Nei cieli e nei social
Birds aren't real, il complotto contro i complotti che manda in tilt l'America
"Gli uccelli sono tutti droni progettati dal governo per spiarci”, sostiene lo strano movimento che da quattro anni fa proseliti negli Stati Uniti. Come uno scherzo demenziale può diventare credibile tra i cultori delle fake news
Tutto nacque perché nessuno aveva riso. Memphis, gennaio 2017. Un corteo femminista viene affrontato da una contro-manifestazione pro Trump, fresco neopresidente degli Stati Uniti. Da fuori, un giovane dell’Arkansas osserva, prende un cartello e scrive la prima idiozia che gli viene in mente: “Gli uccelli non sono reali”. Doveva essere una palese presa in giro, invece la frase si perse in quella caotica galassia complottista che Capitol Hill avrebbe rivelato anni dopo. E oggi Birds aren’t real è un movimento da quasi un milione di seguaci, tra fan che stanno al gioco e fanatici che ci cascano. “Il mio modo preferito per descriverci è combattere la demenza con il demenziale”, ha dichiarato Peter McIndoe, il ragazzo del cartello, in una recente intervista al New York Times.
La teoria è molto semplice: il governo degli Stati Uniti avrebbe commissionato l’omicidio di massa di 12 milioni di volatili dal 1959 al 2001, rimpiazzandoli con droni progettati per spiare il popolo americano. Gli argomenti a sostegno sono acrobazie del libero pensiero: i cavi ad alta tensione dove si appollaiano gli uccelli servirebbero proprio a ricaricare le batterie dei droni, la carne che si trova al loro interno sarebbe al 100 per cento sintetica e perfino il guano nasconderebbe in realtà una sofisticata tecnologia liquida con funzionalità di tracciamento – “L’87 per cento delle feci aviarie”, scrive la pagina di Birds aren’t real, “cade sulle auto anziché sul suolo. Coincidenze?”.
La pratica è ancora più accurata. Sit-in, merchandising, un minivan on the road per le piazze americane come in campagna elettorale. E sul tetto il predicatore McIndoe: la solennità dell’uomo folle di Nietzsche, con tanto di megafono. Lui e gli altri creatori di Birds aren’t real sanno bene che è vero il contrario, anche quando organizzano un picchetto sotto gli headquarters di Twitter, l’odiatissimo social a forma di uccellino. Eppure, finora non erano mai usciti dal personaggio: “Ammesso che tutto questo sia satira, non sareste in grado di dirlo”, un tempo dicevano sibillini a Newsweek. “Permettere alle persone di riunirsi e ridere delle assurdità di oggi sarebbe una bella iniziativa. Però non è affatto il nostro caso”.
Post-bugie, per rispondere alle post-verità. Il fenomeno è cresciuto a dismisura – oltre 700mila follower tra Instagram e TikTok – ma non sempre nella direzione sperata. Sui social molti utenti ridono, qualcuno si spaventa – “Davvero c’è chi crede a queste cose? – e altri ancora si calano nella parte. O forse no: “L’ho sempre saputo che era tutto un complotto”. C’è perfino chi ricorre all’aruspicina: “Non è vero che gli uccelli non esistono, ho esaminato le loro interiora e non ho trovato alcuna traccia di microspie o componenti artificiali”, alla faccia del fact checking. E così via, un loop di adesioni alla causa e interazioni varie senza riuscire a capire chi sta trollando chi.
I numeri degli ingenui non sono noti, però devono aver messo in allerta il movimento. Così, al New York Times, Birds aren’t real ha finalmente gettato la maschera: McIndoe è un 23enne cresciuto nel non così profondo sud, ricevendo un’educazione casalinga che gli inculcava credenze di ogni tipo, “come il piano di lavaggio del cervello di massa tramato dai democratici e che Obama fosse l’Anticristo”. E se da un lato i social sono il detonatore perfetto di ogni teoria alternativa, dall’altro hanno permesso a Peter di imbattersi nella scienza, nei fatti, in una realtà diversa da quel solo microcosmo retrogrado che conosceva. “La mia intera comprensione del mondo è avvenuta grazie a internet”.
Lo stesso vale per tanti altri ragazzi della generazione Z: i membri originari della Bird brigade sono tutti giovanissimi, afferrano al volo le dinamiche del web in continuo divenire e divertendosi tentano di restituire alla società gli anticorpi per resistere al paranoico e all’occulto 2.0. Non c’è limite al folle, “non c’è cospirazione a cui certa gente non crederebbe”: quindi si può cavalcare l’onda, abbassarsi a quello stesso linguaggio e poi coprirlo di ridicolo ammettendo che era tutta una farsa. Ma prima, a lungo, bisogna prenderlo dannatamente sul serio. Occhio al guano sul parabrezza.
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