il foglio del weekend
Ex mogli on fire
Così Melinda Gates e MacKenzie Scott Bezos sono diventate le regine di un nuovo tipo di filantropia al femminile. Il modello è una vedova
A un certo punto, ne “Il Club delle prime mogli”, Goldie Hawn, che nel film cult del 1996 è Elise, dice brindando con le due migliori amiche, le straordinarie Bette Midler e Diane Keaton: “Come li abbiamo aiutati a crescere, li possiamo anche aiutare a cadere”.
Prima a crescere e poi a cadere sono i loro ricchissimi mariti newyorchesi che le hanno lasciate e tradite, spesso con donne più giovani, una di queste interpretate da Sarah Jessica Parker.
In un podcast di Air Mail, dell’ex direttore di Vanity Fair America, Graydon Carter, e dell’ex reporter del New York Times Alessandra Stanley, si fanno dei parallelismi tra il film di Hugh Wilson e quello che loro chiamano “il club delle prime moglie del mondo del tech”. Perché ormai sembra una tendenza, ma le signore degli uomini più ricchi del mondo, per un motivo o per l’altro, hanno fatto le valigie e salutato i loro potentissimi partner. Melinda Gates, MacKenzie Scott e Laurene Powell Jobs sono uscite dall’ombra ingombrante dei re delle classifiche Forbes e, anche se non sembrano così intenzionate a “farli cadere”, sembrano molto determinate a riconquistarsi un’immagine pubblica, insegnando al boys club come si fa la filantropia e, non un dettaglio, emancipandosi da quei cognomi pesanti che si sono portate sulle spalle per decine di anni. Primo cimelio matrimoniale che hanno lanciato dalla finestra.
Secondo i redattori di Air mail, Melinda Gates sarebbe Diane Keaton, MacKenzie Scott, Bette Midler e Lauren Powell Jobs Golide Hawn. Ok, non tutte hanno divorziato, la Powell è sola dal 2011, dalla morte del marito Steve Jobs da cui ha ereditato tutte le fortune, balzando al 54º posto tra le persone più ricche del mondo con un patrimonio netto di 21,2 miliardi di dollari. “Ma non è una coincidenza straordinaria che tre donne, le tre mogli degli uomini più potenti del mondo del tech degli ultimi 20 anni, siano libere e siano diventate filantrope e attiviste dei diritti umani?”, ci si chiede retoricamente sempre su Air Mail.
Che cosa ci si aspetta da loro? Chi sono queste cinquantenni così influenti?
L’ultima a unirsi al club delle ex è Melinda Gates, 56, che a maggio del 2021, con il marito Bill, 65, su Twitter ha postato l’annuncio della fine del loro matrimonio. Ventisette anni d’amour, tre figli, una fondazione e un sacco di soldi in banca e donati. I Gates ci hanno informato che, dopo profonde riflessioni e molto lavoro sulla loro relazione, sono giunti a conclusione che era meglio finirla lì. Che i loro figli sono incredibili, che entrambi continueranno a far parte della Bill and Melinda Foundation ma che – va avanti il comunicato più politically correct dell’universo – hanno capito che come coppia non crescevano più e dirsi addio era ormai l’unica soluzione. Quindi, grazie di tutto e see ya, Bill. Poi seguivano le classiche richieste di rispettare la privacy, richieste supportate via Instagram dalla figlia più grande, Jennifer: “E’ stato un periodo difficile per tutta la nostra famiglia. Grazie per comprendere il mio desiderio di privacy mentre iniziamo una nuova fase della nostra vita”.
C’è chi sostiene che Melinda Gates abbia fatto il grande passo perché ispirata dalla scrittrice e filantropa MacKenzie Scott, ex moglie di Jeff Bezos, fondatore di Amazon e uomo più ricco del mondo, che nel 2019, dopo 25 anni di matrimonio e tre figli, ha anche lei salutato il marito. La loro separazione è arrivata a seguito di un tradimento: Bezos aveva una storia con l’amica ed ex conduttrice Lauren Wendy Sánchez, con cui ora condivide la vita. Ma anche se, per il momento, nel divorzio Gates non sembrano esserci “altri” coinvolti, alcuni comportamenti dell’ex marito, non sono mai piaciuti a Melinda. Lei, attivista della causa femminista, ha dovuto gestire prime pagine del New York Times in cui si raccontavano le molestie sul lavoro di Bill. Negli ultimi anni sono uscite molte storie in cui, pare, che il timido occhialuto, con il fascino del primo della classe e non certo del latin lover, abbia provato, anche goffamente, ad avere relazioni con alcune sue dipendenti. Per esempio si racconta che nel 2006, dopo aver assistito a una presentazione di un’impiegata Microsoft, Mr Gates sia andato in brodo di giuggiole e le abbia inviato un’email per invitarla a cena fuori. Un’email che rimarrà nella storia come la più impacciata del secolo. “Se questo ti mette a disagio, fai finta che non sia mai successo”, avrebbe scritto.
Ma non sono stati tanto questi goffi tentativi di relazioni extraconiugali a far arrabbiare Melinda. La cosa che non è mai riuscita a mandar giù è stata l’amicizia con Jeffrey Epstein, il milionario accusato di traffico sessuale di minorenni e morto suicida in carcere. Quel rapporto la faceva così infuriare che quando nel 2019 è uscito sui giornali, Melinda ha iniziato a parlare con gli avvocati divorzisti.
Forse Melinda Gates e MacKenzie Scott, così impegnate nei diritti civili e nell’emancipazione delle donne, faticavano troppo a gestire una vita privata e una vita pubblica così in contrasto. Il giornale americano Slate, in un podcast dedicato alla nuova esistenza delle filantrope ex mogli, dice: “Da fuori, questi matrimoni sembrano un incubo femminista, l’uomo con cui hai condiviso tutto e che hai aiutato a diventare tra i più potenti del mondo, in realtà ha comportamenti che cozzano con i tuoi valori di donna e con la tua figura pubblica”. E a quel punto cosa fai?
I Gates, per esempio, ci tenevano più di ogni altra cosa a sembrare una coppia fondata sull’equità di genere. Il loro, da fuori, sembrava un matrimonio di successo. Melinda usava Bill nei suoi discorsi, anche quelli femministi. Tutti ricordano due aneddoti che le piaceva sempre raccontare per mostrare quanto Bill fosse un partner corretto: uno era quello dei piatti – Bill lavava i piatti! Bravo! Wow! – l’altro, quello della scuola.
“Bill a un certo punto ha iniziato ad accompagnare nostra figlia a scuola”, raccontava Melinda. “Distava quaranta minuti da casa, era molto faticoso conciliare questo impegno col suo lavoro”. Quando lo diceva in pubblico, tutti reagivano con un OMG, ossia “oh my God”, Bill Gates, il miliardario, l’imprenditore, l’uomo di Microsoft in persona che ogni mattina accompagna uno dei suoi figli. Ma che marito perfetto, che padre amorevole, che progressista. Melinda amava ricordare che quando gli altri padri, i padri dei compagni di classe, hanno visto cosa faceva l’uomo più ricco del mondo, si sono sentiti in dovere di farlo anche loro, sollevando le mogli dal compito. Tutta orgogliosa Melinda spiegava: “Le donne dicevano ai mariti: se lo può fare Gates, lo puoi fare anche tu, amore”.
Se Melinda con Bill aveva un problema femminista, si dice che MacKenzie Scott, oltre che i tradimenti, facesse fatica a gestire l’avarizia del marito, famoso per le tasse non pagate e per il trattamento dei suoi dipendenti – ad aprile, Amazon, accusata da un deputato democratico, ha dovuto ammettere che in certe occasioni, alcuni lavoratori sono stati costretti a fare pipì nelle bottigliette di plastica per non tardare nelle consegne. MacKenzie, ora felicemente risposata con Dan Jewett, insegnante di Scienze di Seattle, una volta che si è liberata dal marito è diventata the queen of donazioni. La regina dei filantropi. Se si googla il suo nome, ci si imbatte in articoli che raccontano quante cifre a nove zeri ha donato a questa o a quella organizzazione no profit. L’ultima donazione è da capogiro. La scrittrice ha versato 2,7 miliardi di dollari a 286 organizzazioni impegnate nella causa antirazzista, nei cambiamenti climatici, e che si battono contro la povertà. Ha donato a scuole di periferia, a università, a mense che aiutano famiglie in difficoltà. Non solo dona, la signora Scott, lo fa anche senza vincoli, ossia dando massima libertà di gestione del capitale. Certo, i soldi non le mancano: Forbes stima la sua fortuna in 60 miliardi di dollari, cresciuti da quando ha divorziato ed è diventata detentrice di una quota del 4 per cento di Amazon.
MacKenzie è la terza donna più ricca del mondo, dopo l’erede di L’Oréal, Françoise Bettencourt Meyers e l’erede di Walmart Alice Walton. Sull’argomento, c’è un’indagine New York Times dal titolo eloquente: “Come le donne stanno cambiando il mondo della filantropia”. Non è una novità che le signore benestanti facciano beneficenza, anzi. Ma una volta le donazioni venivano fatte col cognome e il consenso del marito, e il ruolo delle donne era secondario. Oggi, non lo è più: le donne vogliono farsi vedere ed essere protagoniste. Come nel caso di Melinda Gates, Ms. Scott e Laurene Powell Jobs. E’ sempre il New York Times a sottolineare che a volte l’identità che queste donne si ritagliano, una volta che sono tornate indipendenti, è in netto contrasto con quella dell’uomo con cui sono state. Prendiamo l’esempio di Laurene Powell Jobs, il cui marito, Steve Jobs, era un noto non filantropo. La signora Powell ha fondato College Track, un’organizzazione che aiuta i giovani a entrare all’università e negli ultimi anni ha contribuito e appoggiato col suo tempo e la sua ricchezza cause importanti su temi che le stanno a cuore, come l’immigrazione e l’istruzione. Ha anche investito un quarto di miliardo di dollari nell’editoria e nel giornalismo attraverso la sua società, la Emerson Collective che pubblica l’Atlantic.
“Il genere è importante nella filantropia”, ha detto al New York Times Debra Mesch, docente alla Lilly Family School of Philanthropy Women’s Philanthropy Institute dell’Indiana University. “Uomini e donne si impegnano in modo diverso. Non che uno sia meglio dell’altro, sono solo modi differenti“. Ad esempio, la ricerca di Mesch ha dimostrato che le donne single danno più degli uomini single (quasi il doppio degli uomini) e che nel matrimonio sono le donne che spingono la famiglia a fare beneficenza.
In un lunghissimo post su LinkedIn dal titolo “Melinda+Laurene+MacKenzie, le signore che stavamo aspettando”, Jacki Zehner, fondatrice di ShePlace, ha scritto un elogio di questa nuova triade che sembra avere molte cose in comune e sembra far sognare le American Women che sperano di vederle un giorno in ruoli anche politici, magari una in supporto dell’altra.
Queste tre ex mogli si conoscono, si sono già incontrate in passato.
Nel giugno del 2020, MacKenzie ha collaborato con Melinda per lanciare una nuova impresa da 30 milioni di dollari chiamata Equality Can’t Wait Challenge, finanziando aziende che aiutano le ragazze ad avere un ruolo più influente sul mondo del lavoro. Accanto a Melinda, MacKenzie faceva il suo primo gesto filantropico pubblico dal divorzio. La ex di Bezos ha anche firmato per far parte di The Giving Pledge, l’organizzazione fondata da Bill e Melinda Gates e Warren Buffett, dove i miliardari si impegnano a donare almeno metà della loro ricchezza. L’ex marito si è guardato bene dal mettere anche la sua, di firma.
Melinda, McKenzie e Laurene hanno molto in comune: non sono delle Medea e non sembrano intenzionate a rovinare i loro ex mariti. Sembrano più delle Arianna che dopo aver fatto strada al loro Teseo vengono abbandonate sull’isola di Nasso. Disperate, piangono la fine di un amore, ma poi arriva Dioniso che le trasforma in una costellazione. Oggi la storia è diversa, non serve nessun Dioniso a trasformare queste Arianna in stelle. Lo fanno da sole, con le loro capacità e le loro conoscenze.
Ce le immaginiamo stelle, sì, ma vestite di bianco, proprio come Elise, Annie e Brenda nella scena finale del club delle prime mogli. Ce le vediamo nei tailleur del colore simbolo delle suffragette, all’inaugurazione della loro fondazione dedicata all’empowerment femminile, che ballano e interpretano “You don’t own me”, tu non mi possiedi, di Lesley Gore. Questo il testo: “Non cercare di cambiarmi. Non mi dire cosa dire, non mi dire cosa fare. Sono libera e amo essere libera di vivere la mia vita come voglio”.
generazione ansiosa