Saverio ma giusto
Cara Omicron, perdonaci, siamo stati troppo duri con te
Sembrava l'Apocalisse, e invece era la variante imborghesita del virus: quella che ha trasformato il Covid da emergenza a commedia degli equivoci. Si è adattata al nostro stile di vita meglio di quanto noi ci siamo adattati a lei
Forse dovremmo tutti quanti delle pubbliche scuse alla variante Omicron. L’abbiamo accolta urlando di terrore, gridando all’Apocalisse, facendo profezie catastrofiche come tanti Savonarola, “non ne usciremo mai!” abbiamo frignato sconsolati; o nella migliore delle ipotesi abbiamo reagito con un muso da qui a lì che sembrava stessimo andando a un funerale, il nostro. Presi dal panico o semplicemente scontenti, abbiamo tutti quanti chiuso le porte in faccia a Omicron, eretto muri, annullato cene, voli e concerti, deciso di starcene a casa e non andare nemmeno più al cinema. Insomma abbiamo friendzonato Omicron – ma più che isolare il virus ci siamo isolati noi.
E invece, dati alla mano sempre più ufficiali e definitivi, a quanto pare Omicron è proprio la variante che stavamo aspettando: quella meno impegnativa, “più economica”, pret-à-porter. Si incuba velocemente, si negativizza in poco tempo, e nel frattempo non fa grossi danni: uno starnuto, qualche colpo di tosse, un po’ di mal di gola, al massimo due linee di febbre e poi via, fuori uno avanti un altro. Omicron è la variante senza il sintomo più drammatico: non l’insufficienza respiratoria, ma la perdita di gusto e olfatto – siamo in Italia, non possiamo rovinarci così pranzi, cene e degustazioni.
Omicron è la variante imborghesita del virus: quella che ha trasformato il Covid da emergenza sanitaria a dramma borghese o commedia degli equivoci (il contatto col positivo, la quarantena fiduciaria, la fila per il tampone, le Ffp2 vendute come fossero Swarovsky, il ritorno allo smartworking o alla Dad ma con le stesse mutande del 2020 ormai un po’ lise, l’Armageddon burocratico, la batteria del telefono che si scarica e lo smartphone che si spegne con tutto il green pass dentro), ma soprattutto è la variante che ha mollato – pure lei! – il motto “uno vale uno” e ha cominciato a fare serie distinzioni fra vaccinati e non – chi la chiama discriminazione, chi meritocrazia.
Omicron è la variante che persino i più prudenti dicono sancisca la fine della pandemia, e la transizione del Covid a malattia endemica. Insomma: il virus si è adattato a noi e al nostro stile di vita meglio di quanto noi ci siamo adattati a lui – del resto è dai tempi dell’università che siamo dei pessimi coinquilini, e come dimostrano le molte relazioni serie poi finite male non siamo mai migliorati nelle convivenze. Dunque scusaci Omicron: siamo un po’ prevenuti con i virus ultimamente, sai com’è. Le colpe dei padri non devono ricadere sui figli, né quelle dei ceppi originari sulle sue varianti; ma purtroppo un po’ di pregiudizio per chi ci fa tossire e di nome si chiama come una lettera greca ormai c’è, inutile negarlo. Cara Omicron, perdonaci: non siamo mai stati abili nell’integrazione nemmeno fra di noi, figurati con te che sei virale.
Ma non è troppo tardi – anzi, oserei dire che con il picco dei contagi ormai raggiunto, la curva in discesa e le vaccinazioni che procedono spedite, per una volta siamo puntuali: direi che è giunto il momento di pensare a una festa! Un “Omicron party”, non nel senso del contagio ma nel senso del tributo. Riapriamo una discoteca apposta, e festeggiamo; obbligo di super green pass, quello sì certo (quanto è bello sfoggiarlo, è l’ultimo status symbol!), ma una volta dentro rogo di mascherine, spiedini di carne, gamberi o verdure con lo stecco dei tamponi, e tuffi in piscine di gel igienizzante dove faremo il bagno tutti nudi. Al pianoforte Antonello Venditti, che canterà “Grazie Omicron, che ci fai piangere abbracciati ancora / Grazie Omicron, che ci fai vivere e sentire ancora”.
generazione ansiosa