(foto Ansa)

Il racconto

Assediata dai No vax. Che volevano vedermi morta, di vaccino

Chiara Galeazzi

Il braccio sinistro che perde colpi, un’emorragia cerebrale, il ricovero, l’esperienza condivisa sui social. E la prima reazione: “Quando hai fatto il vaccino? Nessuna correlazione?”. Da lì in poi uno tsunami di commenti sul web. Un concentrato  di complottismo, ignoranza e cattiveria

Per qualche anno ho lavorato nella redazione di un sito di news molto cool. Quando dovevamo girare dei video, spesso sceglievamo di farli a manifestazioni di persone piuttosto burbere unite da una comune passione nei confronti dell’estrema destra. Noi ovviamente andavamo sempre con l’intenzione di trovare qualcuno che desse risposte ben strutturate alle nostre curiosità, mica i freak. Io sono andata a un paio di raduni legati ad anniversari cari a quest’area politica, solo che ci andavo sempre vestita di nero (per sembrare più magra in video, mica per dare nell’occhio il meno possibile), e al primo accenno di “Certo che voi giornalisti…” scappavo urlando “NON SONO ISCRITTA ALL’ALBO GIURO”. I video finivano per essere uno strano montaggio di braccia tese e di me su fondo neutro con la faccia sconcertata, niente di troppo notiziabile. D’altronde io non avevo né senso della notizia, né palle, entrambe caratteristiche non richieste nel mio successivo lavoro, quello di autrice televisiva.

Il 20 novembre 2021, prese le dovute precauzioni e una videocamera, Selvaggia Lucarelli va alla manifestazione No vax al Circo Massimo, immagino nel tentativo di trovare qualcuno che, con sobrietà e pacatezza, rispondesse alle sue curiosità, mica i freak. Invece Lucarelli, senza neanche dover imbastire chissà quali domande provocatorie, incontra persone poco collaborative e minacciose, fino all’apice della violenza raggiunto con un signore che le tira una testata. Il 21 novembre il video viene pubblicato su Twitter e ricondiviso da centinaia di persone che vogliono mostrare la loro solidarietà a Lucarelli e quanto i No vax fossero terribili. 

 

 

Ovviamente le sono solidale anch’io, però mentre guardavo questo video in cui decine di persone le andavano addosso per dirle quanto erano infastiditi dalla sua mascherina e dalla dittatura sanitaria e dai vaccini, pensavo anche a quanto fosse stato faticoso quel pomeriggio per lei, a tutti quei droplet che si era dovuta sorbire, al fatto di essere anche solo dovuta uscire di casa per andare al Circo Massimo per capire che i No vax possono essere persone terribili. La verità è che si può tranquillamente capire stando sdraiati a letto, basta avere un cellulare e un’emorragia cerebrale.

In Italia, in questo momento storico, non si può avere un’emorragia cerebrale in santa pace. Quando ero giovane io, e i tamponi si usavano solo al mare durante il ciclo, una persona di 35 anni aveva il suo problema di salute, tutti restavano scossi, dicevano un “poverina” e la chiudevano lì. Oggi invece non solo c’hai l’emiparesi, ma pure un migliaio di persone che ti dicono che è stato il vaccino e che sono contenti che sei morta anche se non lo sei. 

 

Domenica 17 ottobre 2021 sono seduta sul divano di casa mia a guardare dei video su YouTube di una persona che mi sta sulle balle da quasi un decennio. Non mi sta sulle balle in quel modo in cui ci stanno antipatiche le celebrità, e giustifichiamo questi sentimenti dicendo “è una sensazione a pelle” o “una cosa di pancia”. Che poi chiamarla “celebrità” è eccessivo, diciamo che qualcuno sa dell’esistenza di questo essere umano attraverso dei prodotti a suo nome (non ho il coraggio di dire nemmeno l’ambito di lavoro, userei pure la schwa per rendere ancora più incomprensibile questa descrizione). Io questa persona la conosco e ho le prove che è antipatica, ho persino delle prove scritte. Tornando a quella domenica pomeriggio, mentre guardo un video di una sua intervista, inizia a formicolarmi il braccio sinistro, poi la gamba sinistra, poi smettono di funzionare come dovrebbero. Quando il braccio sinistro inizia a perdere colpi, la mia ipotesi è che sto avendo un attacco di panico. Quando arriva un mio amico a soccorrermi, anche lui propende per l’attacco di panico, ma io sono laureata in Comunicazione e l’amico che mi somministra 15 gocce di Xanax ha un attestato da sommelier, mica potevamo immaginarci che il mio cervello stesse perdendo sangue. Avessi avuto anche solo un filo di mal di testa me lo sarei pure potuta immaginare, ma almeno ero incredibilmente serena quando ho sentito la frase “Signorina, lei ha avuto un’emorragia cerebrale” pronunciata dal medico del Pronto soccorso. 


Ho scritto  qualche battuta sagace che facesse intendere che ero sì in un reparto di terapia subintensiva attaccata a una macchina, ma l’emorragia non aveva colpito i miei sempre efficienti processi cognitivi


 

Dopo quella frase sono entrata in una delle stanze della Stroke Unit dell’ospedale Niguarda, dove il mio cervello è esaminato in ogni modo possibile. Il resto del tempo lo passo a chiudere e aprire le dita della mano sinistra, l’unica soddisfazione che gli arti di quel lato mi hanno lasciato, e a imparare che emorragia non si scrive “emoraggia”. L’informazione mi è molto utile quando, al quinto giorno di degenza, dopo che gli affetti stabili, gli amici stretti e i colleghi più vicini sono stati tutti abbondantemente allertati, decido che è il momento di scrivere dell’accaduto sulla mia pagina Instagram. D’altronde avevo già completato una Settimana enigmistica, visto tutte le puntate arretrate di “The Morning Show” e del “Saturday Night Live”, e varie tipologie di personale sanitario – dagli Oss ai neurologi – avevano iniziato a dirmi che avrei recuperato serenamente il funzionamento di tutto il lato sinistro. Tutto positivo, a parte la fisioterapista che mi aveva detto che, se il mio lavoro era la ricamatrice, forse avrei avuto qualche problema, il che mi aveva gettato nel più totale sconforto, perché avevo scoperto in quel preciso istante che fare la ricamatrice era il più grande sogno della mia vita.

Arrivato a questo punto qualcuno di voi potrebbe farsi qualche domanda. La prima è cosa ci fa questo racconto in prima pagina sul Foglio, e la risposta è che evidentemente quelli bravi a Natale bivaccano lasciando così che noi, variante Omicron dei velleitari, ci diffondiamo senza freni. La seconda è: se sei in ospedale con metà corpo che non si muove, perché dovresti metterti a scrivere sui social? Mi sembra persino di sottovalutare i lettori a dover spiegare una cosa simile nel 2021, ma qualora qualcuno si ponesse ancora certe domande sciocche, ecco la risposta: se abbiamo stabilito che viviamo in una società che ha negato il dolore eliminando qualsiasi cosa che gli desse un senso (che sia Dio o un contatto con la morte vissuto come inevitabile), allora qualsiasi esperienza dolorosa, nel mio caso un dolore che mi escludeva qualsiasi tipo di performance (manco la performance di andare in bagno era possibile) può avere senso solo se condivisa online, tornando così a performare in like e commenti. Poi c’è anche la questione che mi ero rotta le palle di spiegare tutto da capo ogni volta che qualche conoscente mi scriveva per puro caso. E poi un’ultima questione, causa scatenante di tutto quello che segue: da settembre 2021 ho la fortuna di partecipare come terza voce a un programma radiofonico quotidiano su Radio Deejay che, nella settimana in cui sono stata male, aveva interrotto le trasmissioni. Ma ora che la situazione andava stabilizzandosi e il programma doveva tornare in onda, qualcosa agli ascoltatori andava spiegato sul perché sarebbero stati accolti da due voci invece di tre. Così ho preso la mia mano destra, ho messo in fila alcune foto dei giorni precedenti e ci ho scritto sotto qualche battuta sagace che facesse intendere che ero sì in un reparto di terapia subintensiva attaccata a qualsiasi macchina, ma l’emorragia non aveva colpito i miei sempre efficienti processi cognitivi. Certo, piangevo ogni volta che un medico si avvicinava al mio letto per il terrore che mi dicesse “Dobbiamo farle lo scalpo”, ma quelli non erano fatti vostri, era sicuramente di maggior interesse sapere quanto è difficile cagare sdraiati. Ci ho messo circa un’ora a confezionare un post che calibrasse umorismo e pathos, con quel tocco di apatia da “Sì ok, sono in subintensiva, ma ditemi di voi piuttosto”. 

Non sarebbe il caso di dirlo così, ma il post è un trionfo. Non che fosse l’obiettivo, ma i like sono migliaia già dopo poche ore, e quando alle 18 cospargo di olio e parmigiano le pennette in bianco della cena, il mio cellulare si riempie di messaggi carichi di affetto da parte di persone che conosco e perfetti sconosciuti, ondate di emoji di cuori, di “Torna presto”. L’uso così smodato del telefono per ringraziare, mandare altri cuori e battute sagaci con la sola mano destra mi provoca un piccolo callo sul mignolo, che da solo regge il peso di un iPhone XR.

Prima della pubblicazione di quel post, discusso e approvato da un ristretto gruppo di persone, l’unica osservazione la fa il mio compagno Francesco, che commenta con molta sicurezza, “Guarda che arrivano i No vax”. Capisco la sua apprensione: è una persona con un seguito abbastanza ampio che più volte si è esposta a favore dei vaccini e in generale è molto esplicito quando si tratta di esprimere amore per la scienza, molto più di quanto ne esprima a me. Non che voglia smancerie esplicite, sia chiaro, però, ecco, manco che mi debba sentire minacciata sentimentalmente da Burioni. Francesco è abituato a ricevere attacchi dai No vax, ma perché li provoca continuamente. Io mi sono limitata a dire ai quattro follower che c’ho che non mi funziona metà corpo, quindi serenamente rispondo al mio innamorato: “Ma chi se ne frega.”

Quando a 24 ore dalla pubblicazione del post una signora commenta “Quando hai fatto il vaccino? Nessuna correlazione?” sono estasiata. La vivo come qualcuno a cui chiedono per la prima volta un autografo. Commento sotto questa signora taggando il mio fidanzato, “E’ successo davvero! Sono emozionatissima!”. La signora non rilascia ulteriori dichiarazioni. Ammetto che non sta chiedendo niente che non mi sia già chiesta io e che non abbia chiesto a più medici: questa emorragia è un effetto collaterale del vaccino?  No. Non ho avuto una trombosi, è passato troppo tempo dalla mia ultima dose, che è stata con uno dei vaccini che non danno questo genere di effetti collaterali, e soprattutto la mia emorragia non è un’anomalia rispetto alla norma di un reparto di neurologia. Lo scopro anche dai commenti che ricevo online: decine di storie di donne e uomini con zone del cervello che hanno iniziato a sanguinare per nessuna ragione apparente, ben prima del Covid, ben prima dei 40 anni. Poi mi scrivono anche un sacco di persone che si sono rotte il ginocchio e per questo capiscono benissimo quello che sto passando, e grazie al cielo a cinque giorni dall’emorragia riuscivo già ad alzare il dito medio sinistro per rivolgerlo verso il telefono. Ovviamente nel mio post non scendo nello specifico, parlo di emorragia e di dover “reimparare a camminare”, citando Calcutta, ma non pensavo fosse necessario pubblicare un video dell’angiografia o l’intera cartella clinica.

Non essendo in stanza da sola, il mio telefono è costantemente silenzioso, e visto che a un certo punto anche il continuo lampeggiare di notifiche su Instagram mi infastidisce, spengo anche quelle, così per guardare nuovi commenti o like devo aprire l’applicazione. Dopo il primo giorno perdo un po’ l’interesse, e la signora No vax della correlazione penso sia l’unica che commenterà quel post. A 48 ore dalla pubblicazione, segnalare e bloccare No vax è l’attività che mi prende più tempo durante la giornata. 

I più gentili schiaffano la domanda “Che vaccino hai fatto?” senza aggiungere altro, altri pubblicano emoji di pecorelle e, inventandosi una diagnosi di sana pianta, si augurano che finalmente apriremo gli occhi sui danni che questi vaccini stanno facendoci. La maggior parte riporta l’espressione “nessuna correlazione” in varie formule: con il punto di domanda finale, con tre o più punti di sospensione, con l’emoji “faccina furbetta”. Qualcuno mi scrive che invece di parlare dei video che stavo guardando “dovresti chiederti come mai ti è successo…”, domanda che ovviamente non mi sono mai fatta e non ho mai rivolto a un neurologo finché Ladanysalcazzo non è venuta a farmelo presente su Instagram.

Altri mi spronano a trovare da sola le vere cause di quello che mi è successo, il problema è che per capire da sola le vere cause dovrei fare sei anni di Medicina e poi la specializzazione in Neurologia, e poi quella in Neuroradiologia per riuscire a leggere i risultati delle risonanze magnetiche – molto probabilmente le persone che mi hanno spronato in questo modo sono tutte mia mamma. 


Ho passato sette settimane in ospedale, e a causa del Covid poteva venirmi a trovare una sola persona al giorno per 30 minuti. Anzi: è grazie al vaccino che ho avuto 30 minuti al giorno di visite, perché prima del vaccino i minuti erano zero


C’era comunque qualcosa di strano in questo accanimento: io non ho abbastanza follower per essere rilevante, non ho avuto particolari condivisioni che possano aver fatto uscire il post così rapidamente dalla mia bolla di millennial con la partita Iva. Proprio in quel momento, un amico che non ha Instagram mi scrive preoccupato perché ha saputo cosa mi è successo. Considerando che l’informazione non può essergli arrivata da conoscenti comuni perché abbiamo smesso di frequentarli, gli chiedo subito come gli è arrivata voce di quello che è successo. “L’ho saputo perché un mio amico mi ha detto che ha visto su Facebook un post di un gruppo No vax che diceva una roba tipo ‘Conduttrice di Radio Deejay ha un ictus’”. Qualche minuto dopo mi allega uno screenshot di una pagina Facebook di No vax chiamata, con molta fantasia, “Nessuna correlazione”. Il post è titolato “23 ottobre 2021 - Radio Deejay Aneurisma” e sotto viene riportato un articolo da un sito che si occupa di notizie dal mondo della radiofonia che, ci tengo a sottolineare, riporta la notizia (se si può definire tale) in maniera molto breve e neutra parlando di un malore e riportando al mio post su Instagram. Scopro da questa pagina Facebook che ho avuto un aneurisma, termine finora mai usato da nessuno in nessun referto. Nello screenshot allegato al messaggio del mio amico, il post aveva 63 commenti, 123 condivisioni e 241 reazioni. 

A questo punto ci tengo a ricapitolare che, al momento della scoperta di questo post, ho 34 anni, sono ricoverata in un reparto di subintensiva con del sangue nel cranio e il lato sinistro del mio corpo che non risponde ai miei comandi come dovrebbe, a tal punto da non permettermi di stare in piedi o tagliare quello che ho nel piatto, e benché siano già state escluse ragioni gravi che mi costringono in questa condizione, io non so ancora di preciso perché mi sia successo questo, non solo un perché anatomico, ma pure un perché metafisico, uno di quei perché da urlare coi pugni chiusi agitandoli verso il cielo – cosa che al momento posso fare solo col destro. Avrei potuto chiedere risposte alla religione, ma quando il cappellano dell’ospedale si è avvicinato a me, l’unica frase che ha detto è stata “Quando vedo giovani come te in questo stato, mi si stringe il cuore”.
“Mi dispiace, non volevo farla soffrire” ho risposto. 

Lo sottolineo per dire che, in questa fase, ho abbastanza problemi da non dover andare personalmente a cercarmi qualcuno che mi dica che vuole vedermi morta, quindi chiedo di screenshottare tutto e, a distanza di un mese, quando sono ancora in ospedale ma almeno posso andare al bagno da sola e tagliare un pollo lesso, leggo quello che è stato riportato in questo gruppo Facebook e nel corrispondente gruppo Telegram, il gemello cattivo di Whatsapp. Una signora scrive di me che “Era una pro vax convinta e non voleva avere vicino no vax e no mask…. [sic per i puntini di sospensione]”. Curioso l’uso del verbo al passato, non so se sia perché mi crede morta o perché spera che io abbia cambiato idea, ovviamente non è successa nessuna delle due cose. Sotto questo commento, altre donne scrivono “A na certa . … [sic anche tutti questi punti] se la cercano”, “Allora ben le sta, il karma” o anche solo “Karma…”. Karma è una parola che torna spesso anche nei commenti di Instagram. Ora, io non credo che la pagina “Nessuna correlazione” sia frequentata da sacerdoti induisti e che Stefania Pirletti e Debora Barlafus siano lettrici degli Upanisad, quindi se loro piegano millenni di tradizione indiana per dire che mi merito quel che ho avuto per l’azione scellerata di farmi il vaccino, allora mi metto pure io a fare questo origami con le religioni altrui e dico che la buona intenzione di proteggere la salute degli altri con i mezzi a disposizione vale molti più punti karma (perché il karma funziona come i Punti Fragola dell’Esselunga, c’è scritto nei Veda) che godere delle sofferenze di qualcuno che neppure conosco – non che godere delle sofferenze di qualcuno che si conosce sia meglio, però in quel caso mi sento di giudicare meno. Dalila Poveroni usa una versione occidentalizzata di questo concetto di karma, “La vita è come un frisby [sic], tutto torna”, peccato che quello a tornare è il boomerang, a meno che nella metafora non ci sia nascosto un cane da riporto, e in tal caso vorrei sapere come si chiama il cane e se posso accarezzarlo.

Dopo il coro delle donne, ci sono alcuni commenti singoli di simpatici del complotto: “Aaaaaaah adoro l’odore di collaborazionista con la reazione avversa la mattina.” Anche in questo caso il buon Nilas Stupidotti deve avere in mano una mia cartella clinica non pervenuta ai medici del mio ospedale ed è riuscito a fare una diagnosi prima di chiunque altro, e oltre alla diagnosi fa anche una simpaticissima parafrasi. Medico e comico, tipo Jannacci. 

Poi ci sono quelli che non hanno tempo da perdere a fare i simpatici, salutandomi con dei telegrafici “Non mi fa pena”, “Non mi dispiace”, “Cazzi suoi”, “Così ha tempo per pensare alle cavolate che ha detto”, che sono tantissime e io sono stata troppo poco in ospedale, “Buffona”, ma quello pure prima della pandemia. Certi commenti poi insistono fortemente su un tweet che avevo pubblicato a ridosso della mia prima dose di vaccino, anche questo non particolarmente condiviso, per cui immagino che anche qui ci sia stato qualche rimando nel circuito No vax. Quindi per colpa loro mi ritrovo a fare una cosa che non vorrei fare: mi cerco su Google. 

Per la prima volta nella vita, Google non mi chiede “Forse cercavi Chiara Galiazzo”, merito dell’articolo di cui sopra ma anche di un altro pezzo pubblicato su un magazine mai sentito nominare, Mag24.es, dal titolo “Dopo la puntura faceva la spavalda, adesso invece dovrà dare mesi di rieducazione: cosa è accaduto alla celebre conduttrice di Radio Deejay”. Io lo so che dovrei prima di tutto interrogarmi su questa questione della spavalderia, oppure su dove questa persona abbia imparato l’italiano, ma il dato più importante per me è che lavoro a Radio Deejay da due mesi e sono già una “celebre conduttrice”. Non “astro nascente”, non “giovane promessa”, ma celebre conduttrice. Diciamolo bene: il mio è un nome ormai sinonimo della radio. Un caposaldo, una colonna, un’istituzione. Linus, Nicola Savino, Chiara Galeazzi – siamo lì. Il segreto del mio successo? Due mesi da terza voce in un programma pomeridiano e un’emorragia cerebrale nel 2021. A questo punto capisco che i No vax sono talmente disperati da fare di me una celebrità pur di avere ragione. 

Il testo dell’articolo è stranamente neutro rispetto al titolo, ci sono generici riferimenti al programma radiofonico, al mio post su Instagram, all’emorragia e al fatto che sono in fase di miglioramento. Però l’articolo si chiude con una frase dal tono lezioso, “Questo quello che scriveva dopo aver fatto la punturina”, e sotto uno screenshot del mio tweet del 6 giugno 2021: “A tutti quelli a cui ho detto ‘Ah, appena mi vaccino vado a leccare i corrimano della metro/le maniglie degli ospedali/i marciapiedi’: in realtà mentivo. Non lo farò. Mi scuso con chi aveva delle aspettative”. Per dare un po’ di contesto e spiegare la battuta (che tanto era comunque mediocre, quindi non ci perdiamo niente): con i miei amici, usavamo i corridoi della metro e le maniglie degli ospedali come simbolo di superfici con una forte carica virale, e commentando l’arrivo dei vaccini e di un ritorno alla normalità dicevamo che avremmo leccato questi simboli per festeggiare. Sapevo che questa immagine era usata da molte altre persone, e mi sembrava buffo riportarla alla realtà, dicendo che no, non avrei mai leccato un bel niente dopo il vaccino. Il tutto scritto in italiano di modo che potesse essere comprensibile al maggior numero possibile di persone. Invece niente, in questo articolo il tweet viene riportato per intero, ma viene sottolineata solo la frase virgolettata sul leccare i corrimano, e tanto basta per farmi recapitare una pioggia di insulti su di me che la smetto di fare l’arrogante, di fare battute, di “Adesso alla metro ce la devono portare a spalla”, con qualcuno che risponde “Vivere da menomati è peggio della morte. Quindi alla fine il destino potrebbe avere ragione, è più saggio di noi”, riuscendo in un commento a dire una cosa non vera (non sono menomata), una cosa contro le persone con disabilità e una cagata spirituale. 

Ovviamente il fatto di essere una delle speaker più importanti di Radio Deejay, come riporta l’informatissimo giornalista di Mag24.es, si porta dietro la grande responsabilità di dover rappresentare la radio singola, l’intero gruppo Gedi, ma anche l’intera radiofonia italiana. Così molti No vax vengono a scrivere una o due cartelle di commento su quanto siano delusi da Deejay pro vax, che non ha capito il lavorio dell’élite mondialista, gli interessi delle case farmaceutiche, e Linus ha detto questo, ed Elkann ha fatto quest’altro, e con quello che ti danno ogni mese alla fine ti meriti quello che hai avuto. Questo è il passaggio che mi fa soffrire più di tutti, perché io non prendo abbastanza per meritarmi tutto questo, nello specifico questo tsunami di sconosciuti che augurano di morire a me, ai miei colleghi, ai miei capi e a qualsiasi persona vaccinata.

Tutte le volte che ho visto qualche video dalle manifestazioni No vax, le persone intervistate erano spesso sopra le righe, pronte a collegare virus con eminenze grigie varie e con l’esistenza della pizza all’ananas, infervorate dall’idea che i vaccini mettevano in pericolo il singolo. Non esiste comunità nel discorso dei No vax, non esiste neppure rapporto uno a uno. Il vaccino non è una possibilità per risolvere un problema di tutti, ma solo una noia per l’individuo. La sofferenza di chi decide di vaccinarsi è meritata e va celebrata, perché il dolore di chi non è della loro idea gli serve per avere ragione, in una contorta illusione per cui prima di dicembre 2020, mese in cui è stata somministrata la prima dose di vaccino contro il Covid, il dolore non esistesse, le cause di morte non esistessero, nemmeno il Covid stesso faceva così male. Prima del vaccino eravamo tutti esseri perfetti e immortali. “Un sacco di giovani stanno avendo emorragie cerebrali dopo questo vaccino”, mi scrive su Instagram un uomo preoccupato sicuramente non per me, ma non credo che prima del vaccino passasse le giornate a contare le emorragie da poter dire con certezza che siano aumentate. E soprattutto, che sia vero o meno (non lo è, ma andiamo avanti), perché deve dirmelo? Quale vantaggio può portare alla mia situazione? Di quanti gradi si muoverà il mio gomito sinistro ora che ho questa informazione? Abbastanza per poter fare un poderoso gesto dell’ombrello.

Ho passato sette settimane in ospedale, e a causa del Covid poteva venirmi a trovare una sola persona al giorno per 30 minuti. Anzi, preciso: è grazie al vaccino che ho avuto 30 minuti al giorno di visite, perché prima del vaccino i minuti erano zero. Chi entrava in stroke unit o in riabilitazione non vedeva più nessuno fino alle dimissioni. Ora che i contagi sono fuori controllo e le terapie intensive tornano a riempirsi ho la fortuna di essere già a casa, mentre molte persone che ho conosciuto e sono ancora in ospedale rischiano di passare lunghi periodi senza la possibilità di vedere nessuno, persone che sono lì per i motivi più disparati, ma che per un No vax sono lì per una ragione sola: se la sono cercata col vaccino. Il vaccino è la minigonna, il male che ti è venuto è il molestatore sui mezzi. Detto questo, io mi prendo il diritto di deridere queste persone che mi hanno reso il soggiorno in ospedale per un’emorragia cerebrale peggio di quanto già non sia, ma credo davvero che la categoria degli antivaccinisti non vada derisa o snobbata, non solo perché quello che si nasconde dietro il loro ragionamento ci insegna molto dell’individualismo e del pensiero magico che permea il nostro tempo, ma pure perché, come ci insegnano, la vita è un frisbee: ti arriva forte sul coppino e poi vagli a spiegare che sei in traumatologia per quello e non per il vaccino.

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