saverio ma giusto
Mascherine all'aperto? Preferiamo la normalità, non l'immortalità
Un inutile orpello, un presidio barocco, una deriva rococò dell’emergenza sanitaria. Un riflesso pavloviano alla ripresa dei contagi: ovvio, la mascherina all’aperto riduce ulteriormente le già trascurabilissime possibilità di infettarsi al di fuori dai luoghi chiusi, ma così inseguiamo il rischio zero
Salviamo il Natale, ma anche la faccia. Non solo in senso figurato: il ritorno delle mascherine all’aperto voluto da molti sindaci in tante città d’Italia è un atto isterico senza alcuna ragione scientifica, specie poi con quei distinguo (“nelle vie dello shopping”… “in centro storico”… “nelle strade della movida”… “solo nel periodo delle feste di Natale”…) che fanno tanto prima e seconda ondata cioè governo Conte, quando ancora non avevamo il vaccino e pensavamo di arginare il virus con i garbugli burocratici, il pensiero magico, un po’ di moralismo austero e punitivo, e altre fesserie a casaccio. Non sappiamo ancora molto della variante Omicron, mentre è assodato quanto all’aria aperta i rischi di contagio siano bassissimi e sia molto, molto, molto, molto, molto, molto difficile contrarre il virus – salvo per strada un positivo non si metta a soffiarvi dentro una narice. La mascherina all’aperto è un inutile orpello, un presidio barocco, una deriva rococò dell’emergenza sanitaria.
Lo so che il problema sono gli assembramenti: non sono così stupido da pensare che tutti gli altri lo siano. E infatti la norma d’indossare la mascherina anche all’aperto in caso d’assembramento (cioè quando le distanze fra le persone si annullano e la permanenza aumenta, due fattori decisivi per il contagio) esiste già da mesi, c’è sempre stata, e nessuno l’ha mai sospesa. Il punto semmai è farla rispettare, non ribadirla in modo scemo. Salvo il provvedimento non sia psicologico, un ammonimento mediatico, un piccolo atto di terrorismo a fin di bene; ma allora piazzate direttamente spaventapasseri con i camici agli angoli delle strade, cartellonistica con gigantografie dei pazienti in terapia intensiva tipo foto spauracchio sui pacchetti di sigarette, altoparlanti con la voce del ministro Speranza che recita l’Apocalisse di Giovanni, magneti da automobile con l’immaginetta di Burioni e la scritta “Non tossire, pensa a me”.
Insomma non dico di trattarci da adulti, ma almeno da bambini grandi. Deliberare a favore delle mascherine all’aperto senza criterio ma come riflesso pavloviano alla ripresa dei contagi non è solo inutile, ma anche pericoloso: perché non possiamo ergerci a paladini della scienza contro i No vax se poi siamo i primi che, spinti dall’emotività, imponiamo comportamenti senza alcuna evidenza scientifica. Altrimenti, se tanto mi dà tanto, allora obbligo di segno della croce quando si esce di casa, obbligo di accensione di un cero alla Madonna (ma solo nei centri storici o nelle vie dello shopping e della movida…), obbligo d’indossare al collo un corno scaccia-guai chirurgico o Ffp2. Poi certo, ovvio, la mascherina all’aperto riduce ulteriormente le già trascurabilissime possibilità di contagiarsi al di fuori dai luoghi chiusi; ma vorrei ricordare che lo sforzo collettivo che stiamo facendo (la campagna vaccinale, le restrizioni, il green pass) non hanno come scopo l’immortalità, ma il ritorno alla vita normale – la quale non prevede le mascherine né all’aperto né al chiuso mentre i rischi sì, quelli ci sono sempre stati e sempre ci saranno, e qualcuno tocca pur correrlo.