La gallery
Volti da Quirinale. Una mostra fotografica racconta i 12 presidenti
Da De Nicola a Mattarella, Carlo e Maurizio Riccardi hanno fotografato tutti gli inquilini del Colle nel corso di ogni tipo di occasione ufficiale. Ora espongono parte di quegli scatti e lasciano spazio sulla parete in attesa del prossimo capo dello Stato
Sergio Mattarella
Antonio Segni con John Fitzgerald Kennedy
Antonio Segni con Papa Paolo VI
Giovanni Leone
Sandro Pertini
Francesco Cossiga
Carlo Azeglio Ciampi
Carlo Azeglio Ciampi con George W. Bush
Giorgio Napolitano
Sergio Mattarella
Cinquanta scatti per dodici presidenti, in attesa del prossimo. A pochi passi da piazza Risorgimento, Spazio 5 ospita l’Archivio Riccardi per rendere omaggio agli inquilini del Quirinale dalla nascita della Repubblica ad oggi. La mostra fotografica s’intitola “Il Colle più alto” e ha aperto i battenti lo scorso 21 gennaio.
“Curare l’allestimento non è stato affatto semplice - spiega al Foglio Maurizio Riccardi, fotoreporter e direttore dell’Agrpress – perché, come vede, lo spazio è abbastanza ridotto”. O forse troppo vasto il numero di negativi negli schedari: “Ufficialmente tre milioni, ma forse addirittura cinque”.
La selezione, che documenta oltre 75 anni di vita italiana, rappresenta un patrimonio privato costruito a quattro mani. Oltre a tramandarsi il mestiere di generazione in generazione, il padre Carlo – compagno di avventure di paparazzi come Tazio Secchiaroli e Rino Barillari – e il figlio Maurizio hanno avuto modo di coprire gli eventi istituzionali al seguito dei capi di stato italiani quasi per intero, da Enrico De Nicola a Sergio Mattarella. Ciascuno osservato da vicino, nessuno simile all’altro: “Prenda Sandro Pertini: faceva la gioia di noi fotografi – ricorda – perché aveva l’abitudine di svicolare all’improvviso dal cerimoniale per cercare il contatto diretto con le persone comuni. E un altro presidente genuino e senza fronzoli era Carlo Azeglio Ciampi”.
Palazzo romano per eccellenza, il Quirinale vive da sempre in stretta simbiosi con la città di cui è parte. Basta osservarne la topografia per accorgersene: “Qui ogni parte politica ha un suo luogo di riferimento – le sedi dei partiti o certe piazze simbolo. Eppure, quando si parla di salire al Quirinale, un punto superiore e terzo, chiunque è chiamato a svestire i propri interessi”. Nel sentimento popolare, invece, gli italiani (e i romani) si sentono rassicurati dalle tradizioni – come il concerto del 2 giugno nei giardini, le mostre d’arte alle Scuderie, la stessa presenza di un corpo scelto a sua difesa, i corazzieri.
A dispetto dell’affezione, stupisce allora che il privilegio non sia ancora capitato a un cittadino dell’Urbe, tratto comune, forse l’unico, alle varie personalità che nel corso del tempo l’hanno abitato. Succederà nel 2022? “Intendiamoci, non dovrebbe essere un romano qualsiasi”. Chi, allora? “Se fosse dotato di competenza, esperienza e standing internazionale, beh, sarebbe anche l’ora”. E mentre Riccardi traccia un identikit che lascia ben poco all’immaginazione, alle sue spalle salta all’occhio, appesa alla parete, una cornice vuota. “Visto? L’abbiamo lasciata libera in attesa del prossimo”
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