Tra green pass e variante Delta
Rebus discoteche, l'ultimo da risolvere in un'Italia tutta bianca
Il ministero della Salute si appella al principio di gradualità, il Cts temporeggia: la riapertura è ancora tutta da definire. Ma due attività su tre sono già sparite o prossime al fallimento
Su una cosa sono tutti d’accordo: il piano di ripartenza per le discoteche non è all’ordine del giorno. Per il governo, occupato a sciogliere le riserve sulla questione mascherine all’aperto è ancora troppo presto. Per i rappresentanti di categoria, invece, la data limite è già scaduta da un pezzo: “Gli italiani ormai ballano ovunque, nei bar o nelle piazze”, dice Maurizio Pasca, presidente nazionale dell’Associazione italiana Imprese di intrattenimento da ballo e di spettacolo (Silb-Fipe): “Se non ci fanno riaprire entro il 1° luglio, noi andremo a Roma a migliaia. Bruceremo le nostre licenze. E riapriremo da abusivi”.
È l’esasperazione di un intero settore, quello inevitabilmente colpito più a lungo dalla pandemia. L’unico, in un’Italia che si tinge di bianco, di cui ancora non si hanno certezze. Solo voci contrastanti: questione di tempo, la soluzione è il green pass, occhio però alla variante indiana. Fonti del Comitato tecnico-scientifico spiegano al Foglio che siamo ancora in fase interlocutoria: il dibattito con il ministero della Salute è in corso e proprio da lì il Cts starebbe aspettando parte della documentazione relativa alle discoteche, su cui poi pronunciarsi in chiave protocolli di riapertura. Senza pregiudizi o accanimenti rigoristi. E così confermano dall’entourage di Roberto Speranza: il rapporto fra politica e scienza è stato il faro durante la pandemia e deve continuare ad esserlo, secondo il principio di gradualità. Quel che è certo, sottolineano al ministero, è il rapporto di massima collaborazione con il Cts: niente colli di bottiglia o impasse burocratici. L’attesa sulle discoteche è voluta e rispecchia l’andamento della situazione epidemiologica.
E gli operatori? Nessun coinvolgimento da parte del governo, “nonostante le nostre reiterate proposte”, continua Pasca. “Già a maggio avevamo presentato i risultati degli eventi sperimentali di Amsterdam e Barcellona, tutti di grande successo e senza rischi. Non abbiamo ricevuto spiegazioni né linee guida. Nel frattempo il 30 per cento delle nostre attività è già fallito e un altro 40 sarà costretto a chiudere i battenti se non ci sarà la ripartenza estiva”. Intanto le notizie dal resto d’Europa non fanno che acuire la tensione: anche la Francia ha dato il via libera a concerti e night club a partire dal 9 luglio, con l’uso della mascherina che non sarà obbligatorio ma – auguri – “fortemente raccomandato”.
L’Italia al momento sceglie l’equilibrismo, memore del superficiale libera-tutti dell’estate scorsa che tuttavia quest’anno può contare sull’apporto decisivo della campagna vaccinale. Eppure sono gli stessi operatori delle discoteche a non difendere la movida a oltranza: “Noi potremmo anche restare chiusi. Però ci vogliono i ristori”. Finora ci sono stati, ma in misura significativamente inferiore ad altri settori. “Per ogni milione di guadagno medio mancato ci arrivano circa 8mila euro”, dice Pasca. “Così ci tocca ipotecare la casa. Lo chiedo a Draghi, luminare di economia: come si fa ad andare avanti?”.
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