Quando c'è di mezzo l'islam, femministe e Lgbt girano la testa dall'altra parte
Per paura di rappresaglie, di perdere la propria reputazione o di essere tacciati di islamofobia, “molte persone non hanno voglia di difendermi”, ha spiegato Mila, la studentessa omosessuale che da quando ha sedici anni è minacciata di morte
"È la prima volta nella storia di questo paese che una ragazza di questa età è sotto scorta ventiquattro ore su ventiquattro. Mai una giovane aveva ricevuto 100 mila messaggi di odio”. In queste dichiarazioni di Richard Malka, uno che ne ha viste tante nella sua vita da storico avvocato di Charlie Hebdo, è racchiuso il dramma di Mila, la studentessa oggi maggiorenne, che da quando ha sedici anni è minacciata di morte, di stupro, di essere decapitata come il professore di storia e geografia Samuel Paty, per aver criticato la religione musulmana in una story su Instagram nel gennaio del 2020.
“Se devo andare al panificio, devo essere accompagnata. Ho l’impressione di essere condannata per un crimine che non ho commesso e non commetterò mai. Sapere che non ho il diritto di avere la libertà come le altre persone della mia età e della mia generazione è molto difficile da accettare”, ha dichiarato Mila in occasione dell’uscita del suo libro, “Je suis le prix de votre liberté” (Grasset). L’affaire sta scuotendo la Francia da un anno e mezzo, a partire dal presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, che, anche in riposta al caso Mila, ha promosso lo scorso autunno il progetto di legge contro i separatismi (poi rinominato progetto di legge “che consolida il rispetto dei princìpi repubblicani” per calmare una certa sinistra). Gli articoli 18, 19 e 20 riguardano la lotta contro l’odio sul web e il cosiddetto “cyberharcèlement”, ossia le molestie via social, che la studentessa originaria dell’Isère ha subìto senza sosta dall’inizio del 2020. Il suo legale ha parlato di “raids numériques”, di vere e proprie valanghe di odio negli account di Mila. Fino ad ora, molte persone l’hanno fatta franca, ma nel futuro prossimo chi si macchierà di “cyberharcèlement” in Francia rischierà fino a cinque anni di prigione e 75 mila euro di multa.
E pensare che il 29 gennaio 2020, pochi giorni dopo l’esplosione del caso Mila, l’allora ministra della Giustizia Nicole Belloubet arrivò ad affermare che “l’insulto nei confronti di una religione è qualcosa di grave”, come a dire che la studentessa se l’era cercata.
Un’uscita maldestra, a dir poco, che costrinse Macron ad alzare la voce e a ricordare alla sua ministra che in Francia esiste la “libertà di blasfemia” e la laicità è il principio cardine della République. “Mila è un caso intollerabile. E’ vittima di persone che pensano che in Francia non si possa criticare una religione. Si possono invece criticare tutte le religioni, tutte le filosofie”, reagì Macron. Il ministro dell’Istruzione, Jean-Michel Blanquer, è stato il più colpito dall’affaire, non solo perché ora Mila non può più andare al liceo in ragione dei rischi troppo elevati per la sua incolumità, ma anche perché la sente come una sconfitta di tutta la società francese, dei valori che la République non riesce più a trasmettere a quelle persone che, minacciandola di ogni nefandezza, le hanno rovinato per sempre la vita. “E’ uno scandalo nel cuore della nostra società”, ha dichiarato Blanquer la scorsa settimana all’Assemblea nazionale, denunciando le “forze della morte” che continuano a prometterle disgrazie e a molestarla sui social.
C’è chi invece è rimasto più silenzioso del ministro dell’Istruzione. Per paura di rappresaglie, di perdere la propria reputazione o di essere tacciati di islamofobia, “molte persone non hanno voglia di difendermi”, ha spiegato Mila, in particolare “le associazioni femministe e le Lgbt”. Solo la filosofa Élisabeth Badinter e l’ex giornalista di Charlie Hebdo Zineb El Rhazoui, lei stessa sotto scorta per aver criticato l’islam, hanno alzato la voce per dire a Mila che non è sola. Ma sono figure isolate nel mondo del femminismo francese. Un mondo che, quando c’è di mezzo l’islam, preferisce girare la testa dall’altra parte.