Le mimose proibite
Un 8 marzo di lotta per le femministe che vogliono ricordare che “donna si nasce”
In Galles una protesta vuole imbavagliare le accademiche critiche del gender. Intanto si cancellano proiezioni di documentari e si stilano liste di "termini dannosi" che includono uomo, donna, madre, padre… Al posto di femmina si usi “produttrice di ovociti”. Appelli e insulti: è la nuova caccia alle streghe
“Silenziare le donne: libertà accademica e pensieri impensabili”. Questo il titolo del panel alla Swansea University, in Galles, dove femministe accademiche discutono di ricerca basata su criteri che considerano il sesso biologico. “Questo evento non dovrebbe avere luogo”, risponde una petizione su Change.org con migliaia di firme, perché “incoraggerà la transfobia”. Una protesta è stata organizzata al di fuori dell’evento, racconta Joan Smith, organizzatrice della conferenza accademica, su Unherd. “Da diversi anni ormai le femministe non possono tenere le proprie riunioni senza dover superare i manifestanti che gridano insulti e minacciano violenze sessuali”.
Racconta Joan Smith: “Un documentario a cui ho preso parte, ‘Adult Human Female’, ha subìto la cancellazione delle proiezioni e fatica a trovare una location dopo le proteste degli attivisti”.
Pochi giorni prima, alcuni accademici (anche di Harvard e Princeton) hanno stilato un elenco di “24 termini dannosi” sulla rivista Trends in Ecology and Evolution. Includono uomo, donna, madre, padre… Al posto di femmina, si usi “produttrice di ovociti”. Nelle stesse ore, in Francia, si approntava il processo per “insulti a causa dell’identità di genere” alla giornalista e femminista Dora Moutot, trascinata in tribunale dalle associazioni Lgbt. Moutot su France 2 aveva qualificato il primo sindaco trans di Francia, Marie Cau, non come una “donna”, ma come un “uomo transfemminile”. La giornalista, definita “transfobica”, è stata subito oggetto di insulti. Un appello su Marianne scrive che “in Francia le personalità sono perennemente molestate, minacciate, diffamate, insultate, abusate fisicamente, quando osano denunciare gli eccessi del transgenderismo”. E’ il caso di alcune delle firmatarie: la psicologa Céline Masson, la femminista Marguerite Stern e la regista Sophie Robert.
Doppia sanzione per una docente dell’Università autonoma di Barcellona, boicottata per la sua posizione critica sulla Ley Trans. A Juana Gallego l’università ha impedito di tenere lezione. Con l’aula vuota, la docente ha registrato un video e lo ha pubblicato sui social. “Hanno boicottato le mie classi a causa della mia posizione pubblica”. Oggi sarà dunque un 8 marzo di lotta per le femministe vicine alla battaglia di J. K. Rowling. Una giornata in cui si faticherà a ricordare che “donna si nasce”.
Intanto la rivoluzione va avanti. Le scuole di Berlino avranno pagelle senza indicazioni di genere. Invece dei pronomi “er” e “sie” (“lui” e “lei”) e di “alunno” e “alunna”, basterà nome e cognome. All’Università di Losanna, in Svizzera, ci si laurea invece alla gender neutral. Grandi catene di giocattoli e abbigliamento, come Toys, hanno cancellato la distinzione “uomini” e “donne”. Per le Nazioni Unite la parola “umanità”, in inglese “mankind”, va sostituita con “humanity”. Man deve sparire. Il principale premio musicale britannico quest’anno ha cancellato la distinzione uomini e donne. L’Australia National University invece di “madre” usa “genitore gestazionale”. La città di New York celebra la festa delle “persone che partoriscono” anziché delle mamme. Lo stato di New York ha pubblicato una guida sulle “persone che partoriscono”. E il ministro dell’Uguaglianza spagnolo, Irene Montero di Podemos, ha chiesto, per approvare la Ley Trans: “Esistono uomini e donne?”.
Se fosse vivo, G. K. Chesterton riscriverebbe il suo celebre motto: “Sguaineremo le spade per dimostrare che le mimose sono gialle”.
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