Foto di Jason Ortego, via Unsplash 

sobrietà

La Gen Z senza Amore ripudia anche Bacco e l'alcol è robaccia da vecchi

Ginevra Leganza

Contro il vertiginoso calo dei consumi che angoscia il fisco, il Giappone promuove l'operazione "Sake Viva" che dovrebbe riavvicinare i giovani a bere, ma loro non vogliono

Se Amore piange, Bacco non ride. Se senza l’eros ti estingui, da sobrio sopravvivi (e ci mancherebbe). A maggior ragione se sei teenager e dunque un po’ carente di enzimi. Ma “Se manca il sake, / velata / è la bellezza dei ciliegi in fiore”. Diceva così un popolarissimo haiku. Ed è proprio il sake al centro di un progetto sostenuto dal governo nipponico. La bevanda nazionale distillata dal riso fermentato. Quella che molti italiani hanno conosciuto sub specie brodaglia in qualche “all you can eat” di provincia.

 

Ora, l’Agenzia delle entrate giapponese intende arrestare il vertiginoso calo dei consumi di alcol che angoscia il fisco. Così, sino ai primi di settembre, promuove l’operazione “Sake Viva”. Immaginate il Sol Levante. Coi giovani che non son tanti ma son tanto nerd. Pensate pure al fenomeno dell’hikikomori, che in giapponese vuol dire “starsene in disparte” (in sintesi: il romitaggio con PlayStation dei rifugiati in cameretta. Dei mondanofobici, autodetenuti per lunghi periodi. A volte anche anni). Ecco dunque che i ragazzetti, già malconci, si risvegliano all’indomani della pandemia come reperti fossili. Estremamente asociali, dannatamente asessuati. Altro che ciliegi in fiore. 

 

Ma l’attitudine agamico-astemia non è esclusiva estremo-orientale. “Negli ultimi due anni le volte in cui ho bevuto di più sono state in lockdown, alle cene (legali), con il gruppo di miei super amici ultracinquantenni”. Comincia così l’articolo comparso qualche giorno fa sul Guardian a firma di Maddie Thomas, la ventenne che s’impunta: “Sono una Gen Z ma non incasellatemi”. Tutti i suoi amici, dice, sono smanettoni dell’Internet. Perché sotto sotto l’alcol è il punzone delle bestie di Satana. La bevanda sacra di quelli che hanno rovinato il mondo: gli adulti. Ed ecco che il beone è chi appartiene a una generazione irresponsabile, dissoluta. E poi perché inabissarsi in un Gin se c’è Zoom? Così ragionano gli amici inglesi di Maddie Thomas.

 

E, a proposito di Zoom, neppure sorprende che le ricerche sull’etologia erotica scrivano di una “recessione sessuale”. In “Archives of Sexual Behavior” si parla di un tracollo di copule nell’ultimo decennio. Ma in calo è anche l’autoerotismo. Insomma, la Gen Z non usa troppo le mani per spacconeggiare coi cocktail in posa. Né per dilettarsi laggiù, nel delta di Venere. Le impegna piuttosto fra videogiochi, smartphone, pc… Del resto il piacere è soggettivo. Adesso anche generazionale.
L’Italia, nel consumo di alcol, è messa un po’ meglio. O forse è solo più lenta. Vuoi per il residuo mito di Enotria, vuoi perché qui tutto arriva in ritardo.

 

Anche le irresistibili mode dei bigotti sbarbati. Se i giovani inglesi e tedeschi pensano alla salute, qui da noi si beve presto e con zero criterio… Ma torniamo ai pionieri del mondo nuovo. Ai puritani, idealisti. Idealisti, sì, perché proprio Platone scriveva che bere prima dei diciott’anni non si può (mai “aggiungere fuoco al fuoco”); a trent’anni va bene ma con moderazione; e solo a quaranta ci si può abbandonare al sacro rito di Dioniso. Se oggi l’efebo Gen Z segue inconsapevole il consiglio del Filosofo, è difficile pensare che lo farà pure a quarant’anni. Tornando gaudente, invecchiando festante. Tutto lascia pensare che non diventerà bacchico… Resterà sempre un bacchettone. E per adesso è chiaro che se i quaranta sono i nuovi venti, così come si dice, allora i vent’anni sono i nuovi ottanta. 

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