l'intervista
“Pochi anni per invertire la rotta o sarà il baratro demografico”. Parla Blangiardo
"L'Italia è 'destinata a scomparire'", ha detto Meloni. Nel nostro paese sta arrivando lo "tsunami d'argento": il presidente dell'Istat spiega che le donne potenzialmente mamme nel 2070 saranno un terzo in meno. Una delle strade resta il "modello francese"
“La popolazione italiana sta invecchiando e si sta riducendo al ritmo più veloce dell’occidente, costringendo il paese ad adattarsi a una popolazione di anziani in forte espansione che lo pone in prima linea in una tendenza demografica globale, lo ‘tsunami d’argento’. Ma deve affrontare un doppio colpo demografico, con un tasso di natalità in drastico calo che è tra i più bassi d’Europa. Il primo ministro Meloni ha detto che l’Italia è ‘destinata a scomparire’ a meno che non cambi”. Sta facendo discutere un articolo di Jason Horowitz sul New York Times in cui si spiega che in Italia sta arrivando quello che gli esperti definiscono “Silver Tsunami”. E che potrebbe far “sparire” il paese. L’Italia, scrive il New York Times, è “un laboratorio per molti paesi con popolazioni che invecchiano”. Resta da capire quando sarà troppo tardi per uscire dalla “trappola della bassa natalità”. “Che la trappola esista è un dato di fatto e se le cose restano così, anche solo per inerzia, il finale della storia è noto”, dice al Foglio Gian Carlo Blangiardo, presidente dell’Istat e fra i massimi demografi italiani.
“Estinzione è una parola forte, certo che il grande paese smette di essere un grande paese”, prosegue Blangiardo. “Stiamo andando verso il baratro. Il punto è quando e se si può tornare indietro. ‘Quando’ dipende da quanto riusciamo a rallentare. Invertire le tendenze, cercare di frenare e cambiare direzione, richiede uno sforzo importante, perché ci sono elementi strutturali che remano contro. Mancheranno mamme potenziali, oggi abbiamo dodici milioni di donne in età feconda e nel 2070 saranno otto milioni. Si riducono di un terzo. Quindi si deve attivare una serie di iniziative per contrastare la tendenza”.
L’obiettivo realistico, ci dice Blangiardo, è “di arrivare al mezzo milione di nascite alla fine del decennio. Oggi sono 400 mila e le anticipo che se le cose vanno così, nel 2023 non arriviamo neanche a quel numero. Andiamo verso nuovi record”. Che fare? “Si potrebbe agire sull’età, siamo sempre più portati a spostare la maternità, il primo figlio nasce da ultra trentenni per cui l’idea di famiglia arriva tardi. Si deve anticipare il primogenito di qualche anno e accrescere la probabilità al secondo e al terzo, il ‘modello francese’. Tale modello ha dimostrato di ‘tenere’, se dai gli aiuti, se dai la conciliazione lavoro e casa, qualcosa viene fuori. Se dai una mano, qualcosa ottieni. Tutto il mondo va verso la crisi della fertilità, il problema è farlo in maniera morbida. I cinesi avevano trenta milioni di nati, oggi dieci e in futuro ne avranno quattro milioni, è una follia”.
Per l’Italia non è un fenomeno certo nuovo. “Nel 1977 l’Italia scese sotto il ricambio generazionale. Sono più di quarant’anni dunque che siamo sotto il livello, il numero medio di figli per donna. Oggi siamo a 1,25. Le simulazioni che abbiamo fatto come Istat ci dicono che se anche se rialzassimo il tasso a 1,9, e sarebbe un miracolo, nel 2070 arriveremmo comunque a mezzo milione di nati”. E se cadessimo nello “scenario sudcoreano”, sotto un figlio a coppia? “Vada in Sardegna”, dice Blangiardo. “Ci sono regioni italiane che ci sono già arrivate. Non è fantascienza, ma in realtà è possibile. A quel punto la situazione diventa ancora più drammatica. Quando avremo 48 milioni di abitanti nel 2070 e più del doppio degli ultranovantenni avremo un paese dove qualche problema di garanzia e qualità della vita lo avremo”.
Eppure, si fatica a imporre come tema e una certa stupidità collettiva ripete che “siamo troppi”. “Le persone vanno in giro ma non vedono più carrozzine e passeggini”, conclude Blangiardo. “Se vado in Inghilterra ne vedo subito di più. Sono a Roma mentre le parlo e non è passata una sola persona con un bambino. E poi le persone che vedi in faccia per strada sono molto anziane. Nella vita quotidiana se ci facciamo caso e lo confrontiamo con quello che succedeva qualche decennio fa, scopriamo una fotografia molto diversa”.
generazione ansiosa