"Per combattere la paura ho avuto bisogno di svuotare la cache". Intervista a Favij
Lo youtuber più famoso d’Italia ci racconta cosa è accaduto nella sua vita quando è arrivato l’Omino, il panico, e cosa fa per mandarlo via quando ritorna (lo picchia). E se le view calano, pazienza
"Mi svegliavo la mattina e avevo paura. Paura di tutto. Me ne stavo ore sul divano, bloccato. Ogni azione prima insignificante, come inserire la cialda nella macchinetta per il caffè, era diventata insostenibile e faticosa, appesantita dalle complicazioni e le paranoie che mi portavo appresso. C’è chi la chiama depressione, chi ansia. So solo che avevo bisogno di svuotare la cache. E così sono andato in un posto: senza computer, senza tv, senza cellulare”. Il ragazzo più famoso d’Italia sta disteso sul divano della sua casa in uno dei nuovi quartieri di Milano, le braccia raccolte al petto, una maglietta di una catena d’abbigliamento low cost a coprirlo e calze bianche di spugna ai piedi. Parla veloce, ha lo sguardo più intelligente di quel che lascia sembrare e il sorriso che gli parte quando ha già pensato qualcosa che non ha ancora detto o non dirà proprio: un introverso. Che conosce perfettamente una delle fregature principali della vita, di quelle che la rendono interessante: nessuno ti insegna a diventare adulto. Nemmeno se sei grande, specie se sei il più famoso. I rotocalchi ci hanno marciato per anni, sulle disavventure di alcune ex baby star della tv anni Ottanta e Novanta: alcol, rehab, risse, arresti. Adesso tocca alla prima generazione di baby star dell’Internet: crescere. E un giorno invecchiare.
Chi è Favij?
Favij ha sei milioni di iscritti su YouTube (l’italiano più seguito), 3 milioni di follower su Instagram e 26 anni, gli ultimi dieci passati online. Ha iniziato a metà luglio del 2011, nella sua Mappano. Provincia di Torino, meno di diecimila abitanti. Papà “artigiano che installava reti telefoniche per aziende”, mamma “commessa in un outlet e poi casalinga”. Il primo approccio col futuro è a 5 anni, quando inizia a giocare ai programmi installati sul computer del padre (“Da cui ho preso la passione per la tecnologia”): “Iniziai con Warcraft e Pinball, poi scoprii il web e i forum”. A scuola non è tra i migliori, ma solo per noia. Si iscrive all’Istituto di informatica di Torino, ma capisce subito che non fa per lui: “Non mi interessava molto imparare a programmare in C++. Mi piaceva stare davanti al computer e usare quello strumento per fare cose che mi ispirassero”. Quello che lo interessa sono i videogiochi. E così, prima con due compagni di classe, poi da solo, a 16 anni sbarca su YouTube parlando e giocando a quelli.
Quando deve aprire il suo canale personale, Lorenzo Ostuni, questo il suo vero nome, sceglie FavijTv. L’origine della parola è poesia nerd: “La prima volta che giocai online in multiplayer a World of Warcraft, scrissi a un altro giocatore, un ragazzino che magari stava dall’altra parte del mondo: quello mi rispose e mosse il suo personaggio di conseguenza. Una delle emozioni più forti della mia vita. Quell’utente sconosciuto aveva come nickname Favij: decisi di rubarglielo”.
Il primo video si apre come tutti quelli che verranno: “Bella a tutti ragazzi!”, con gli occhi chiusi e la mano destra che dà il la come un direttore d’orchestra. Appena s’accende la telecamera e parla di quello che gli interessa, s’accende pure lui. Ai tempi aveva la frangia lunga, felpe più grandi di una taglia, cuffie alle orecchie e alle spalle un poster di Call of Duty. Un nerd? “No, al massimo un intrattenitore, che ha usato i videogame e l’ironia per fare spettacolo”.
La vita da Youtuber è routine, precisione, costanza, autodisciplina, cura di ogni dettaglio e ogni membro della community: “Dopo scuola, iniziavo a registrare in cameretta. Sceglievo il gioco della giornata e poi andavo a braccio mentre giocavo. Dopo iniziava la parte più dura, quella del montaggio: 5-6 ore per puntata. Finivo all’una di notte, mettevo il video a caricare – a quei tempi con la connessione lenta ci metteva tutta la notte – e andavo a dormire. Il giorno dopo, si ripeteva”. Tutto il giorno, tutti i giorni. “Sabato e domenica compresi”.
Dopo un mese ha 20 mila iscritti. A 18 anni guadagna i primi soldi e diventa autosufficiente. “Una soddisfazione quasi primordiale”. Il resto è un impero: libri, linee di zaini, programmi tv, cinema, ospitate. Guadagna per metà dalla pubblicità che arriva direttamente da YouTube, per l’altra metà dalle collaborazioni con le aziende (branded content, eventi, ecc.). Pazzie per i soldi? “Mai. Per me la felicità è la tranquillità: sapere che se domani finisse tutto, ho comunque un po’ di soldi da parte. Della Ferrari o dell’orologio di marca non m’importa niente. Ho preso la patente dopo aver provato l’esame teorico sette volte. Ho comprato una macchina che non supera i 20 mila euro”. Due, le cose su cui non risparmia. I viaggi (“Adoro il Giappone, la sua attenzione ai dettagli e la sua cultura del rispetto dell’altro) e i ristoranti: “Ma solo perché devo andare in posti un po’ più riservati. Non posso andare a far serata come gli altri ragazzi in un qualsiasi fast food del centro”. Passerebbe la serata a posare per i selfie di altri. “Amo interagire con i fan, ma nell’ultimo anno ho approfittato della mascherina per poter fare delle passeggiate per Milano, girare per l’Isola o per Citylife, vivermi la normalità”.
Non gli manca un’adolescenza come tutti gli altri? Andare per feste, fare cazzate, ubriacarsi: “Sono astemio e un introverso per natura. Se non fossi stato Favij, avrei comunque fatto la mia vita tranquilla, e piacevole. Ho lavorato duro, e non l’ho fatto mai non per il Lorenzo di quell’età, ma per il Lorenzo del futuro. Sapevo che quello era il mio momento come Favij e dovevo farlo fruttare al massimo, cercando di monetizzare e sfruttare l’attenzione e la fama. Che, questo me lo ripeto come un mantra, non dura mai per sempre”. E così, semmai in futuro non dovesse più essere così facile, “potrò stare lontano dal computer con meno rimorsi. Per le feste c’è sempre tempo”. Pragmatismo e visione. “Sono conosciuto perché sono determinato e preciso. Se non sono più determinato e preciso, non sarò più conosciuto”. Non fa una piega.
Eppure, ogni tanto anche la macchina perfetta si sovraccarica. Quella di Lorenzo/Favij inizia a rotellare a ottobre 2020. Secondo lockdown, “anche se il lockdown non c’entra”. “Una mattina mi svegliai e provai paura. O forse no, era ansia, erano paranoie. Difficile stabilire il confine: ma continuò, prima per giorni, poi per mesi”. Era la paura più brutta: quella ignota. “Il battito accelerava e finivo in un attacco di panico, senza sapere il perché. Ogni giorno provavo a darmene uno diverso. Un giorno avevo il terrore di rispondere a un commento sotto a un mio video perché avrei potuto essere frainteso da un fan. Un altro di essere fotografato mentre buttavo una bottiglietta d’acqua fuori dal cestino dei rifiuti per strada e di finire sui giornali come uno poco attento all’ambiente. Erano tutte cazzate, ma egualmente preoccupanti ed egualmente inibitorie”.
Fa questo, la paura che non conosci: ti blocca e ti lascia a corroderti nella paura della paura stessa. “Ti vivi l’evento negativo nella tua mente, con un’intensità dieci volte superiore a quella che avrebbe se si verificasse veramente. E la maggior parte delle volte non si verifica nemmeno”. Concentrarsi, a quel punto, è un’impresa che ti sembra insostenibile. “Non dormivo né mangiavo né lavoravo più con regolarità. Mi isolavo sul divano per ore, a ruminare: scorbutico, triste e apatico”. Ad aiutarlo, la ragazza di allora e la famiglia, sempre presente: “Mio padre mi ripeteva di stare tranquillo, ché sono ‘una persona buona’. Ma non basta”.
Favj: "Ho combattito il panico con il metodo Hoffman"
Fa dieci sedute con una psicologa, poi molla. Ci riprova con un’altra, ma niente. Ha bisogno di risposte più rapide del classico percorso di terapia. Così, si decide finalmente a fare quella cosa di cui ha sentito tanto parlare: “Il metodo Hoffman”. Difficile spiegarlo senza il rischio di banalizzarlo. Dovendoci provare: nato nel 1967 in America e oggi presente in quattordici paesi, è un corso intensivo di sette giorni in cui le persone si ritirano in una struttura e assieme a degli esperti e attraverso tecniche ed esercizi vengono aiutate a guardarsi dentro, sbloccare il proprio potenziale e ritrovare un po’ di serenità. E’ stato fatto da 100 mila persone nel mondo. La più famosa, la cantante Katy Perry (“E’ stato come riavviare l’iPhone bloccato”); in Italia, l’event planner Alessandra Grillo e il calciatore Federico Bernardeschi (“Mi ha cambiato la vita, facendomi scoprire la persona che sono realmente”).
Favij parte con la sua automobile verso la residenza dalle parti di Lecco, dove soggiornerà per sette giorni assieme a una decina di sconosciuti. “Ero nel pieno del mio periodo di paranoia. Quando arrivai davanti alla struttura, parcheggiai, scesi e chiusi la macchina per quattro volte di fila, per la paura di non averla chiusa bene. L’istruttore che aveva visto tutta la scena mi accolse con un ghigno: ‘Abbiamo un bel po’ di lavoro da fare…’”.
Il percorso inizia scrollandosi di dosso tutte le sovrastrutture che ci portiamo appresso nella vita quotidiana: “All’ingresso mi hanno tolto tutto. Chiavi della macchina, cellulare, computer, persino il nome. Nessuno deve sapere chi sei, perciò ti scrivi su una targhetta attaccata alla maglia il nome che ti davano da bambino. Non puoi leggere messaggi, vedere film o persino masturbarti. Non devi avere distrazioni, ma entrare in uno stato di grazia, accogliere tutto ciò che prova la tua mente e non rifugiarti in altro”. Uno come lui senza cellulare? “Sapevo che le notifiche erano fonte di problemi, e i social mi creavano ansia. Ero sempre al centro dell’attenzione, ma in quel momento non volevo starci più. Avevo bisogno di svuotare la cache”.
E lo fa, tra esercizi di introspezione, meditazioni, silenzio e pianti. “La prima notte ho pianto, solo nella mia camera. E sì, anche i giorni dopo ho pianto tantissimo”. Un’altra routine, con la stessa determinazione e precisione di quando faceva soltanto video per YouTube: “Sveglia alle 7.30, colazione. Lavoro su se stessi. Pranzo. Ancora lavoro. Cena. Poi in camera in silenzio”. Cosa ha capito dopo tutto questo, il ragazzo più famoso d’Italia? “Che tutti noi quando nasciamo siamo un foglio bianco e assimiliamo tantissimo sulla base dei modelli e delle abitudini dei nostri genitori. Io per esempio, ho ereditato da mia madre la paura: sono aracnofobico e germofobico come lei”. E dal padre? “Ho accolto la generosità, che come tutte le caratteristiche, può essere sia positiva sia negativa. Nel mio caso, non ero felice tanto quando facevo qualcosa per me, ma quando la facevo per gli altri, valutando anche troppo il parere dell’altro nei miei confronti”. E le paranoie? “Erano e sono l’estremizzazione della paura ereditata da mia madre e di una mia caratteristica, quella della lungimiranza, ma declinata in negativo, come immaginazione delle conseguenze negative di ogni azione banale”.
Le ha superate? “Sì, ormai fanno parte del mio passato. Quello da tenere sotto controllo è il lato oscuro. All’Hoffman mi hanno insegnato a sbeffeggiarlo. Oggi lo chiamo l’Omino, è quella vocina che ogni tanto spunta e utilizza le tue debolezze – o i tuoi punti di forza – contro di te per far tornare quei problemi. Adesso, quelle mattine in cui si presenta all’improvviso, lo sento, alla bocca dello stomaco. Mi siedo, chiudo gli occhi e faccio meditazione. Lo ascolto, lo vedo, ci parlo pure. A volte lo picchio per mandarlo via”. Metaforicamente? “No, fisicamente. Ho una mazza da baseball in camera, con cui picchio il divano”.
Come sta oggi il ragazzo più famoso d’Italia? “Meglio, molto meglio. Ho scoperto di essere una persona che trova la felicità nella curiosità. Ho scoperto che ho dato troppo agli altri e poco a me stesso, anche nelle relazioni. Ho scoperto che invece devi fare le cose anzitutto che rendono felice te stesso. In quel modo attirerai magari meno persone, ma più persone giuste”. Vale anche sul lavoro, specie per un lavoro che consiste nell’attirare le persone. “Sì. Non è un mistero che le views dei miei video stiano calando. C’è gente che pensa io sia triste. Ma non è vero. Io sono felice perché sto dando comunque il massimo sempre, e cerco di impegnarmi in tutto. Se poi il rendimento non è soddisfacente non ne faccio un dramma, perché non baso la mia felicità su quello. Quello importante per me stesso sono io”.
Molti creators e Youtuber hanno confessato di essere vittime di burnt out, il troppo stress da lavoro. Michelle Phan, la beauty Youtuber più popolare del mondo, e Pew Die Pie, il secondo Youtuber con più iscritti in assoluto, hanno deciso di prendersi una pausa. Non ce la facevano più a seguire ogni giorno il numero di follower e le performance dei loro video, in un continuo saliscendi emotivo di approvazione numerica della loro persona. “Personalmente ho sempre vissuto molto bene gli alti e i bassi del mio lavoro. Perché so di aver fatto più di quanto mi aspettassi e di non essermi mai risparmiato. Ho capito che ogni cosa succede per una ragione, e tu non puoi farci niente. Al massimo prenderne il positivo. Le mie views sono in calo? Pazienza, vuol dire che ho un’occasione per cambiare e migliorare ulteriormente. Le views non cambiano la mia vita, ma sono io che cambio i miei contenuti. Dopo l’Hoffman riesco a gestire il male. Poco più di due settimane fa mi sono lasciato con la mia ragazza. Sono stato male, ma imparo a godere del male, perché mi fa capire che sono vivo”.
Favij: "Ho paura di finire risicchiato in un vortice"
Calma buddista, praticamente. Di cosa ha paura Favij oggi? “Di non trovare il mio posto e finire risucchiato in un vortice. Non ho ancora 40 anni, ma non ne ho neppure 18”. Come si vede a 40 anni: “Non so e non lo voglio sapere. Magari con dei figli, e una bella persona di fianco”. Ha paura di invecchiare? “Sì, da sempre. L’ho ereditata da mio padre, che si è sempre lamentato del tempo che scorre. Una volta una persona mi ha detto che è una ‘paura stupida, di chi non è ancora adulto. Quando hai vissuto, non hai paura’”. Riformulo: non ha paura di essere vecchio per il suo pubblico? “Sono già vecchio per il mio pubblico. La gente si è accorta che c’è aria di rinnovamento. Sono già nel momento in cui devo fare uno switch. Qualche mese fa, sarei stato preso dall’ansia. Oggi me la sto vivendo tranquillissimamente”. E se non dovesse andare bene? “Pazienza, doveva andare così. Tutto accade per una ragione. La cosa più importante adesso, per me, sono io. E io sono vivo”.
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