Saverio ma giusto
Un'occupazione di studenti è banale, ma interromperla per il ponte è cretinaggine
La mobilitazione di Scienze politiche a Roma è stata sospesa per la festa di Ognissanti e riprendera dopo la vacanza. Ormai ogni questione importante, dalla lotta al surriscaldamento globale a quella per i diritti civili, è ormai ridicolizzata e ridotta a parodia, a caricatura cupa e grottesca
Non c’è niente di più difficile oggi che protestare. Intanto, bisognerebbe distinguere fra protesta e lamentela – il confine è sempre più labile, specie da quando i social hanno dato un megafono a ogni singola causa (e a ogni suo singolo effetto, anche minimo). Viviamo tempi in cui il distinguo si fa istanza, e il capriccio viene rivendicato come principio universale. Inoltre sempre più spesso posizioni apicali sono occupate da chi esercita il potere “contro”: di solito contro nemici immaginari, mulini a vento, o direttamente contro la realtà. La protesta dunque si è istituzionalizzata, ed è diventata conformista. Di più: con il populismo la protesta è diventata una forma di governo. Ed esprimere il proprio dissenso contro questa cultura dell’indignazione richiede un ripensamento radicale dell’antagonismo.
Le forme di protesta sono oggi nelle migliori delle ipotesi banali; nelle peggiori – e più diffuse – stupide e ridicole. Banale infatti è l’occupazione di una facoltà universitaria come forma di protesta; ridicolo che l’occupazione di Scienze politiche a Roma iniziata martedì 26 ottobre sia stata sospesa per il ponte di Ognissanti per riprendere dopo la vacanza. Il ceto medio riflessivo si interroga a mezzo stampa sul perché, con una concreta apocalisse nucleare nell’orizzonte delle eventualità, nessuno scenda in piazza a protestare. Nichilismo, tragica indifferenza; sostengono loro. Ma non sarà invece che una manifestazione sarebbe inutile? Che gli fa una piazza, anche fosse piena di gente, contro la bomba atomica? Semmai può solo fare da obbiettivo sensibile. Siamo per lo più impotenti di fronte al mondo che ci circonda; prendere atto della nostra ininfluenza di fronte a certe questioni fuori dalla nostra portata non è una forma di cinismo, semmai di maturità. Sia chiaro, motivi per cui essere scontenti e protestare ce ne sono eccome; ma assistiamo sgomenti all’abbinamento sempre più frequente fra buone cause e stupidità abissale, fra battaglie civili e cretinaggine clamorosa.
Ogni questione importante, dalla lotta al surriscaldamento globale alla sensibilizzazione per il riconoscimento e l’allargamento dei diritti civili, è ormai ridicolizzata, ridotta a parodia, a caricatura cupa e grottesca. Se continua così, il futuro ci riserverà notizie come questa: “L’altra mattina due attiviste si sono recate da Cracco, il ristorante a Milano del celebre chef, e hanno lanciato un dipinto ad acquerello dentro una minestra per protestare contro la fame nel mondo e la scarsità di cibo. Carlo Cracco ha fatto sapere che la minestra non è stata danneggiata, dato che il piatto era protetto da una serie di bicchieri e calici di vetro, ma che il servizio di Murano è andato distrutto. Le due attiviste, di 20 e 21 anni, entrambe inglesi, durante l’atto dimostrativo si sono tolte entrambe le giacche per mostrare delle magliette con la scritta ‘Just Stop Eat Oil’, nome del gruppo nutrizionista e salutista di cui fanno parte e che si batte per una drastica riduzione in cucina dell’impiego di olio e altri grassi saturi. Non è la prima volta che le attiviste e gli attivisti di ‘Just Stop Eat Oil’ organizzano proteste nei ristoranti per cercare di creare consapevolezza sui temi relativi alla denutrizione o cattiva alimentazione. Lo scorso luglio due di loro si erano incollati alle posate dell’Osteria Francescana di Massimo Bottura a Modena, mentre altri sono scappati senza pagare il conto in vari ristoranti stellati in giro per l’Europa”.