Elogio della coppia frolla
Benigni, Ben Affleck, Fedez. All’improvviso s’è insinuata quest’idea di relazione sentimentale perfetta, cioè impossibile. Colpa della tv. Essere in due vuol dire che c’è uno che dà fastidio a un altro. Basta riconoscerlo
Tra fine estate e inizio autunno è stato un trionfo, proprio una strage. Erano ovunque a mortificare gli animi dei normodotati delle relazioni, contro di noi c’erano loro, gli amori eterni e splendidi. Sui giornali, nei sospiri social. In vendita o in ostensione, autentici o contraffatti, li ritrovavi a ogni angolo, inutile sperare di difendersi.
Ben Affleck e Jennifer Lopez si baciavano su barche a sei piani in Costa Azzurra, passerelle e terrazzi di Capri per illudere che dopo vent’anni si può ritornare assieme felici come prima, giovani più di prima. Lei ci tiene molto agli addominali e commercia tantissima roba, dalle creme di bellezza ai pantacollant per la ginnastica, mi meraviglio invece di Ben, che mi pare facesse i film e neanche male, ma è il 2021 e mai dire mai, cioè: “Questo non ha niente da vendermi”.
Pochi giorni dopo piombò sul palco delle premiazioni di Venezia un Benigni fiammante. Con un bel Leone d’oro alla carriera in mano ringraziava la moglie – perché chi altro vuoi ringraziare – e prendeva a prestito Borges lanciandosi per le alte sfere. Un magnificat all’amore che è durato giorni di articoli di giornale. Altro che Divina Commedia. Sentite che intensità: “Conosco solo un modo di misurare il tempo, con te e senza di te”. A voi l’hanno mai detto? A me no.
E ci credeva. Ci abbiamo creduto volentieri pure noi: perfino il poeta si burla della sua poesia, sa che è uso scenografico delle parole, ma la favola è troppo bella per rovinarla. Compriamo!
Quel che è idillio a vent’anni per fortuna si trasforma in imbarazzo a quaranta. Proprio in tema di poesie, sapeste che sorrisetti stronzi girano in certi matrimoni quando gli sposi si recitano i sonetti preconfezionati o di produzione propria e i camerieri coi primi di pesce già in testa devono fermarsi a bordocampo in attesa che finisca il sentimento per servire la cena ai tavoli.
Il modello Ferragni
Qualche giorno dopo – era inizio settembre – andavamo in sollucchero ancora di più, il popolo ha avuto una grande brioche dai nostri influencer nazionali. L’avete visto sicuramente, il filmato: Fedez installa un concertino mobile sul lago per sua moglie. Su una piattaforma galleggiante a specchio e accompagnato da un pianoforte moderno le dedica una canzone a sorpresa per festeggiare l’anniversario di nozze.
Lui in completo nero elegante stretto (pare sempre un chierichetto nonostante i seimila tatuaggi), lei fucsiavestita (#adv). Il telefono della Chiara viene lasciato in mano all’assistente sul motoscafo nel retro a riprendere la Mulier Fortissima durante il pianto di commozione. Niente deve sfuggire, ed è in effetti strepitoso. E c’eravamo anche noi! Imbucati! Al pubblico non gli par vero che i famosi buttino tutti questi ossi saporiti.
Tutto culminava nel seguente ritornello: “Giuro mi fai venire voglia di futuro”. Certo, un’infilata di versi molto più terra terra di “conosco due modi di misurare il tempo, con te e senza di te”, Fedez non è Borges ma si deve pur ammettere che la strofa ha una sua efficacia.
La pornografia dei sentimenti, signoramia
Per carità. Questa non vuol essere la solita solfa sulla pornografia dei sentimenti, di dove andremo a finire ci importa poco. Ne abbiamo piene le tasche del completo di fustagno perfino noi professoresse democratiche. Tanto nel paese di dove andremo a finire farà caldissimo per l’emergenza climatica, già in Sicilia spariscono le arance e fioriscono gli avocado, chi vuole passare i prossimi vent’anni – gli ultimi ancora temperati – a parlare di etica social e sostenibile uso del web?
Certe lagne grazie a Dio sono superate. Era dieci anni fa quando ci lamentavamo che la gente s’era messa in vendita pure l’anima, sui social. Ora preferiamo altre litanie, nel 2021 sei ascoltatissimo solo se in grado di articolare pensiero complesso su come vanno preferite le chiappe delle statue e le terminazioni degli aggettivi per un paritario ruolo della donna, delle minoranze, degli orientamenti sessuali.
A parte questo dettaglio, le reprimende educative col grilletto facile sui social, del resto di questa nuovissima era non ci fa impressione più niente, vendeteci tutto, sposalizi, lacrime, mutande, test di gravidanza, donne partorienti, minori di anni tre in presa diretta sempre. Noi accattiamo. Siamo un pubblico veramente magnifico, non esagero.
Ma ricordate quella preistoria dell’etere? Quando eravamo teledipendenti e l’allarme che andava di moda era la violenza in tv? Io c’ero.
Strabiliante come quel che era discorso serio negli anni Novanta adesso è quasi antica barzelletta, ragionamento un poco fossile: Karl Popper chiedeva una patente per fare televisione, si spendevano gran soldi per gli studi sul moltiplicarsi degli atteggiamenti aggressivi. Il guaio era l’esposizione dei ragazzini ai film di Rambo. Vi insegnano chi odiare! Che età dell’innocenza, come eravamo vergini. Da rischio ipereccitazione-violenza siamo passati al rischio anedonia-depressione, ne abbiamo fatta di strada, davanti a questi schermi.
Dice la Maledizione di Bauman: “La generazione meglio equipaggiata tecnologicamente di tutta la storia umana è anche la generazione afflitta come nessun’altra da sensazioni di insicurezza e di impotenza”. E magari fossero solo insicurezza e impotenza. Ma stavamo parlando d’altro.
Dicevamo, gli amori in vendita non sono proprio un problema. Non lo sono mai stati, in fondo, dal tempo dei rotocalchi a duemila lire. Alle storie di idillio quotidiano ormai siamo abituati, condivisione vuol dire smercio. Solo che si fa troppa propaganda al tipo di coppia più infrequente, la coppia felice. I ragazzini sono esposti dalla mattina alla sera. Peggio di Rambo.
Pure tra adulti inizia a serpeggiare una voglia di emulazione. Un’aspirazione a essere come loro, cioè innamorati migliori. S’è insinuata un’idea diffusa di relazione sentimentale che è identica ai corpi che ci contrabbandano. Inautentici, impossibili, e così pensiamo agli amori. Che si scontra coi fatti, con l’amore che abitiamo tutti i giorni. La coppia moscia, frolla. Noi tutti. Che non ci spieghiamo cosa c’entri quello che dovremmo sentire con quello che sentiamo. La coppia moscia è quella – non so come dirlo – di due che in fondo si odiano.
“Le persone che stanno insieme a lungo, anche se si amano molto, da un certo punto in poi provano in profondità, e in maniera inevitabile, un sentimento che accompagna tutti gli altri: antipatia. In una coppia, da un certo punto in poi, ci si sta antipatici a vicenda, e anche se molti istintivamente lo negano, è inevitabile. Succede ai compagni di banco a scuola, ad amici che si adorano ma poi vanno in vacanza insieme e non si sopportano più, a persone che sono in totale sintonia e poi dividono la casa per tre mesi e in modo sottile (a volte anche non sottile) si detestano. Poi, dopo un periodo di separazione, riacquistano la complicità e addirittura si divertono al ricordo di quella antipatia, che non riconoscono più. Invece due che stanno insieme non si allontanano mai più per davvero, e cosí quell’antipatia si solidifica, scende in profondità, è alla base di molti gesti e di molte parole. E convive benissimo con l’amore”.
Questa è la verità vi prego sull’amore, Francesco Piccolo. “Non parlatemi di odio se non siete mai stati sposati”, ha scritto Franzen.
E non c’è da pensare che sia iperbole, cinismo ad usum un poco blasé, effetto sceno-letterario. Nossignore, è proprio autenticità allo stato solido e fatta parola. Da un certo punto in poi, due vuol dire che c’è uno che dà fastidio a un altro.
Messa così sembrerebbe una cosa afflitta. Ma quest’odio, l’odio della coppia moscia, non è come pare. E’ invece un sentimento nobile, antico e sorprendente. E’ sempre nuovo, l’odio di coppia. Ogni volta ti chiedi: ma com’è possibile? Come resistiamo?
Eppure, eppure.
La fine della commedia romantica
Quanto era passato? Quanto ci era voluto – una generazione, due intere? – a dare l’estrema unzione agli amori delle commedie romantiche, da Vivian di “Pretty Woman” fino a “Bridget Jones”, per concludere con il cartone animato per adulti con la coppia più Disney di tutte: Carrie Bradshaw e Mr. Big. Quei due che dopo dieci anni di pianti (prevalentemente di lei), addii, fidanzamenti tristi e matrimoni tristissimi, alla fine si rivedono una sera a Parigi e si sposano.
Finirono quegli anni buoni e all’alba del nuovo Millennio, senza preavviso come la povertà e la crisi delle banche venne il golpe di realismo sentimentale. E di felicità non ne volle sapere più nessuno, con un’ostinazione che dura ancora: è tutto un filo rosso, pure se non volete vederlo, da Alicia Florrick a Sally Rooney. Maschi invisibili e deluse seriali, sole per mancanza di alternative o sole perché stanche morte di avere a che fare con indecisi/traditori professionali/fragilini/ossessivi/attaccati alla pettola di mammà. Sì, cronicamente sfortunate (pure un po’ ridicolo l’accanimento della malasorte), quello che volete, ma alla fine le salvava uno sforzo di autocompiacimento professionale, un’ambizione a diventar sé stesse e farselo bastare. Cosa resta quando l’amore crolla? Resto io. Meglio di niente.
Che arietta nuova e che liberazione. Ottimo lavoro dell’industria culturale! Ci stavamo salvando dal grande stucchevole sogno romantico. Chi ce lo fa fare.
Insomma ci avevamo messo dell’impegno. Era un nuovo rinascimento sentimentale, una speranza. E dopo tutta questa strada per passare dalle galere romantiche a un romanticismo sostenibile, arrivano loro. I perfettini dell’etere. “Giuro mi fai venire voglia di futuro”. Totem della famiglia e totem della maternità, la storia si sta ripetendo con nuovi mezzi e in iperdiffusione. Siamo tornate al sogno, all’illusione all’ultimo stadio, punto di partenza. E forse non ci siamo mai mosse da lì.
La coppia frolla
E così mi piaceva scrivere un inno alla coppia frolla. Ormai trascurata da tutti: scrittori, influencer e registi. Ora va di moda la gente al settimo cielo o disperata al baratro, stati d’animo che durano mezz’ora all’anno.
La coppia sul divano, la coppia che s’addormenta. Viva la coppia che non si fotografa assieme – dai, per piacere, abbiamo quarant’anni siamo seri non facciamo queste figure.
Viva la coppia frolla che non muore, che passa sui tradimenti e sulle noie, che resiste e non sa neanche perché resiste. La coppia borghese, quella che risparmia per la casa al mare. La coppia implausubile “ma questi due stanno insieme?”. La coppia inquinata – tradita, vilipesa, poi ripigliata.
La materia dell’amore non si misura in quanta felicità sia in grado di generare – si amano? Sono una bella coppia? Mi fai venire voglia di futuro? – le riserve di forza sono altrove, dentro un’altra domanda: perché certi non si lasciano?
Philip Roth: “C’erano delle notti in cui non riuscivo a dormire. Dicevo a Doris: perché non la lascia? Perché non è capace di lasciarla? E sai cosa rispondeva Doris? Perché è come tutti gli altri: ti rendi conto di una cosa solo quando è passata. Perché tu non lasci me? Tutte le cose che impediscono alla gente di andare d’accordo: forse che non le abbiamo anche noi? Abbiamo delle discussioni. Abbiamo delle divergenze. Abbiamo quello che hanno tutti: un pizzico di questo e un pizzico di quello, le piccole offese che si accumulano, le piccole tentazioni che si accumulano. Credi che non sappia che ci sono delle donne che si sentono attratte da te? Insegnanti a scuola, donne del sindacato, che provano una forte attrazione per mio marito? Credi che non sappia che c’è stato un anno, dopo il tuo ritorno dalla guerra, in cui non sapevi perché stavi ancora con me, in cui ogni giorno ti chiedevi: perché non la lascio? Eppure non l’hai fatto. Perché in genere la gente non lo fa. Tutti sono insoddisfatti, ma in generale le persone non si lasciano. Soprattutto le persone che hanno già fatto questa esperienza, com’è capitato a te e a tuo fratello. Uno che passa quello che avete passato voi dovrebbe apprezzare moltissimo la stabilità. Probabilmente sopravvalutarla. La cosa più difficile del mondo è tagliare il nodo della tua vita e partire. La gente si rassegna a diecimila adattamenti, fino al più patologico dei comportamenti. Perché, emotivamente, un uomo come lui deve sentirsi legato a una donna come lei? La solita ragione: le loro tare quadrano”.
Ode agli scontenti che non si lasciano, alla burocrazia semisentimentale felice a tratti. Amo l’amore dove non sembra essercene, ed è ovunque. Conosco solo un modo di misurare il tempo: è la somma di tutte le volte in cui ti ho pensato me ne vado, e poi non me ne andavo mai.
I guardiani del bene presunto