Polvere di stelle
Tutti pazzi per gli oroscopi
Sui social o sulle app, personalizzati e glamour, siamo di nuovo ossessionati dalle previsioni astrologiche. Per i millennial è la risposta a incertezze e precarietà
Oltre ad avventure e dilemmi immobiliari, l’altro hot topic tra i millennial è l’astrologia. “Di che segno sei?” è una domanda che chi è nato tra i primi anni Ottanta e il 1998 si sente fare così spesso che ormai precede i classici “che lavoro fai” o “quanti anni hai”. A volte ci si vergogna a rispondere. Alcuni annunciano il proprio con orgoglio. Altri rispondono con: “Perché me lo chiedi?”, sottintendendo: “Ho per caso compiuto qualche azione tipica di uno dei dodici segni?”.
C’è chi tenta di bilanciare con un ascendente generalmente più amato. Spesso si cerca di nascondere la propria reazione di diffidenza o attrazione di fronte allo svelamento del segno altrui. In certi casi si tende a indovinare, “aspetta, aspetta non dirmelo, secondo me sei… un segno d’acqua!”. E’ un gioco, ma è un gioco identitario, che spesso preclude amicizie, innamoramenti e matrimoni. Ogni elemento identitario rischia di diventare discriminatorio. Ma ci piace riconoscerci nei pattern scritti da millenni nelle stelle. Persone che in pizzeria si mettono a fare i quadri astrali ai ragazzi delle loro amiche, su uno dei migliaia di siti gratuiti. Sempre più persone hanno una loro astrologa “bravissima”, in Cile o al Pigneto. Il segno, l’ascendente e la luna sono diventate informazioni più utili dell’università frequentata, dei gusti musicali, del reddito, delle posizioni politiche. Spesso diventa una scusante: “Piccola, perché piangi?” “Non sono io, è la mia luna in pesci”, oppure “Non è colpa mia se non riesco a venire a cena dai tuoi, è il mio ascendente Sagittario”. Per impasse comunicative e scogli burocratici viene accusato Mercurio retrogrado. Gli amici ti giurano, appena si lasciano: “Non uscirò mai più con uno Scorpione!”. I simbolini dei pianeti sono dappertutto: tatuaggi, ciondoli, bio di Tinder e dei social.
Instagram è una fabbrica di meme sui segni, moodboard con screen di film, parallelismi coi vip e il loro quadro astrale, personaggi di The Office che incarnano atteggiamenti tipici della Vergine o dei Gemelli, dialoghi di Squid Game incorporati nelle dinamiche comportamentali di Ariete e Cancro, frasi di It’s always sunny in Philadelphia che diventano stereotipiche risposte della Bilancia o dell’Aquario, smorfie di Pingu usate per canalizzare il mood dei Pesci o del Capricorno. La pagina Instagram di Sanctuaryworld, your daily guide to the Universe, con un cocktail per ognuno dei dodici segni, ha un milione e mezzo di follower, thezodiacstea, con meme di SpongeBob, gattini e Sailor Moon ne ha un milione e due. Il Merdoscopo ne ha quasi 400 mila e, oltre a fare storytelling in chiave astrologica sulle love story delle celebrity, crea meme con eccellenze made in Italy: Sergio Mattarella, Emanuela Fanelli, Piero Angela...
“Ho deciso di aprire la pagina così a tempo perso, in quanto appassionata di astrologia e meme. Poi ne vedevo tantissime di pagine così, soprattutto in inglese, e mi son detta: ‘perché non crearla in italiano?’”, racconta al Foglio Isabella Premutico, Capricorno con luna in Pesci, che prima lavorava come event manager per un albergo di lusso a Londra. In questi ultimi anni, soprattutto con la pandemia, c’è stata una riscoperta astrologica, “come qualcosa tramite cui scavare in se stessi, che poi è il vero senso della materia, tramite il tema natale: scoprire se stessi in un’ottica leggera, ma comunque utile, scoprire le proprie potenzialità e il rapporto con gli altri. Abbiamo passato un tempo di chiusura forzata che ha portato a un’inevitabile introspezione”. Sulle proporzioni di genere nota che “gli scettici sono soprattutto uomini che vivono secondo il principio del ‘se non vedo non credo’”. Il Merdoroscopo è diventato il suo lavoro, “cosa che sorprende anche me”, dice.
Negli ultimi anni, come riporta il New York Times, molti venture capitalist stanno investendo nelle app zodiacali. Da quando è nata, nel 2017, Co-Star è diventato un must negli iPhone dei millennial, facendo breccia anche nella generazione Z (i ventenni). L’app è stata scaricata più di tre milioni di volte, la pagina Instagram arriva quasi a due milioni di follower. Co-Star funziona come un social: ci si può connettere con altri iscritti, creare compatibilità, e si riceve ogni giorno una frase motivante-poetica personalizzata, scritta da un algoritmo che unisce “la tecnologia della Nasa con le conoscenze di astrologi umani”.
L’app si vanta di tenere in considerazione molti più elementi planetari di qualsiasi oroscopo, è la divinazione al tempo dei big data. Banu Guler, fondatrice e ceo di Co-Star, dello Scorpione, è nata in Texas da immigrati turchi e pachistani e, dopo aver studiato psicologia alla NYU, ha lavorato con brand di moda come Diane von Furstenberg, Ann Taylor, e Michael Kors. Tra i suoi riferimenti cita Karl Marx, Anne Carson e James Baldwin. Internet ha reso l’astrologia più democratica, dice in un’intervista a Cosmopolitan: “Fino a dieci, quindici anni fa se volevi buttarti sull’astrologia dovevi trovare una libreria new-age, comprare dei libri, sederti e metterti a studiare”.
La grafica di Co-Star, di un minimalismo post-hipster simil Apple con icone gipsy-Fornasettiane, dimostra come ci si sia allontanati dai disequilibri cromatici occultistico-circensi degli anni Novanta. Via i maglioncini di Branko. Via le giacche Miami Beach di Paolo Fox. Lumpa, trentottenne “astrologa della madonnina, Sole in Porta Genova e Ascendente in Porta Romana”, con i suoi 24 mila follower su Instagram, indossa cappellini degli Yankees, felpe Vans e scarpe Gazelle dell’Adidas.
C’è un meme che dice: “Gli uomini odiano l’astrologia perché non possono farci mansplaining”. Su altri si gioca sul fatto che appena una ragazza conosce uno che gli piace vuole sapere l’orario di nascita, per anticipare carattere e atteggiamenti verso la vita. Melissa Panarello, autrice bestsellerista, gen Y Sagittario, che dal 2011 cura la rubrica astrologica su Grazia, spiega al Foglio: “Culturalmente l’astrologia è ritenuta più da donne perché purtroppo si crede che abbia a che fare con la magia, e quindi con qualcosa di ritenuto irrazionale. In realtà nell’astrologia si applica un metodo scientifico, c’è moltissima matematica. Lisa Morpurgo è stata la prima a parlarne, almeno in Italia. Quindi ha molto poco di irrazionale, ci sono dei codici che tradizionalmente si riterrebbero legati a un sistema di pensiero maschile”. Da poco Panarello, per Giulio Perrone editore, ha scritto una biografia dell’astrologa, che è anche un’opera di non-fiction sul rapporto di Panarello con lo studio dei dodici segni. Per lei l’astrologia serve a “svelare una storia taciuta”.
L’innovazione sistemica di Lisa Morpurgo, che pubblica il primo libro sulla materia nel ‘71, è stata quella di rendere il tutto più preciso e ordinato, di allontanarlo dalla semplice interpretazione generica sulle caratteristiche superficiali di un segno, anticipando quello che fanno oggi gli algoritmi che macinano i dati astrali. Scrive Panarello: “Le variabili sono talmente tante (giorno, mese, anno, ora e luogo di nascita) che davvero si può dire che ogni tema natale è un DNA perfetto che esplica, in forma crittografata, la nostra più intima natura”. Morpurgo, che nelle foto sembra una Miss Marple lombarda, è una figura interessante nel panorama editoriale. Quando lavorava come traduttrice per Longanesi conobbe diversi scrittori a cui poi fece il tema natale, persone come Gabriel Garcia-Marquez, Dino Buzzati, Eugenio Montale e Mario Vargas-Llosa. Negli anni Ottanta e Novanta curò una rubrica sulla rivista Sirio. Sempre su spinta di Melissa Panarello, tramite la sua agenzia letteraria PAL, la casa editrice Atlantide ha appena ripubblicato il suo primo romanzo, uscito nel 1967, “Madame andata e ritorno”.
La sua riscoperta, il ritorno in libreria di queste figure, fa parte di questa astro-wave, che ha altri sintomi cartacei, come il libro che Il Saggiatore ha appena fatto uscire tra le strenne natalizie: un “Piccolo manuale per scrivere il nostro oroscopo ogni giorno” intitolato Astrologia quotidiana di Francesca Coppola, Bilancia dell’81. Per lei alzare lo sguardo verso le costellazioni può diventare un modo per capire “che il tempo, il nostro tempo, è qui, ed è un tempo unico, prezioso, che la nostra combinazione astrale non si ripeterà se non fra un numero incalcolabile di anni, ciascuno di noi è una stella del firmamento in Terra – ed è libero di decidere quanto intensamente brillare”. Coppola, che ha lavorato come archivista per Roberto Calasso, dopo un periodo da autodidatta ha iniziato a seguire gli insegnamenti di Marco Pesatori, che curava la rubrica astrologica per Vogue e poi per D. “C’è un interesse crescente in questo campo”, dice Coppola al Foglio. “Tra l’altro dalla fine del 1983 al 1995, che coincide più o meno con la generazione Y, Plutone è stato in Scorpione e questo rende in generale più curiosi: è l’amore per l’indagine, la conoscenza, ma anche il mistero che si cela dietro ai simboli. Quella della Morpurgo era più tecnica, oggi la materia è più contaminata, ci sono tante scuole diverse. I millennial hanno più bisogno di risposte perché hanno meno certezze. E tutto è molto più veloce, forse troppo”.
Ci sono vari motivi per cui la generazione Y, quella degli avocado toast, della quinoa, delle battute sul suicidio e dell’“Ok, boomer”, è così instabile. Fine delle ideologie, una crisi economica dopo l’altra, bolle speculative e immobiliari, catastrofe ambientale, mercato del lavoro in panne, precarietà forzata, morte di David Bowie, pandemia globale, e tutto nei primi trent’anni di vita. Tutto questo senza aver avuto le rassicurazioni – “andrà tutto bene, la mano invisibile ci salverà” – ricevute dalla generazione precedente. I millennial non guadagneranno mai come i propri genitori, si dice. Non avranno mai una pensione.
Le ragioni alla base di questo rinnovato amore per le pratiche stellari risiedono certamente in questa condizione d’incertezza. Si potrebbe poi ipotizzare che la progressiva disintegrazione dell’identità di genere, della celebrata fluidità queer post-cisgender, porti a ricreare una struttura identitaria che sostituisca quella patriarcale. Il segno, la luna, l’ascendente, non si possono scegliere. Gli astri non hanno colpe originali, non hanno marchi colonialisti e imperialisti e maschilisti. I segni ci vengono dati dall’alto, da un tempo lontanissimo; sui segni non è possibile relativizzare, non ci sono possibilità di battaglia socio-storico-discriminatoria. L’oroscopo è super-woke. Ed è quindi perfetto per questi tempi, soprattutto se ci si aggiunge il caustico umorismo dark memetico, l’ironico pessimismo millennial pieno di riferimenti pop. Quella roba da casalinga di Voghera, da tarda mattinata di Rai Uno, da riviste cheap da sala d’attesa, da tabloid nazionalpopolari, è stata presa e resa cool. Un primo grimaldello millennial-friendly, che scardinava una dogmatica lettura del futuro con le stelline su soldi/amore/lavoro, è stato Rob Brezsny, che in Italia si legge ogni settimana su Internazionale, le cui citazioni letterarie ci esortano a sfruttare i nostri punti di forza.
Qualche giorno fa Christian Raimo, giornalista, capofila della scena ex-indie-lit romana e assessore alla cultura al Municipio III, ha scritto sui social: “In tre giorni il Corriere della Sera e la Repubblica fanno due paginate sull’astrologia, con interviste a Marco Celada e Marco Pesatori come se fossero degli intellettuali – o meglio, gli scienziati – del nuovo millennio. Non serve rispolverare Adorno contro gli oroscopi per dire una cosa grave: questo è l’ennesimo sintomo antilluministico, in un momento in cui l’educazione illuministica dovrebbe essere al centro dell’informazione e della scuola”. Chiamata in causa in un successivo post, Melissa Panarello risponde: “Senza mitologie e cosmogonie non avremmo materiale psichico e solo chi è molto ignorante riduce il tema astrologico a mera previsione per l’anno a venire”. Raimo ribatte parlando di “una pesantissima perdita di competenze di base matematica oltre che logica, uno svilimento dei saperi scientifici, un rifiuto della complessità necessaria per alcune metodologie specifiche, un generale e generico antiaccademismo”
A parte il discorso storico, l’uso anacronistico e generico del termine “illuminismo” – Locke? Berkeley? Voltaire? chi scomodare? – questo attacco può esser visto anche in senso generazionale. Raimo è nato nel 1975, cioè nel pieno della generazione X – così chiamata perché di difficile definizione – quella degli “immigrati digitali”, del fallimento dei movimenti No global, dell’informatica come miracolo celeste e, chez nous, della pervasività dell’edonismo à la Mediaset. Non si può certo generalizzare, chiaro, ma Raimo con questo attacco non sembrerebbe vedere come i millennial si possano appropriare di determinate pratiche e simboli New Age, adattandoli ai loro bisogni e alla contemporaneità, come i trentenni siano capaci di prendere dall’astrologia delle linee guida, con un apparente contraddittorio mix di sarcasmo e serietà, senza diventare dei cavernicoli No vax trumpiani. Cristalli energetici e Deliveroo, incensi e meme leninisti, gemmologia e immobiliare.it, dipendenza da Muji e costellazioni familiari, Bernie Sanders e tarocchi… tutto questo può coesistere, e soprattutto può essere instagrammabile.
I guardiani del bene presunto