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il commento

Il caso Totti, ovvero lo slittamento dall'amore all'infedeltà

Annalena Benini

Con l'intervista al Corriere, lui ha screditato la donna che ha amato e che lo ha amato. A leggerla viene voglia di promettersi di non umiliarsi mai così, qualunque cosa accada 

La scorsa domenica pomeriggio verso l’ora della malinconia, quella che precede il tramonto e annuncia il lunedì, non esisteva più nessuno nel paese che non avesse letto l’intervista di Francesco Totti. Forse in effetti qualche ignaro su Marte era rimasto, o qualcuno così pazzo da dire: quale intervista?, ma solo per lo snobismo di spiegarci che i pazzi siamo noi, che ci appassioniamo alle vite private di un ex calciatore e di una showgirl interrompendo così la rilettura di Proust. Il fatto è però che Proust avrebbe certamente sfondato la vetrinetta dell’edicola ancora chiusa per comprare il Corriere della Sera, o avrebbe costretto Aldo Cazzullo ad andare in carrozza a leggergli l’intervista a voce alta e avrebbe telefonato a tutti gli amici per commentare la complessità del reale e per criticare, spero, il gesto di un uomo che prima era un mito e adesso che cos’è? Resta poco di lui, etero basico affezionato ai suoi Rolex. Totti ha screditato, fin nei più miseri dettagli, la donna che ha amato e che lo ha amato, obbedendo agli avvocati che pretendono di trasformarlo in una vittima (l’addio alla Roma, i messaggini di Ilary, il padre, il Covid, epopea di un povero quarantaseienne fragile e padre di tre figli), non è più un dio, né un ex dio, non è più ironico, tranne quando dice che Ilary non ha mai capito molto di calcio e che a sua madre non sarebbe andata bene neanche la Madonna come nuora. 

Totti si è rimpicciolito con le sue mani ma ci ha offerto lo spettacolo di cui non possiamo fare a meno: l’eterno slittamento dall’amore all’infedeltà. 


Qualunque cosa succeda tra due persone, qualunque amore o disamore si portino addosso, qualunque fenomenale distanza, colpo basso, grave mancanza, assenza o semplicemente esaurimento, fine, sconfitta del tempo che passa, indifferenza, qualunque verità su quello che è stato crolla (e viene superata) dai tradimenti. Lei si sarebbe buttata nel fuoco per lui, ma poi l’ha tradito (probabilmente con uno della Lazio, e qui si sfiora la tragedia greca). Lui le ha dedicato tutte le sue grandi imprese, ma poi chissà che ha combinato con l’altra e quando, quindi ora grida: mi ha tradito prima lei!.  


Guia Soncini ha scritto nel suo libro “I mariti delle altre” (da poco ripubblicato, aggiornato, da Marsilio) che non ci si lascia mai per le corna ma per il prosciutto dimenticato fuori dal frigo o perché non hai comprato abbastanza limoni, e soprattutto ci si lascia “per le ambizioni non compatibili”. Ci si lascia, scrive Soncini citando Ivano Fossati, perché “l’amore dura quel che deve durare”. Ma  l’interesse, la curiosità, il romanzo dell’esistente si concentrano sui tradimenti e sulle loro modalità e non sul prosciutto e sui limoni, più o meno da Ulisse in avanti.  


Ilary Blasi ha detto: ho scoperto cose che potrebbero rovinare cinquanta famiglie, e noi ovviamente pensiamo: sta parlando di altri tradimenti, e per questo speriamo che parli, aspettiamo che parli, temiamo che parli, perché vogliamo sapere qualcosa di noi, o di diverso da noi dentro la storia di una donna super famosa da cui si pretendeva, chissà perché, Biancaneve. 


Tutto è sempre: mi ha tradito, è un traditore, è una traditrice. Il resto impallidisce fino a scomparire. Lo è nel mondo di Proust e lo è nel mondo dell’amica complice parrucchiera, lo è in un modo totalmente democratico e indifferente all’eleganza, alla conversazione e al numero di libri letti e di film visti, indifferente anche al numero di borse firmate possedute.   


Ci siamo appassionati all’intervista di Totti perché da qualche parte in qualunque vita è già successo (o succederà) di controllare i telefoni o di avere la tentazione di farlo, e di dire o sentirsi dire: ci ho preso solo un caffè. Di interrogare gli amici, di ascoltare i pettegolezzi.  


Ci si appassiona all’intervista di Totti sia per il terrore di cadere così in basso, sia per il sollievo di non averlo fatto, sia per il bisogno di promettersi a vicenda di non umiliarsi mai così, qualunque cosa accada. Non ha a che fare soltanto con  l’essere famosi, ma con la vita. Non serve essere rincorsi da tutti i giornali e paparazzi d’Italia per rinfacciarsi il mondo o per dire, nel buio di una stanza o a quattro amici: ma gli orologi me li aveva regalati, ma quella vacanza l’ha fatta coi miei soldi. Totti ci ha offerto, per  tornaconto, la spaventosa possibilità di stare dietro la porta a origliare la sua versione, stare lì seduti comodamente ad ascoltare da lui in persona quello che di solito ci è vietato sapere degli altri. C’è chi si è appassionato, poi,  perché si entusiasma per i fallimenti molto più che per la felicità. Infatti quest’intervista rivela qualcosa di noi, oltre che troppo di Totti. Si potrebbe fare una classifica delle reazioni, e in fondo alla classifica mettere quelli che non avrebbero pubblicato niente, perché il giornalismo è un’altra cosa.

 

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  • Annalena Benini
  • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.