Saverio ma giusto
Nelle molotov ci mettiamo al massimo il vino della casa
Non succede, ma se succede. La necessità di dover mettere in piedi una Resistenza capiterà anche a noi? Non potrà essere legittima difesa “fai da te”, con i cittadini pistoleri come nel Far West o in un comune amministrato dalla Lega
Ora che, in linea con molti altri paesi, l’Italia si appresta ad aumentare le proprie spese militari al 2 per cento del pil, la domanda è: ma noi cittadini, nel nostro piccolo, quanto destiniamo del nostro bilancio domestico alla difesa? Dico sul serio: visto e considerato il clima, armarsi non è più un tabù. Qui non si tratta di legittima difesa “fai da te”, con i cittadini pistoleri come nel Far West o in un comune amministrato dalla Lega; qui si tratta di un’eventuale Resistenza – che, come stiamo vedendo, non è più una bandierina retorica da sventolare ogni 25 aprile, ma un concetto che all’atto pratico risulta ben più trasversale, sia nelle adesioni che nei distinguo. Il mio non è allarmismo; è ansia anticipatoria. Non succede, ma se succede meglio essere pronti a respingere il nemico e a difenderci anche noi. D’accordo che siamo un paese Nato, per giunta con in dotazione il generale Figliuolo; ma per respingere eventuali invasori la guerriglia popolare è determinante e necessaria.
Dunque approfitto di questo spazio per condividere con voi la ricetta della perfetta bomba molotov, un classico dell’armamentario casareccio, ma in una versione da me rivista e corretta. Partiamo dalla bottiglia: l’originale la prevede in vetro, ma se volete davvero fare male al vostro obiettivo adottate una bottiglia di plastica. Se lanciata con vigore, all’impatto la bottiglia si romperà comunque; ma a differenza del vetro, la plastica inquinerà il vostro nemico per sempre non essendo né compostabile né biodegradabile (scusaci Greta, ma à la guerre comme à la guerre; inoltre staremmo combattendo anche per te, per quei valori che ti consentono di andare in giro a dire bla bla bla contro il bla bla bla). Dentro alla molotov, al posto della benzina (cara vi costerebbe: dovete abbattere l’invasore, mica i vostri risparmi di una vita!), come liquido infiammabile suggerisco di usare il “vino della casa” o delle cantine sociali (è imbevibile, ma prende fuoco già solo a esporlo al sole); oppure tutta quell’amuchina che abbiamo acquistato a barili all’inizio della pandemia e adesso non sappiamo più come impiegare – io la uso per friggere al posto dell’olio di semi, ma se serve sacrifico le mie scorte per la patria. E se siete pacifisti, potete comunque rivendicarlo usando una bandiera arcobaleno come miccia.
Altra arma impropria ma efficacissima nella guerra dal basso è il torrone: da sempre immangiabile, è un oggetto contundente che non ha eguali nel corpo-a-corpo; se poi avanzato dal Natale prima o da quello prima ancora, quindi ancora più duro, è un’arma letale sui denti come sulle giunture. In caso di guerra chimica invece, molta verdura lessata come broccoli o bieta sono un’arma infallibile. Immagino inoltre di non essere il solo ad abitare in un palazzo dove al venerdì c’è qualche anziano che cucina (male) il pesce, impestando tutta la tromba delle scale con vapori tossici così perniciosi da eludere persino le maschere antigas più sofisticate, costringendo qualunque invasore (o inquilino) alla fuga. Non da ultimo, le case dei vecchi sono piene di soprammobili, sopratutto orrende bomboniere risalenti a qualche infausto matrimonio nel centro o sud Italia; in caso di guerriglia sono ottime munizioni, in grado di ferire anche solo alla vista – di solito sono di una bruttezza che acceca. Ovviamente, nella personale Cassetta della Pronta Resistenza di cui ciascuno di noi farebbe bene a dotarsi in casa propria, non può mancare anche una bandiera bianca: a mali estremi, estremi rimedi.