il cortocircuito mediatico
Altro che attivisti, i No vax sono passivi digitali. Analisi del flop
Migliaia di iscrizioni e messaggi nei gruppi online, poche decine di persone in piazza
Quanto ha giocato il ruolo dei media sullo scollamento tra attese (sovrastimate) e realtà nelle manifestazioni contro il green pass. Parla il professor Boccia Artieri dell'università di Urbino
Si era mosso anche il Viminale, stazioni blindate e controlli serrati. Sulla scia di notizie e segnali che arrivavano dai social network, dal mondo delle app di messaggistica: un universo multiforme, tra disinformazione e disagi personali, spesso cavalcati e diretti in maniera sapiente da pochi, che ha prodotto alla fine una realtà solo apparente. È successo mercoledì scorso con le manifestazioni contro il green pass. Negli scali ferroviari c'erano praticamente soltanto giornalisti e forze dell'ordine. Molto rumore per nulla: evidentemente passare dalla rete alla piazza non è così automatico.
“C'è una barriera, anche abbastanza alta, tra l'attivismo digitale e, per così dire, la prova pratica. Attraverso il web è possibile convogliare molta più gente di quella che poi è effettivamente disposta a spendersi e a rischiare”. Bisogna partire da questo aspetto per comprendere le ragioni del flop no pass, dice al Foglio Giovanni Boccia Artieri, direttore del dipartimento comunicazione e studi umanistici dell'Università di Urbino, ma anche sociologo e autore di numerosi volumi sul rapporto tra tecnologia, comunità digitali e nuovi media. Poi ci si può spingere più a fondo nell'analisi del presunto fenomeno No pass, tenendo conto di una distinzione: “Più che di attivismo digitale, siamo di fronte a gente che si attiva attraverso Internet. L'attivismo ha a che fare con realtà che si riconoscono ideologicamente. Nel caso del certificato verde, la rete diventa una specie di aggregatore di uno 'sfogatoio' molto generalizzato. Attorno a temi come quelli del complottismo è molto facile sviluppare meccanismi di manipolazione”.
Meccanismi che chi si affaccia a queste comunità finisce per subire in maniera passiva e inconsapevole. Tant'è che viene allora da chiedersi se queste formazioni digitali sorgano davvero spontaneamente o siano il frutto di una regia precisa. “Un mix”, secondo Boccia Artieri: “è ovvio che questi gruppi vengano alimentati da altri gruppi più politicizzati o da professionisti della rete. Sicuramente alcuni movimenti, per lo più di destra, possono avere interesse a far circolare e rilanciare certi messaggi attraverso i propri canali, aumentando la marea del no-qualcosa”.
Ma non solo, ci sono poi aspetti quantitativi: “Siamo di fronte a minoranze – continua l'accademico – che hanno la capacità di organizzarsi in 'reti', dove molte volte gli stessi soggetti partecipano a più nodi della stessa rete”. Con il paradosso che guardando agli avventori delle chat Telegram o delle comunità Facebook – i principali strumenti d'organizzazione No pass – “troviamo numeri molto alti in tutti i gruppi, ma si tratta delle stesse persone che si muovono contemporaneamente da uno strumento all'altro. È questo un punto importante: c'è una specie di effetto raddoppiamento”.
Un effetto tale da suscitare l'interesse dell'informazione più tradizionale: “I media hanno acceso un riflettore, suscitando curiosità in tutte quelle persone che si possono muovere intorno a una certa sensibilità, anche senza esserne esattamente convinti”. Il caso della certificazione verde è particolarmente indicativo, perché raccoglie una dimensione molto variegata si soggetti: “Dai più convinti, per ragioni personali, sanitarie e legali a quanti sono mossi invece da paure e legittimi timori". Poi c'è anche chi si aggancia a questo tema per mostrare un dissenso di tipo politico e istituzionale.
“Un mix di disagi molto potente che si manifesta in forme di protesta, soprattutto verbale e on line”, spiega l'accademico: “Da questo dipende il dato dello scollamento tra attese e realtà, nel caso delle manifestazioni no pass”.
Si finisce così al cortocircuito di una realtà sovrastimata, che il professore delinea con una metafora: “Il digitale produce delle fiammelle, che hanno bisogno di propellente perché si trasformino in fuochi. E spesso i media di massa sono quel propellente, sono il gas”. Se ne ricava dunque un meccanismo in cui i giornalisti giocano un ruolo concorrente nella creazione di certi fenomeni: “I media fanno solo il loro lavoro, ma è proprio attraverso la tv e i giornali che si raggiunge un'audience più alta. Così posizioni minoritarie assumono rilevanza. Di certo le notizie vanno date, ma è un effetto di cui tenere conto”.
Anche perché, dopo le dichiarazioni di Draghi, intenzionato a puntare sull'obbligo vaccinale, si aprirà probabilmente una nuova battaglia: "In base alle nuove issue che emergeranno intorno alla pandemia - conclude il sociologo - le tendenze di protesta troveranno una linfa nuova, in cui rimpastarsi partendo da un nucleo molto convinto e in grado di aggregare persone e categorie sociali". Cambia l'oggetto del dissenso, ma la sostanza resta sempre la stessa.
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