I libri più tradotti al mondo (con una sorpresa dagli Stati Uniti)
L'italiano “Pinocchio” è il secondo testo con più versioni in altre lingue, dopo “Il piccolo principe”. I libri per bambini dominano la classifica. Dall'America arriva un risultato inaspettato
A parte la Bibbia e altri libri religiosi che non sono stati messi nella statistica, “Pinocchio” è il secondo libro più tradotto del mondo, dopo “Il piccolo principe” di Antoine de Saint-Exupéry. Con rispettivamente 382 e 300 lingue in cui sono stati pubblicati, il libro più tradotto della Francia e il libro più tradotto dell’Italia lasciano largamente indietro il terzo sul podio, che è per l’Inghilterra “Alice nel paese delle meraviglie” di Lewis Carroll. Tutti libri per bambini? La classifica e la mappa sono state costruite dalla sezione in spagnolo di Preply famosa piattaforma educativa on line. Il comunicato stampa di presentazione conferma che “la letteratura infantile domina le prime posizioni del ranking, specie in Europa”. Quarte sono in effetti le “Favole” del danese Hans Christian Andersen, con 160 lingue. E ottave in rappresentanza del Belgio “Le avventure di Tintin” di Georges Prosper Remy, con 93.
Dopo la top ten altre opere per bambini sono “Pippi Calzelunghe” di Astrid Lindgren per la Svezia (70 lingue tradotte), “Heidi” di Johanna Spyri per la Svizzera (50), “Bambi” di Felix Salten per l’Austria (33). E probabilmente anche “La spedizione del Kon-Tiki” raccontata da Thor Heyerdal per la Norvegia (70). Non per l'infanzia, pur raccontando le storie di bambini cui questa viene negata, sono il "Diario" di Anna Frank per i Paesi Bassi (70) e “Il bambino con il pigiama a righe" di John Boyne per l’Irlanda (47).
Ovviamente, il fatto che per ogni paese sia stato citato solo un testo ha limitato la scelta. In Italia Collodi ha dunque sorpassato Dante, peraltro di difficile traduzione, e probabilmente all’estero più citato che letto. E anche in Inghilterra Shakespeare non è finito nella selezione. Unico grande classico tra i dieci testi più tradotti è per la Spagna il "Don Chisciotte" di Cervantes, sesto con 140 traduzioni. E che, in qualche modo, è anch'esso stato talvolta inteso come un testo per bambini. Stesso discorso si può fare per l’”Isola del tesoro” dello scozzese Robert Louis Stevenson, con 38 lingue.
I grandi classici
Un classico sicuramente non per bambini è per la Russia "Anna Karenina" di Lev Tolstoj, che però sta solo a 49 lingue tradotte. Tra i classici lo sorpassano con 61 lingue per la Finlandia "Kalevala" di Elias Lönnrot; e con 58 per la Repubblica Ceca “Il buon soldato Sc'vèik” di Jaroslav Hašek. Lo seguono a quota 43 traduzioni l’Albania con “Il generale dell’Armata Morta” di Ismail Kadare; a 35 il Messico con “Pedro Paramo” di Juan Rulfo; a 28 il Cile con “2666” di Roberto Bolaño; a 25 l’Argentina con “L’Alpeh” di Jorge Luis Borges; a 22 il Venezuela con “Doña Barbara” di Rómulo Gallegos; a 20 il Marocco con “Il razzismo spiegato a mia figlia” di Tahar Ben Jelloun; a 16 la Grecia con “Cristo di nuovo in croce” di Nikos Kazantzakis. Omero è fuori classifica, come Virgilio, per aver scritto in lingue non più vive.
Pure a 16 è Cuba con “Il ricorso del metodo” di Alejo Carpentier; a 14 la Cina con “La vera storia di Ah Q” di Lu Xun; a 11 il Nicaragua con “Vita nell’amore” di Ernest Cardenal; 10 il Paraguay con “Figlio di uomo” di Augusto Roa Bastos. Due classici nei loro Paesi che stanno molto a sorpresa nella Top Ten, perché non sembrerebbero tra i più noti al grande pubblico, sono però addirittura al quinto posto l’ucraino Taras Shevchenko, il cui “Testamento” ha ben 150 traduzioni; e nono “La tragedia dell’uomo” dell’ungherese Imre Madách, con 90.
Nessun Nobel in top ten
Nessun Nobel per la Letteratura è tra i primi dieci classificati. Il Nobel più tradotto è il turco Orhan Pamuk con “Il mio nome è rosso”, che con 60 lingue batte sul filo di lana le 59 del “Quo vadis?” del polacco Henryk Sienkiewicz. Seguono il colombiano Gabriel García Márquez con “Cent’anni di solitudine” (49), il bosniaco Ivo Andrić con “Il ponte sulla Drina” (30), il peruviano Mario Vargas Llosa con “La casa verde” e l’islandese Halldór Laxness con “Salka Valka” (19), la bielorussa Svjatlana Aleksievič con “La guerra non ha il volto di donna” (15), il portoghese José Saramago con il “Memoriale del convento” (13), il guatemalteco Miguel Ángel Asturias con “Il signor presidente” (13), il tanzaniano Abdulrazak Gurnah con “Paradiso” (11); lo scrittore di Saint Lucia Derek Walcott con “Omeros” (11); il trinidadiano Vidiadhar Surajprasad Naipaul con “Alla curva del fiume” (10).
Al decimo posto con 80 traduzioni, “L’alchimista” del brasiliano Paulo Coelho appare il più gettonato in una lista di best-seller da grande pubblico in cui appaiono anche J.R.R. Tolkien con le 59 traduzioni dell’Hobbit” e Wilbur Smith con le 26 del “Dio del fiume”, grazie all’espediente di concorrere non per la sovraffollata Inghilterra dove hanno vissuto, ma per i paesi di nascita Sudafrica e Zambia. Possiamo mettere in questo gruppo anche “Norwegian Wood” del giapponese Haruki Murakami (50), “Il profumo” del tedesco Patrick Süskind (49), “I pilastri della terra” del gallese Ken Follett (39) e “Uccelli di rovo” dell’australiano Colleen McCullough (20).
Dagli Stati Uniti, il libro più tradotto è il manuale di Scientology
Curiosa è una categoria di libri ideologici tra cui stanno “Le vene aperte dell’America Latina” dell’uruguayano Eduardo Galeano (12 lingue) e il “Diario dal carcere” del leader vietnamita Ho Chi Minh (5). Ma la sorpresa più clamorosa è probabilmente il settimo posto e la rappresentanza degli Stati Uniti per “La via della felicità”: famigerato manuale di autoaiuto del fondatore di Scientology Ron Hubbard, con 112 lingue. Solo che Scientology si considera a sua volta una religione, e i compilatori avevano detto che Bibbia e simili le escludevano. Hemingway, Faulkner, Steinbeck, Mark Twain, Melville, Poe o Cooper potrebbero forse chiedere un Var?
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