FACCE DISPARI

Silvio Mantelli, il sacerdote che fa le magie per divertire i bambini

"Don Bosco diceva ai salesiani: dovete amare quel che amano loro, la musica, il teatro, lo sport. Ho seguito l'esempio"

Francesco Palmieri

Cosa succede se un ragazzo che da grande vuol fare il mago viene raggiunto dalla vocazione religiosa? Silvio Mantelli, per non rinunciare alla passione né alla chiamata, vestì l’abito dei Salesiani e seguì l’esempio del fondatore san Giovanni Bosco, che aveva studiato da giocoliere per evangelizzare i giovani. Divenuto celebre col nome d’arte di Mago Sales, don Silvio ha intrattenuto migliaia di bambini in giro per il mondo facendo sorridere anche quelli i cui occhi erano pieni di orrori. Alla soglia dei settantotto anni ha appena tenuto cinque spettacoli nelle parrocchie romane, per raccogliere con la sua Fondazione i soldi destinati a vari progetti umanitari cui sono devoluti anche i ricavi del Museo della Magia: il più grande d’Europa, allestito a Cherasco in provincia di Cuneo poco distante da Novello, il paese delle Langhe dove il Mago Sales nacque nel maggio ’44.

Silvan ha scritto di lui che “possiede il dono di irradiare qualcosa di indescrivibile, assieme a un sentore di religiosa santità”, e che “è un vulcano sempre in eruzione, votato al dovere di far del bene e rendersi utile”.

 

La tonaca e il cilindro: le piacerebbe come titolo della sua biografia?

È l’ispirazione di Don Bosco: aveva constatato che la gente era più interessata agli spettacoli dei ciarlatani che alle prediche dei preti. Allora imparò a camminare sulla corda e apprese i giochi di prestigio, perché se divertiva i ragazzi riusciva anche a farli pregare. Diceva ai salesiani: dovete amare quel che amano loro, la musica, il teatro, lo sport. Ho seguito l’esempio.

 

Con le missioni salesiane lei è stato in decine di Paesi per i suoi spettacoli. Quali ricordi le restano più impressi?

Penso di aver fatto due volte il giro della Terra cercando di regalare gioia ai bambini e ricevendo la benevolenza degli adulti, persino nei luoghi più devastati. Il demonio ha paura della gente allegra: Mike Bongiorno rubò a Don Bosco lo slogan ‘Allegria!’ Tra i ricordi più toccanti la Cambogia dove andai subito dopo gli orrori di Pol Pot, quando era ancora vivo e rifugiato al confine con la Thailandia. I bambini erano tristi e forse non avevano mai riso in vita loro. Alla fine ridevano tutti tranne una, che restò in un angolo. Chissà a quale esperienza era sopravvissuta.

 

Tra i suoi progetti il ‘Disarmo dei bambini’: una bacchetta magica in cambio di un’arma giocattolo.

Per gli ex bambini soldato. Li visitai in un campo profughi dell’Uganda alla frontiera col Sudan. In Africa per divertirli devi fare un po’ il cretino: trovano esilarante vedere un bianco che inciampa, sbaglia i giochi, si dà la bacchetta in testa. Ricordo la Somalia, un piccolo istituto dov’erano rimaste solo tre suore austriache: arrivai su un pick-up con la scorta armata. Tenni spettacolo nel cortiletto poi celebrai messa. Le suore mi dissero: chissà quando ne sentiremo un’altra… I sacerdoti se n’erano andati tutti.

 

Quanti spettacoli ha tenuto in carriera?

Sono arrivato a duecentocinquanta all’anno e non mi sono mai annoiato. Auguro a tutti una vita come la mia. Guai a piangerci addosso. Gli adulti possono fare di più per i ragazzi con un po’ di evangelica dissennatezza. Vuol dire uscire dalla scatola, dalla logica normale del profitto e dal conformismo. Chi resta a guardare non crea nulla e non genera felicità.

 

Cosa farà per l’Ucraina?

Una serata con il mago Forest e Arturo Brachetti da Eataly a Torino, grazie alla disponibilità di Farinetti che già si prestò per una raccolta fondi all’epoca del terremoto di Haiti. E chiederò che l’8 marzo, festa della donna, i ristoranti devolvano una piccola percentuale di incassi a favore dell’Ucraina.

 

Brachetti è stato suo allievo.

Conobbi Arturo quattordicenne. Finita la terza media voleva farsi prete. Timidissimo come ero anch’io all’età sua, ma aveva già un lume dentro. Ho dovuto insegnargli ben poco.

 

Ha suscitato più vocazioni per il sacerdozio o per la magia?

Direi per la magia. Andrea Paris per esempio: soffriva di una forte depressione dopo la morte di un amico in un incidente e non usciva quasi più. Un giorno andai a Foligno per uno spettacolo in parrocchia e lui venne a vedermi. Si entusiasmò più per il pubblico che si rallegrava che per i giochi. E rifiorì.

 

Qual è il numero che ama di più?

Mi piace il gioco dell’orologio: te lo fai consegnare da uno spettatore e lo rompi a martellate, poi glielo fai ritrovare integro in una scatola sigillata col lucchetto. Era un numero di Don Bosco: lui l’orologio lo lasciava ritrovare dentro una pagnotta. Era un uomo furbissimo. Non amava essere fotografato in piedi perché era molto basso, perciò negli scatti con gli altri si metteva seduto.

 

Ma è vero che la sua biblioteca di magia è la più importante d’Europa?

Quella del mio amico Silvan, che sono andato a trovare proprio ieri, conta ben cinquemila volumi sull’argomento. Io ne ho ventimila.

 

Dove le piacerebbe di più fare uno spettacolo?

In Paradiso. Per divertire i bambini che qui non sono riuscito a incontrare. Voglio che nella mia cassa mettano una bacchetta magica.

 

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