(foto Ansa)

Un'agenda nuova per Giorgia Meloni e il suo governo

Saverio Raimondo

Digitale però! Siamo nel ’23, ma non del secolo scorso. Lista affettuosa di buoni propositi per governi e opposizioni

Duemilaventitré: anno nuovo, buoni propositi – anche vecchi, tanto ogni anno sono come nuovi dato che nessuno li ha conseguiti. Non facciamoci scoraggiare dal fatto che quelli del 2022 sono stati tutti clamorosamente mancati – così come quelli del 2021, del 2020, del 2019… Il mantenimento dei buoni propositi 2023 è stato fissato dall’Europa fra gli obbiettivi del Pnrr da centrare entro l’anno; in ballo ci sono 60 miliardi, non possiamo fallire. E’ importante che tutti noi fissiamo dei buoni propositi entro il primo semestre di quest’anno; e che li manteniamo entro il 31 dicembre

Di seguito, una lista ragionata di obbiettivi possibili, nonché necessari.


Governo Meloni

Bisogna dare il buon esempio a partire dall’alto, dalle istituzioni. Ecco perché ci aspettiamo buoni propositivi in primis dall’esecutivo guidato da Giorgia Meloni. Durante il 2022, il governo si è distinto per una spiccata quanto ridicola avversione per tutto ciò che è moderno e ormai acquisito dalla contemporaneità: i pagamenti elettronici, lo Spid, i telefonini in classe (siamo tutti d’accordo che sia maleducazione, ma se è per questo anche le dita nel naso). Bisognerà digitalizzare un po’ questo governo, ricordargli che siamo nel ’23 ma non del secolo scorso. Meloni fa gli “Appunti di Giorgia” sui suoi canali social, ma questo non basta ad essere al passo con i tempi se poi quegli appunti sono scritti su una ridicola agenda analogica, di carta, con l’elastico sulla copertina: una via di mezzo fra un diario delle medie e un faldone del catasto. Siamo oltre il cringe: siamo in quella zona grigia fra il patetico e il polveroso.

 

Il primo buon proposito di Giorgia Meloni per il 2023 deve essere quello di imparare a usare Note sul suo smartphone e la funzione Calendar (con la -r finale, sennò Lega e Forza Italia si ingelosiscono) su Google – ci sono riuscito persino io a usarle, io che il massimo della mia abilità quando c’è un problema con le tecnologie è riassumibile nell’applicazione “spegnere-e-riaccendere”. Ci sono un sacco di app o funzioni per prendere al meglio appunti e appuntamenti, Meloni chiamasse qualcuno a installargliele e spiegargliele – ho capito che questo è un governo politico, ma ogni tanto un tecnico ci vuole. Un altro buon proposito per il 2023, per Meloni come per Matteo Salvini, è quello di pagare di più con il bancomat, abituarsi allo strumento, superare le sciocche resistenze da prevenuti ideologici per scoprire le comodità della tecnologia elettronica. Capisco che il problema è ricordarsi il pin del bancomat: Meloni ha tante cose a cui pensare, si scorda e al primo vuoto di memoria di fronte al Pos s’innervosisce e comincia ad alzare la voce e a infervorarsi come fosse ancora in campagna elettorale; mentre Salvini non riesce a memorizzare nessuna sequenza numerica più complessa di 12345 – che però è facilmente hackerabile, pare gli abbiano già clonato la carta tre volte, hanno smesso solo quando hanno visto che sul conto gli erano rimasti solo i rubli. Ma del resto alcuni buon propositi richiedono sforzi, sacrifici, e tanta buona volontà.

A proposito di Salvini e del suo pin: il ministro delle Infrastrutture l’anno scorso ha dichiarato che lui “adora andare al bancomat a prelevare”. Per il 2023 un buon proposito potrebbe essere proprio quello di smettere con questo vizio, e scoprire piuttosto nuovi hobby – il padel, la musica da camera o, per restare in tema di infrastrutture, la pole dance. Capisco che sarà difficile, perché i problemi di Salvini sono due: la ludopatia e l’intelligenza – quest’ultima gli ha fatto scambiare il bancomat per una slot. Lui pensa che tutte le volte che infila la carta nello sportello del bancomat e digita il suo pin o, come lo chiama lui, “numero fortunato”, vince dei soldi – per altro proprio il montepremi su cui aveva puntato: 50, 100, 150… Vagli a spiegare che non è fortuna, che quelli sono soldi suoi, presi dal suo conto; niente, non ascolta, non capisce. Speriamo che nel 2023 prenda una bella botta in testa: alle volte, per effetto paradosso, rinsaviscono. 


Attivisti ambientalisti

A inizio anno, mentre alcuni attivisti italiani imbrattavano la facciata del Senato con della vernice (azione inutile ma sulla quale si è biasimato sin troppo: ok che non c’è più il bonus facciate con il quale ripagare la pulizia della suddetta, ma la vernice era lavabile, non facciamola tanto lunga; il vero rimprovero va mosso semmai per la scelta del colore arancione non conforme alle regole della sovraintendenza per il mantenimento del decoro urbano in centro storico né inerente alla causa – non sarebbe stata più giusta della vernice verde?), a inizio anno e nelle stesse ore, dicevo, il movimento ambientalista Extinction Rebellion ha promesso che cambierà approccio e metodi nelle sue azioni di protesta contro i cambiamenti climatici. Basta con i blocchi stradali, basta con gli attivisti incollati alle strade o incatenati ai palazzi governativi, basta con i lanci di zuppa, vernice o farina contro le opere d’arte – o, più precisamente, contro i vetri di protezione delle opere d’arte; azioni che hanno ottenuto soltanto lo sdegno e le proteste sia delle ditte di pulizie dei musei sia dei vetrai, che a fine anno hanno organizzato una contromanifestazione a Murano dove degli ambientalisti sono stati gettati in laguna. Per il 2023, gli attivisti ambientalisti promettono di impegnarsi in forme di protesta che non creino disagio o disturbo ai cittadini, anzi che li coinvolgano maggiormente.

 

L’appuntamento è per il 21 aprile davanti al parlamento britannico, per una manifestazione “diversa”. Come cambieranno le proteste contro le politiche ambientali miopi se non dannose? Potrebbero essere delle azioni più green – in effetti, che c’entravano le zuppe con il cambiamento climatico? Erano forse brodi di verdura scaldati senza ricorrere al gas o all’induzione, ma semplicemente portati a ebollizione dalle temperature esterne troppo elevate causa riscaldamento globale? Propongo di manifestare per il clima e l’ambiente lanciando non più vernici o purè, ma semi; magari di piante infestanti, che sono più antagoniste e di protesta di un girasole. Pensate se la notizia fosse stata “Attivisti ambientalisti protestano contro i cambiamenti climatici: facciata del Senato avvolta dall’edera”; il messaggio sarebbe stato veicolato meglio, non trovate anche voi? Oppure, se si vuole pianificare una protesta meno pacifica, si potrebbero tirare piante grasse – cactus spinosissimi – addosso a ministri negligenti o imprenditori nel settore dei combustibili fossili; oppure mettere un fiore nei loro cannoni (ciminiere, scappamenti…), per la precisione rose, ma con tante spine. Ma la protesta è efficace anche e soprattutto quando è creativa, e punta sull’effetto “simpatia”: in tal senso, potrebbe essere un’azione di guerriglia efficace infiltrare degli attivisti fra i barman di Montecitorio, di Bruxelles, o nei lounge bar del potere politico ed economico mondiale; e ogni volta che un potente ordina un drink con ghiaccio farglielo arrivare sempre annacquato, con i cubetti sciolti come un ghiacciaio. Oppure: il ministro tal dei tali o il lobbista di turno ordinano champagne? E al tavolo gli arriva una bella coppa di bollicine, sì, ma della temperatura di un brodo caldo, anzi caldissimo, come le temperature registrate quest’anno. Vedi come si sensibilizzano, a quel punto. In ultima battuta, le proteste degli attivisti ambientalisti per il 2023 potrebbero concentrarsi su chi con le proprie azioni sabota la causa e rema contro, cioè gli attivisti ambientalisti stessi. Per il 2023 sogno attivisti che gettano zuppe addosso agli ambientalisti, e ambientalisti che si siedono davanti ai box degli attivisti per non farli uscire con la macchina. Per un’ecologia dell’intelligenza umana.


Vladimir Putin

Il bello di essere un super-cattivo come Mad Vlad è che basta poco per fare una buona azione. O comunque hai tanta scelta, ti puoi sbizzarrire: rispetto dei confini nazionali, apertura al dialogo per la pace, cessate il fuoco, ritiro delle truppe, reale democratizzazione della Russia, dimissioni… Già solo se smettesse di minacciare l’uso dell’atomica ogni due settimane risulterebbe più civile, più educato. Ecco, un buon proposito per il 2023 di Vladimir Putin potrebbe proprio essere questo: chiedere all’alleato Xi Jinping se lo ospita in uno dei suoi campi di rieducazione nella regione dello Xinjiang. Lì Vladimir Putin potrebbe essere trattato come si deve, come si merita, come se l’è cercata. E speriamo che ne esca, appunto, più educato. E se poi non dovesse più uscirne, eh, oh, pazienza. 


Evasori fiscali

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo discorso di fine anno è stato chiaro: “La Repubblica è di chi paga le tasse”. E anche il governo “amico” di Giorgia Meloni, pur sorridendo al furbetto con tanto di strizzata d’occhio e gomitata complice, dice dice ma non fa. I pagamenti con il Pos sono illimitati; e il tetto al contante più di tanto non si può soppalcare. All’evasore fiscale non resta che pagare le tasse: piano piano, senza strappi né traumi, ma nel 2023 toccherà iniziare a cambiare la propria dieta fiscale introducendo gradualmente aliquote e acconti. Proprio come a tavola si riduce il consumo di carne, così l’evasore dovrà ridurre il consumo di nero; magari la visione di qualche documentario sulle frodi intensive al fisco potrebbe aprirgli gli occhi sugli effetti nefasti della grande evasione fiscale, che è fra le prime cause di morte per cancro – se nessuno infatti paga le tasse, poi non ci sono i soldi per diagnosticare né curare i tumori. Con abitudini fiscali più sane l’evasore vedrebbe ridursi il suo peso (sulla società), dormirebbe meglio, avrebbe benefici immediati sulla sua salute e sul suo sex appeal – quando una persona ha appena pagato le tasse ha quell’aria vissuta molto attraente, e la trasparenza fiscale è innegabilmente molto sexy e accende la fiamma gialla della passione anche nel più forfettario. Se un evasore riesce a correggere sufficientemente le proprie abitudini, per esempio pagando il pranzo con la carta o battendo lo scontrino a cena, uno strappo a settimana può anche concederselo a cuor leggero – per esempio pagando in contanti una pizza con gli amici, tanto è sotto i cinquemila euro salvo non si vada in pizzeria da Briatore. 


Elon Musk

Amo i ricchi. Hanno tutti il pregio più bello che una persona possa avere: i soldi. Ma non sopporto i ricchi che non sanno spendere: di fronte a certi sprechi sono favorevole alla confisca del patrimonio e alla redistribuzione in senso socialista. Elon Musk è uno di questi: ha un sacco di soldi, ma li spende a casaccio. Compra Twitter, ma poi non sa che farci. Per il 2023, un buon proposito per Elon Musk potrebbe essere quello di darsi allo shopping compulsivo: online come nei negozi fisici, arriva e compra un po’ di tutto. Senza criterio né limiti di spesa, come piace a lui. Ma almeno, se compra da tutti, fa girare l’economia come solo lui può – giacché l’economia, stringi stringi, si fonda sui soldi; e i soldi ce li ha quasi tutti lui. Comprasse, dunque; spendesse e spandesse. Elon: nel 2023 twitta di meno con quel telefono, striscia di più con quella carta.

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