione stilata dall’Eurostat a maggio scorso, tre sono amici nostri. O congiunti. O affini. O assistenti civici che si sono innamorati mentre ci distanziavano da altri accodati in fila alle Poste, e ora sono lieti di comunicarci che si sposano e ci vogliono alla festa, alla cerimonia e al battesimo dei figli che contano di fare tra un anno, e due, e tre. Tutto è tornato com’era, inclusa la difformità tra la realtà sensibile e quella dei sondaggi: la crisi demografica s’accentua, eppure noi non facciamo che andare a compleanni di seienni, a baby shower, a battesimi, a prime comunioni; la recessione matrimoniale batte ogni record, eppure noi non facciamo che devolvere il 30 per cento del nostro fatturato alle nozze altrui. È un continuo riproporsi di “eppure i ristoranti sono pieni”.
Dov’è la verità, nello sperimentato o nel sondato? Nella percezione o nella percentuale?
Intanto, atteniamoci all’innegabile, al fatto: quest’estate ci tocca il triplo dei matrimoni poiché alla già intollerabile quota normale si sommano i recuperi dell’anno scorso e i nuovi amori, che essendo amori pandemici, quindi domestici, hanno una gran smania di accasamento, sono accelerati, evolvono come Ogm, come in Shakespeare.
Ai nostri nonni andava peggio, ma il punto è che a loro non pesava. E non perché fossero migliori di noi (lo erano), non perché fossero impermeabili alle sindromi (lo erano), ma perché le nozze degli altri non erano il salasso che sono oggi, più di ieri meno di domani, nonostante l’impoverimento, l’incertezza del futuro, la frugalità delle istituzioni (ma li avete visti Macron e Merkel e Von der Leyen che bevono succhi di frutta seduti intorno a un tavolo di Leroy Merlin senza nemmeno una cannuccia, un pistacchio, un sottobicchiere?).
C’è chi, questa estate, ha da presenziare a dodici matrimoni. E dove siamo, in un film di Kusturica? Dice: declina. Impossibile. I nubendi sono stati chiari, ci hanno guardati dritti negli occhi attraverso i loro occhi, in call su Zoom, e ci hanno detto: alla fine ci sposiamo, faremo una cosa solo tra intimi, sai, per via del virus, i vaccini, il casino, ma naturalmente tu sei dei nostri. Provate voi a dire: no, guarda, non posso, mi dispiace, a chi vi dice che vi vuole al suo matrimonio perché v’annovera tra gli eletti, i parenti di fatto, la famiglia che s’è scelto. Provateci, e vedrete quanto vi sentirete ingrati, balordi, stronzi, sociopatici, tutte cose che siete e in conseguenza delle quali vi siete comportati, in quest’anno e mezzo, preservandovi dalla mondanità più del solito, con la nobile scusa di non voler mettere a repentaglio nessuno, e con quali risultati? Siete diventati gli intimi di tutti, gli invitati irrinunciabili, il Martini della festa. E dovrete partecipare con gioia al vostro depauperamento in dodici puntate tutte identiche, feste gloriose e apocalittiche, le ultime feste del mondo, come sono sempre i matrimoni.
Ai nubendi non importa se avevate voglia di andare in vacanza, o se non vi vaccinerete prima di settembre, o se avete perso il lavoro, o lo avete dimezzato, o avete divorziato, o cambiato paese e adesso vivete a Pisticci, in southworking, e raggiungere il Campidoglio vi richiede un viaggio di tre giorni e tre notti. Ai nubendi importa che ci siate, che li accompagniate all’altare, che vi sbronziate, che siate felici per loro, che assecondiate la FOMO che hanno, la paura di perdersi tutto, che è la cosa che tu, accidenti, ti auguravi accadesse: che perdessimo tutto, prima d’ogni cosa le orride feste matrimoniali di tre giorni tra l’andare, il restare e il ripartire. Non è più come prima: in effetti, è peggio.