Fuga da Milano, capitale di single e coppie di fatto
Tre segnali negativi per la città di Milano: meno nascite, saldo negativo dei residenti, perdita di abitanti. La popolazione milanese accusa un arretramento quantitativo e un calo di vitalità che sarebbe colpevole sottovalutare
Intendiamoci, sono soltanto segnali. I primi da anni e anni. Non così marcati, peraltro. Ma siccome sono parecchi e sincronici potrebbero rappresentare spie – e chi scrive è così che li interpreta – che qualcosa potrebbe incepparsi – se già non si è inceppato – in quel meccanismo che sembrava così ben strutturato e oliato, demograficamente parlando, ch’è la città di Milano. I segnali, dunque. L’ultimo in ordine di tempo è il calo delle nascite nel primo trimestre del 2022 rispetto al primo trimestre del 2021: con 3.928 nascite nel 2022 contro le 4.136 del 2021, Milano perde 208 nascite, pari a poco più del 5 per cento rispetto a quelle del primo trimestre del 2021. In Italia il calo è stato del 4 per cento ma, ed ecco il segnale, al nord è stato dell’1,9 per cento mentre nel resto del paese si è attestato a un ben più consistente, e preoccupante, 5,5 per cento. Milano dunque ha un calo delle nascite che si allontana da quello del nord, avvicinandosi fino a eguagliare quello del centro-sud.
Non tarderanno ancora per molto i dati definitivi del bilancio demografico del 2021, ma già nel 2020 è successa a Milano una cosa che non si vedeva da una decina d’anni, e che sembrava ormai scongiurata: quella di una bilancia dei trasferimenti di residenza da e verso l’interno del paese che è tornata a virare in senso negativo: più trasferimenti in uscita da Milano che trasferimenti in entrata in Milano. Ancora una volta niente di catastrofico, la differenza in meno sfiora senza raggiungerle le 3 mila persone; 3 mila abitanti in meno in un anno dovuti a un flusso di milanesi che se ne vanno più intenso di quelli nuovi che vi stabiliscono la residenza. Il fatto puro e semplice è che la capacità attrattiva della città, che sembrava consolidatissima, e che non temeva confronti rispetto a quella delle altre città, s’è di colpo arrestata. Riprenderà? Possibile. Ma intanto questo è il secondo segnale.
Né basta. Perché Milano, dopo una cavalcata quasi ventennale che da meno di 1,25 milioni di abitanti l’aveva riportata sopra 1,4 milioni di abitanti, con un guadagno complessivo di ben 160 mila abitanti, di abitanti ne perde in un colpo solo ben 32 mila nel 2020. Si dirà: nel quadro della contrazione più generale della popolazione italiana. Vero. Ma il punto è un altro. Milano aveva fin qui resistito alla marcia del gambero della popolazione italiana, ponendosi addirittura in posizione di capofila, data anche la sua importanza in tutti i campi del vivere socio-culturale ed economico-produttivo, di quelle – poche – grandi e medio-grandi città che navigano – o navigavano, come appunto Milano – in controtendenza.
E qui siamo, come si vede, già al terzo segnale.
Cosa succede dunque a Milano? E, soprattutto, perché? Quel che succede sono proprio i segnali, a dircelo: la popolazione milanese accusa un arretramento quantitativo e un calo di vitalità che sarebbe colpevole sottovalutare. Il perché non promette niente di buono, nel senso che potrebbe preludere a ulteriori e ancor più sostanziosi cedimenti. Non è detto che sia così, ma potrebbe esserlo. Il fatto è che sulla demografia milanese, che si è retta ben più sugli apporti dall’esterno (ancora ben saldamente positivo è il saldo migratorio con l’estero, ma per quanto ancora sarà capace di compensare lo scompenso tra nascite e morti?) che non sulle sue proprie forze, potrebbe scendere il gelo di una struttura della popolazione secondo lo stato civile assai critica per non dire del tutto inadeguata anche soltanto per nutrire l’ambizione di rimpolpare l’asfittico contingente annuo delle nascite.
Milano ha accumulato nel tempo single su single, ha una proporzione di coniugati nella popolazione che è la più bassa d’Italia, quasi nessuno più si sposa in questa città, in chiesa meno che mai, e quando lo fa è perché dal punto di vista riproduttivo è all’ultima spiaggia o di poco al di qua. Milano è la capitale delle coppie di fatto non conviventi: relazioni al minimo possibile della responsabilità e che cullano assai poco, o per niente, la prospettiva e la possibilità dei figli.
Tutto questo, intendiamoci, ha portato anche benefici alla città. La libertà, o comunque il continuo allontanamento nel tempo da relazioni di coppia consolidate e magari ufficializzate col matrimonio ha consentito l’espressione di un individualismo nient’affatto negativo per la città sotto molti aspetti. Ma è ora di una riflessione di lunga gittata, perché il rischio di uno squilibrio esiziale tra individualismo esasperato e futuro della città è forte. E il solo spontaneismo, per quanto vivo e vivace, potrebbe avviarla alla decadenza, se non accompagnato e corretto dalla politica e dall’amministrazione cittadine.