Editoriali
Dire “cresci!” non è discriminazione
In Inghilterra, un tribunale del lavoro respinge la denuncia di una dipendente
Jasmine Stunell, un’apprendista parrucchiera presso il salone Leo Bancroft di Weybridge, nel Surrey inglese, ha denunciato il proprio ex datore di lavoro perché nel 2017 – all’età di sedici anni, oggi ne ha venti – mentre era in bagno a causa di un malessere, una collega le ha detto attraverso la porta di “ricomporsi” e di “crescere”. La Stunnell si è dimessa e ha sporto denuncia per “age discrimination” sul luogo di lavoro. In udienza è stato anche detto che alla fine del periodo di prova di tre mesi, lo stilista Leo Bancroft – il proprietario – aveva sollevato preoccupazioni per le prestazioni dell’apprendista: la ragazza era spesso in ritardo, usava il telefono sul lavoro e aveva un atteggiamento maleducato, anche nei confronti dei clienti. Le sue prestazioni sarebbero però poi migliorate, con annessa nomina di apprendista nel febbraio 2018.
La collega in questione ha negato tutto: non avrebbe detto nessuna delle due cose, per di più ha la fobia del vomito e sarebbe quindi rimasta “fuori dalla porta”. In più – sempre secondo l’apprendista – in una chat di gruppo del salone una collega avrebbe chiesto di sostituirla con qualcuno di più affidabile. Le accuse di Jasmine Stunell sono state tutte respinte dai giudici. Il tribunale ha affermato nella sentenza che il commento della collega nella chat non era legato all’età e che sarebbe stato detto su qualsiasi membro del personale che fosse arrivato in ritardo, o scomparso tutto il giorno senza dare spiegazione. E che le espressioni “cresci” e “ricomponiti” non sono “di per sé” legate all’età e “possono essere dette a chiunque, e in particolare a qualcuno più anziano che si comporta in modo infantile”. Il giudice del lavoro Anne Martin ha detto che le accuse non sono fondate: non è discriminazione dire “cresci!”, soprattutto se ti comporti come un bambino.
generazione ansiosa