Saverio ma giusto
Il circo è l'essenza del talk-show
Lo spettacolo è quello dei mangiatori di spade, con le opinioni al posto delle lame. Alcuni si fanno male, provocandosi lesioni gravi alla reputazione; altri riescono nell’impresa ma una volta sfilate le pericolosissime tesi dalla bocca, eccoli trasformarsi in lanciatori di coltelli
In principio era il circo equestre: numeri aerei, acrobazie ed equilibrismi, giocoleria, clown, animali addestrati, esibizioni pericolose e fenomeni da baraccone. Nel corso del tempo però questo modello di spettacolo è andato in crisi: le controversie sullo sfruttamento degli animali, i numerosi incidenti per gli acrobati, la dura vita del circense, la body positivity per la donna barbuta… Per non parlare degli alti costi di gestioni e della pigrizia del pubblico che vuole restare sul divano – mica sotto un tendone! – con tutto a portata di schermo. Oggi il circo, quel circo, non esiste più. Però quel gusto – quello di vedere un animale saltare dentro un cerchio di fuoco, ridere di un clown che finisce con il piede in un secchio colmo d’acqua, palpitare per un domatore che infila la propria testa nella bocca di un leone, trattenere il respiro per un acrobata che cammina in equilibrio su una fune sospesa nel vuoto nell’inconfessabile speranza che cada – quel gusto è rimasto, ancestrale, recondito, inconscio. E si è incanalato nel talk-show televisivo.
Il talk-show è, appunto, un circo: ci sta l’intellettuale feroce addestrato per ruggire e fare acrobazie verbali; il filosofo equilibrista che volteggia su tesi pericolosissime sospese nel vuoto pneumatico; il decano del giornalismo truccato da clown; l’artista che fa il giocoliere con le opinioni (peccato che puntualmente gli caschino tutte per terra); ogni tanto qualche attrazione esotica tipo un ministro degli Esteri russo. E poi il freak contemporaneo: l’opinionista o esperto, detto anche “l’ego cannone”, che per la gioia di grandi e piccini apre bocca e le dà fiato, e il cui numero consiste nello spararla sempre più grossa fino al parossismo – di solito, quando tira fuori Hitler o l’Olocausto, rullo di tamburi: l’esperto si cimenterà nel pericolosissimo numero del negazionismo o revisionismo acrobatico. Su tutti domina il giornalista imbonitore, che al grido di “venghino signori venghino!” attira pubblico nel suo tendone promettendo dibattiti greco-romani nel fango.
In un certo senso, il talk-show altro non è che lo spettacolo dei mangiatori di spade, con le opinioni al posto delle lame. Alcuni si fanno malissimo, provocandosi lesioni gravi alla reputazione; altri, più abili o semplicemente più fortunati, riescono nell’impresa ma a quel punto, una volta sfilate le pericolosissime tesi dalla bocca, eccoli trasformarsi da mangiatori di spade a lanciatori di coltelli, e scagliarci addosso le proprie opinioni – per giunta coperte di bava – nel tentativo di dimostrare di avere anche un’ottima mira. Puntualmente, almeno una di queste opinioni becca in pieno qualcun altro; e attorno al circo del talk si attivano altri circhi, circhi concentrici. Il talk-show è sempre stato così: per le elezioni, per la pandemia. Scandalizzarsi ora, per la guerra, forse è un po’ ipocrita, sicuramente un po’ tardi. Cambiare si può, purché si rispetti la natura del talk-show: che è quella televisiva, priva di ogni altra deontologia che non sia lo spettacolo nel senso più grandguignolesco.
Propongo pertanto di trasformare i talk-show in quiz. Titolo: “I Soliti Noti”. Otto ospiti (Orsini, Di Cesare, Montanari, Corona, Cacciari… vabbè, i soliti noti appunto) tutti zitti, mentre un concorrente deve indovinare la loro opinione. Troppo facile? C’è anche l’opinionista misterioso, esperto in non si sa cosa: devi indovinare cosa pensa semplicemente guardandolo in faccia. Totale libertà di opinione, ciascuno la pensa come vuole; ma non parla nessuno. E si vincono pure dei soldi. Va già meglio, no?
generazione ansiosa