spazio okkupato
Il “fascismo naturale” dei carnefici di “Striscia la notizia” fa più paura di Meloni
C’è una categoria specifica su TikTok, video ricercabili grazie ad hashtag come #ladremetromilano #rommetro. Alcuni sono filmati dei format televisivi originali che hanno ispirato e addestrato questi giustizieri del telefonino, una regressione dello stato di diritto
La prima cosa che ho visto stamattina sono state le condoglianze di Salvini alla “Signora in giallo”: “Unica e geniale Jessica Fletcher, non te ne scappava uno di delinquente, ci mancherai!” (voleva candidarla al ministero dell’Interno?). La seconda cosa in cui mi sono imbattuto è stata una serie di video su TikTok in cui alcune borseggiatrici della metropolitana di Milano vengono scoperte, inseguite ed esposte agli insulti dei passeggeri. C’è proprio una categoria specifica, e i video sono decine e decine ricercabili grazie ad hashtag come #ladre #borsegiatrici (sic) #ladremetromilano #rommetro. Alcuni sono filmati delle “Iene” o di “Striscia la notizia”, quindi dei format televisivi originali che hanno ispirato e addestrato queste ronde spontanee di giustizieri del telefonino. In un video, per esempio, appare Valerio Staffelli alla stazione Cadorna di Milano, in posa in quanto gradito ospite sotto la scritta “Polizia”, che arringa la folla su come difendersi dai furti, letteralmente additando le ragazze fermate: “La polizia le respinge, giustamente. Attenzione! A quest’ora si mettono dietro di voi e con l’aiuto di un giubbotto vi rubano nello zaino e nella borsa. Sono queste ragazze vestite bene, con prodotti di marca”. A questo punto la gente, che intanto filma con i telefonini, esplode nel coro: “Ladre! Ladre! Ladre!”.
I video più inquietanti, però, sono quelli della gente comune a cui pare normale riprendere la cattura o, più spesso, l’accusa per postarla sui social. Ma soprattutto sono quelli degli emulatori: piccole troupe, cioè bande organizzate di ragazzini, che vanno a caccia in gruppo in metro per farsi giustizia da soli, riprendendo con il telefono e pubblicando le facce delle sospette. Su TikTok e Twitch, per esempio, c’è un tale Erkole che si mette in scena come un supereroe il cui maggior superpotere sembra essere l’intercalare “minchia, raga”. I suoi video hanno titoli come: “Erkole insegue le borseggiatrici a Milano”, “Erkole minacciato da dei maranza risponde a tono”, “Erkole viene aggredit* durante una manifestazione lgbt”. “Erkole quasi aggredito e derubato da un gruppo di albanesi”, eccetera eccetera.
E’ del tutto evidente che la familiarità con un format televisivo di successo facilmente imitabile e la disponibilità di uno strumento di documentazione e denuncia come il telefonino hanno il potere di cancellare in un attimo l’idea che il diritto sia una garanzia per gli innocenti più che uno strumento di difesa per i colpevoli. La televisione e il telefonino rendono, cioè, del tutto naturale la regressione alla gogna e al pubblico ludibrio – per di più spontanee, al di fuori di ogni mediazione di legge – come alle strategie di sorveglianza e punizione più efficaci e popolari, perché basate su tecnologie disponibili e facili da usare. Il modello del Panoptikon teorizzato da Michel Foucault esplode e diventa di massa, moltiplicandosi in miliardi di sguardi, nel controllo dispiegato di tutti contro tutti.
I volenterosi carnefici di Staffelli mi sembrano una manifestazione di quello che mi verrebbe da definire il “fascismo naturale”, cioè della facilità con cui le faticose e farraginose conquiste dello stato di diritto possono regredire a uno stato più primitivo ed essere cancellate dall’istinto di gruppo e di sopravvivenza di ogni essere umano. Farsi giustizia da soli è più naturale che delegare qualcuno a farla per noi, la gogna è più naturale del dibattimento, la violenza del dialogo, la diseguaglianza dell’uguaglianza, il conformismo dell’isolamento. Il fatto è che se qualcosa si può fare – perché la politica o la tecnologia o la maggioranza la autorizza – qualcuno che la fa c’è sempre. E’ questo “fascismo naturale” a far paura, molto più dell’ideologia da cui proviene il primo partito italiano.
Nel 2018 Fratelli d’Italia, per esempio, presentò due proposte di legge, come twittò Meloni, “per abolire il reato di tortura che impedisce agli agenti di fare il proprio lavoro”. E il 1° ottobre di quest’anno, ancora su Twitter, Giorgia Meloni si è precipitata a offrire la propria amicizia all’Egitto: “L’Italia è pronta a rafforzare la nostra cooperazione in molti campi: sicurezza energetica, stabilità del Mediterraneo e del medio oriente, diritti umani e libertà religiosa. Grazie, signor presidente al Sisi”. Offrire la propria cooperazione sui diritti umani non sembra il modo migliore per ribadire che l’Italia vuole la verità su Giulio Regeni, il ricercatore che nel gennaio 2016 fu torturato e ammazzato dai servizi segreti egiziani. Perché anche la tortura, a suo modo, è “naturale”. Il pericolo è che proposte di legge e messaggi come questi possano essere intesi, anche da alcuni settori delle forze dell’ordine, come autorizzazioni implicite a lasciarsi andare. Nel 2001 al G8 di Genova è già successo.
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