Il presidente Sergio Mattarella con il Capo di Stato di Slovenia Borut Pahor, a Bosavizza nel 2021 (Foto: Ansa)

cosa pensano gli italiani

Commemorare le vittime delle Foibe, andando oltre le divisioni

Un sondaggio di Swg attesta come oggi l'85 per cento dei cittadini conosca il tema. Tre italiani su quattro sono favorevoli all'istutizione del Giorno del Ricordo, anche se il 60 per cento vede ancora troppa strumentalizzazione politica

A diciotto anni dalla sua istituzione, il Giorno del Ricordo è entrato a pieno titolo nella coscienza storica degli italiani. A dirlo sono i numeri di un recente sondaggio dell'istituto di ricerche Swg realizzato per il Piccolo su un campione selezionato di 800 intervistati, che ha testato il grado di informazione e il giudizio dei cittadini riguardo al tema delle Foibe e del successivo dramma dell'esodo giuliano-dalmata, avvenuto all'indomani della Seconda guerra mondiale.

   

Ne esce un quadro molto positivo che attesta come l'85 per cento degli intervistati abbia almeno una conoscenza di base dell'argomento, sintomo di come l'opera di sensibilizzazione delle scuole e delle istituzioni abbia contribuito a ridare luce a una pagina di storia che per molti anni è stata relegata ai margini. Solo il 15 per cento dichiara di non conoscere l'argomento mentre un residuo 2 per cento considera inventato l'eccidio ai danni di militari e civili italiani perpetuato da parte dei partigiani guidati dal generale Tito.

  

Se sulla constatazione degli avvenimenti storici ci sono pochi dubbi, più divisivo nel corso degli anni è stato il tema riguardante l'opportunità politica di commemorare i morti delle Foibe attraverso una giornata appositamente dedicata. Il sondaggio Swg si concentra anche su questo aspetto, rilevando come il 75 per cento degli intervistati ritenga “giusto” o “necessario” l'istituzione del Giorno del Ricordo, di questi il 52 per cento sostiene che non se ne parli ancora abbastanza.

  

Interessante come l'interpretazione storica vari a seconda dell'appartenenza politica: una fetta consistente degli elettori di sinistra inquadra la tragedia come una vendetta della popolazione slovena e croata contro gli occupanti nazifascisti che per anni avevano instaurato un regime repressivo in quei territori (30 per cento ) mentre a destra viene soprattutto definito come un episodio di pulizia etnica in cui le vittime erano esclusivamente italiane (38 per cento).

    

Ciò nonostante, oltre il 60 per cento degli intervistati riconosce come tutti gli attori coinvolti nella vicenda debbano ammettere la propria parte di colpe dentro un contesto molto articolato e rigetta l'uso strumentale che viene fatto da varie parti politiche. Una visione che tiene insieme la complessità dei fatti storici che hanno segnato per anni i rapporti tra l'Italia e i paesi balcanici, al punto che si è dovuto aspettare il 2019 affinché un capo di stato di uno dei paesi dell'ex Jugoslavia rendesse omaggio alle vittime italiane della dittatura di Tito.

    

A farlo fu il presidente sloveno Borut Pahor, che ha replicato la visita anche l'anno successivo tenendosi simbolicamente per mano con Sergio Mattarella davanti alla Foiba di Basovizza, dove morirono almeno duemila italiani nel 1945, e visitando il monumento che ricorda l’uccisione di quattro sloveni, fucilati dai fascisti nel 1930.

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