Al tavolo di Putin, che insieme con l'occidente sfida ogni senso della misura
Storia e critica dell’ala del Cremlino che ha ospitato il bilaterale tra il presidente russo e Macron. E già diventata meme
Dopo il lettone di Putin, il presidente di tutte le Russie torna protagonista del design contemporaneo grazie al tavolone ellittico dove ha accolto il presidente francese Emmanuel Macron. Candido, ovale, con tre enormi sostegni tondi contornati a loro volta da una serie di colonnine dai capitelli dorati e dalle basi nere, il tavolone è uno sfoggio di gusto neo-kitsch in linea con i cataloghi paralleli che i nostri mobilieri e cucinieri brianzoli, veneti e marchigiani tengono nel cassetto al Salone del Mobile milanese, per tirarli fuori all’occorrenza quando passa un oligarca del Volga.
Non è la prima volta che Putin riceve ospiti illustri a quel tavolo da Grande dittatore, nel senso del film, ma evidentemente i venti di guerra sull’Ucraina hanno destato più attenzione con relativo e inarrestabile florilegio di meme sui social. Ecco allora spuntare i megafoni per parlarsi, una rete da badminton intermedia e giù battute del tipo “scusa, mi lanceresti il sale” oppure “c’è più spazio fra Putin e Macron che fra le truppe russe e quelle ucraine”. Va detto che l’ala del Cremlino dove è avvenuto il pranzo – durato ben cinque ore, a base di renna con contorno di patate dolci e more – è quella del Senato sormontata da una grande cupola già usata dalla propaganda sovietica perché ben visibile dalla Piazza Rossa. Progettata dall’architetto neoclassico Matvey Kazakov alla fine del 700, il salone per molto tempo ha rappresentato il tempio della giustizia tanto che c’era una grande statua che la simboleggiava – per ironia della sorte distrutta nel 1812 dalle truppe dell’invasione napoleonica.
Dagli anni Novanta invece è usata come sala di rappresentanza della presidenza e per questo è stata rifatta ex novo, distruggendo tutti gli arredi originali di Kazakov sopravvissuti, tanto che Alexei Komech, ex direttore dell’Istituto di Storia dell’arte di Mosca, quando ha visitato la sala spoglia prima del rifacimento ha paragonato la sua desolazione a quella di Berlino nel 1946. Ecco come si spiega quell’aria generale da gigantismo Casamonica, quelle tende di raso dal bordo dorato, il tappeto ovale bianco, il parquet a grandi medaglioni, le paraste bianche da palazzo dei vampiri – non mancano in rete le speculazioni su Putin in materia e in effetti anche il tavolo di Barnaba Collins in Dark Shadows di Tim Burton era enorme.
Certo la forma ovale non è un caso, non solo e non tanto per il celebre studio ovale nella West Wing della Casa Bianca – ricostruito da Franklin D. Roosvelt dopo un incendio nel 1934 e modellato come l’altra sala ovale al primo piano, la Yellow Oval Room (visibile attraverso le colonne della facciata sud), che a sua volta era stata copiata dal progenitore di tutta l’architettura neoclassica americana, inglese, francese o russa che sia: il vicentino Andrea Palladio, autore de I quattro libri dell’architettura (1570), best-seller internazionale usato come un manuale fino al 900 inoltrato. Il tavolo di Putin è anche rivelatore in particolare dell’antimodernismo russo che per rifiutare l’occidente rifiuta anzitutto il senso della misura.
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