successo british
Ahinoi, l'Inghilterra chiusa di BoJo non ha nulla da invidiare all'Italia
Spettacolo, arte e scienza. Nonostante la Brexit, la Gran Bretagna continua a essere più cosmopolita e rigogliosa della nostra terra
Nel 1986, anno in cui “West End Girls” dei Pet Shop Boys scalava le classifiche, dall’altra parte dell’oceano il presidente dell’Impero (Ronald Reagan) disse: “Le nove parole più spaventose della lingua inglese sono: ‘Salve, rappresento il governo e sono qui per aiutarvi’”. Sono passati 36 anni e gli abitanti della terra che separa il lago di Ginevra dalla Libia – l’Italia – continuano a baciare con devozione la mano santa dello stato, l’artiglio tricolore al quale chiedono di regolare il prezzo delle galline e decidere quali cose proibire in televisione, tra cui le zinne, per evitare il collasso della società civile.
Intorno al 2001 ho scoperto di essere italiano grazie a un’agenzia che stava svolgendo il proprio compito. Quest’Agenzia, che si chiama “delle Entrate”, non rappresenta fotomodelle né fotografi, ma annualmente ci ricorda di essere italiani. Nonostante il patriottismo che devo dichiarare, sempre per motivi fiscali, ho difficoltà a trovare un paese più imbalsamato del nostro.
Sono nato nel 1977, anno in cui Marc Bolan morì in un incidente d’auto a Londra. Sempre nella stessa città, oggi ci vive un signore molto meno lucido che è al volante di tutto il Regno Unito e che ha causato incidenti eclatanti come Brexit, di cui hanno parlato le migliori dentature del giornalismo televisivo, eppure la Gran Bretagna continua a essere più cosmopolita e rigogliosa della nostra terra. Ne è prova sfolgorante Big Narstie, un trentaseienne di origini giamaicane che si è addestrato tra il cemento del grime per poi cavalcare fuori dalla nebbia e conquistare la televisione britannica. Vorrei precisare ai giovani seminaristi che, nonostante i suoi oltre 120 chili e un’infanzia tra le gang di Brixton, Big Narstie non è un caso umano piazzato davanti a una telecamera per farci riflettere sulle periferie disagiate. Narstie è un presentatore divertente, sagace e con una visione attuale della musica che parte dalla Giamaica, passa per l’Impero anglofono e arriva nell’Africa subsahariana. Nel suo talk-show per Channel 4, “The Big Narstie Show”, tiene testa non solo ai menestrelli e singjay più scaltri della musica internazionale, ma anche a veterane carogne dell’intrattenimento televisivo inglese come Stephen Fry e Jonathan Ross.
Avete mai visto i pastori laziali che, come in un dipinto di Caravaggio, portano le loro pecorelle a brucare sulle rovine del cinema romano? La stessa sorte spetta alla Gallia della cultura finanziata dallo stato, infatti “Cahiers du cinéma” non è più testo sacro per le tribù cinefile. I druidi del British film institute, invece, hanno molto più respiro e il loro almanacco mensile, “Sight & Sound”, è sempre più influente.
Quindi anche nel Regno Unito post Brexit i contadini hanno più occasioni per festeggiare il raccolto che qui da noi. Il segreto del loro successo non è nei sandwich al cetriolo, come ho sempre pensato, ma nel fatto che Westminster non ama mettere bocca nella comunicazione, nella scienza e, in generale, in tutte quelle cose di cui le streghe capiscono poco o niente, figuriamoci i politici. Ecco perché in quell’isola, nonostante le sbandate sovraniste del governo, si riesce ancora a dare spazio a voci nuove, nello spettacolo, nell’arte e nella ricerca. Potrebbe quindi non essere merito delle pietre di Stonehenge se la struttura del Dna è stata scoperta da James Watson e Francis Crick a Cambridge e non nelle grotte dell’università di Macerata.
Mentre i poveri prigionieri del feudo italico saltellano felici perché il Festival di Sanremo riesce finalmente a sfornare dei pezzi che forse arriveranno all’Eurovision, il Vestfalia della musica scarsa, nella tv britannica Big Narstie parla di musica che non sentiremo passare sulle nostre radio, nonostante condividiamo lo stesso pianeta. Non solo: pubblicizza gli ultimi modelli di smartphone e partecipa a “The Great British Bake Off”. Nel nostro paese una simile libertà di movimento è concessa solo ai chierichetti che si spogliano dall’abito talare e fanno vedere i pettorali.
Morale? L’Inghilterra chiusa di BoJo non ha nulla da invidiare all’Italia di Mattarella.