Dolce sextember
Il manifesto della Durex e la felicità ridotta a preservativo sui nostri istinti più sfrenati
Quando ho letto sotto il marchio Durex l’esortazione “E’ ora di fare qualcosa tutti insieme”, mi ero entusiasmato. Sono poi rimasto disilluso scoprendo che non si trattava di un perentorio invito all’orgia cosmica assoluta – per giunta strillato su intere pagine di quotidiano acquistate all’uopo – ma del “Manifesto per una sessualità sicura e consapevole” che celebra l’istituzione del primo mese della salute sessuale.
“Sextember” è un nome che rasenta l’ingannevole, suggerisce il libertinaggio, promette addirittura di rendere sopportabile la reentrée. In Inghilterra è un usitato gioco di parole il più delle volte riferito agli strascichi settembrini delle storie di sesso estive particolarmente riuscite, al punto da meritare qualche settimana di sforzi in più prima di stufarsi o venire sommersi dall’orrido tran tran. Per la Durex è invece il mese in cui “diffondere la cultura della protezione e della prevenzione contro le infezioni sessualmente trasmissibili e favorire comportamenti responsabili tramite l’utilizzo del preservativo, come atto di rispetto e amore verso sé stessi e gli altri”. Frase che a leggerla mi ha fatto passare le voglie più radicate, e non certo per il sospetto che un produttore di preservativi possa riporre un interesse privato nella propaganda etica in favore dei preservativi.
Il manifesto delinea infatti una società sessualmente ideale in cui: nelle scuole si conversa di sessualità, amore e affettività; i figli chiedono consiglio ai genitori evitando fonti incerte; la sessualità viene praticata senza distinzione di genere, orientamento ed età (non è già così, nel senso che ognuno sceglie il partner che preferisce? o significa che non dobbiamo più imporre i nostri gusti, per timore di risultare discriminatori?). Soprattutto, in questo quadro idilliaco in cui i genitori mostrano ai figli come usare il lubrificante, a scuola c’è la lezione di bondage romantico e in camera da letto si trova sempre un medico o uno psicologo che vigili, i rapporti sessuali diventano strumento per perseguire (loro scrivono “inseguire”, ma vabbé) la felicità.
L’assunto di base, incipit del manifesto della Durex, è che “la sessualità è uno degli ingredienti di base della nostra felicità”, quindi per garantirsela bisogna andare sul sicuro. La felicità viene confusa con il rischio zero; manca del tutto invece la parola “piacere”, semanticamente molto connessa alla sfera sessuale e che sospetto sia stata accuratamente evitata, sostituita con un eufemistico “gioia” e sommersa da “conoscenza, sicurezza, dialogo, rispetto, libertà, creatività e naturalmente amore”, una gragnuola di buone intenzioni a metà strada fra una risoluzione dell’Onu e la predica di un parroco hippie. La felicità è un preservativo rosa sui nostri istinti più sfrenati.
Il manifesto per la sessualità sicura e consapevole elimina totalmente l’orgasmo dall’orizzonte. Lo tralascia perché se lo dimentica o forse sottintende che è proibito, in quanto ci connette a quella parte pulsionale di noi che pur di godere non vuol sentire ragioni, la parte libera che si ammoscia nel momento in cui deve prima passare attraverso un consulto sanitario, un comitato etico e un convegno sulle ricadute socioeconomiche. O guardare una pubblicità progresso con Mara Maionchi che spiega di cos’è fatta la salute sessuale.
Curiosamente anche in Francia una ditta di preservativi, la Eden Gen, ha lanciato il proprio Sextember. Solo che oltralpe hanno ambizioni più contenute: solo impegnarsi a non guardare video hard per tutto il mese, e anche qui si potrebbe sospettare un larvato interesse nell’astinenza dal porno, passatempo che non richiede di infilarsi nulla. L’obiettivo è riscoprire o scoprire la sessualità in altro modo, presupponendo un gioco a somma zero per cui se uno non scopa è perché sta su YouPorn, ragion per cui se si disconnette diventa un dongiovanni. Eppure, se ci penso, ad ammazzarsi di seghe non si corre nessun rischio; quindi basterebbe a essere felici.
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