Strappare la vita lungo i saldi. Fenomenologia del Black Friday
La caccia allo sconto concentrato temporalmente è una fatica da lacerarsi le palle lungo la circonferenza e non sono sicuro che il gioco valga la candela. Ragioni consumistiche per diffidare del venerdì delle svendite compulsive
Strappare la vita lungo i saldi è la prossima serie del magnifico Zerocalcare, grande narratore neoneorealista che adopera una lingua di sublime pertinenza. Non sono anticonsumista, tutt’altro, mi piacciono le trovate americane per vendere, anche il romanissimo Draghi international dice che bisogna divertirsi e comprare con il supergreenpass, e Natale è sempre Natale, ma sul Black Friday, che come Halloween abbiamo importato più o meno allegramente, penso di avere delle riserve.
Ti avvertono che spesso i prezzi iniziali, il prezzo barrato, sono sovrastimati e dunque lo sconto è molto minore di quanto appaia in catalogo, cosa di cui ti puoi accertare con una ricerca in rete o con un misterioso per me “comparatore di prezzi”; ti avvertono che i prodotti tech molto ambiti sono aumentati di listino per la crisi dei microchip e delle spedizioni prima che risultino scontati, per cui non è detto che siano “must buy”; ti avvertono che non ti devi precipitare ad acquistare, meglio aspettare il Cyber Monday più conveniente del Black Friday. Quelli di Altroconsumo sono convinti che il furto è l’anima del commercio, e può sembrare che ti attacchino un bottone passatista, un accollo (Zero), ma alla fine ci fai un pensierino.
Il successo dell’iniziativa, la sua dilagante popolarità, controassicura della sua bontà. In effetti pagare meno per una merce conviene. C’è però il problema: mi serve quella merce? Must I buy? Organizzare una zona franca degli sconti, che innova rispetto alla vecchia tecnica dei saldi, oggi polverosa perché percepita come la svendita stagionale delle cose fuori moda, una cena di avanzi magari squisita ma che non offriresti ai tuoi migliori amici, è una buona idea non so se di marketing con branding o di branding col marketing. Vi si nasconde però l’insidia di un superlavoro di ricerca dell’utile e forse dell’inutile, una coazione a comprare che assume profili psicologici devastanti per identità individuale e portafogli.
Noi figli del capitalismo abbiamo sempre goduto di antidoti, per esempio il libro di Vance Packard, “I persuasori occulti”, che smascherava nel 1957, con un certo anticipo, diciamo, la famosa logica algoritmica della manipolazione dei gusti, dei consumi e dei prezzi. Era una non banale analisi dell’advertising. Il signore assoluto della televisione commerciale, il nostro Cav., dimostrava agli imprenditori cui chiedeva la pubblicità che con i consigli per gli acquisti avrebbero aumentato il fatturato sensibilmente e subito, la gente se la beve, ragion per cui gliela dava gratis, la pubblicità televisiva, chiedendogli di pagare solo dopo i risultati, e quelli hanno goduto e pagato, lui è diventato piuttosto ricco, il mercato della pub si è dilatato con effetti benefici per tutti. Si potesse replicare la trovata con i parlamentari Berlusconi sarebbe già al Quirinale. E chissà.
Sono però convinto che la caccia allo sconto concentrato temporalmente sia una fatica da strapparsi le palle lungo la circonferenza e non sono affatto sicuro che il gioco valga la candela: smanettare da rovinarsi i polpastrelli e il cervello per avere il ribasso su un prezzo magari gonfiato e portarsi a casa un tablet o delle sneakers nuove nuove mentre quelli usati vanno ancora benone, mah. Il consumismo è meglio dell’austerità. I miei modelli non sono mai stati Enrico Berlinguer e Wolfgang Schäuble, sebbene i due per certi versi la sapessero lunga. Però mettere sull’avviso dalla febbre del Black Friday, compra solo quello che devi comprare perché te lo impone la coscienza rettamente formata, perché come dicono i liberisti non esiste un bonus gratis, e lo sostengono da sempre con una certezza morale di cui si direbbe che è “senza sconti per nessuno”.