La Sirenetta corretta. Nemmeno ai cattivi dei cartoni è più concesso essere negativi
Il remake live action della Disney riscrive alcuni testi delle canzoni per renderle più in linea con la sensibilità moderna. Questa storia del woke è iniziata combattendo l’ingiustizia sociale ed è finita col cambiare le parole dei libri per bambini
E se i woke ci stessero trollando? Lo so, troppe parole inglesi e Rampelli cambia giornale. Se gli zelanti del progressismo ci stessero prendendo in giro? Meglio così. La Sirenetta della Disney, il remake live action di cui forse avrete seguito le polemiche perché sarà interpretata da Halle Bailey, un’attrice nera (in fondo al mar dove non arrivano i raggi del sole arriva l’inclusività) ha deciso di modificarealcuni testi delle canzoni per renderle più in linea con la sensibilità moderna. Il compositore Alan Menken ha dichiarato in un’intervista che “Baciala” è stata parzialmente modificata per sottolineare il consenso (non sia mai che qualche bambina si alzi e urli “Polizia! il principe sta violentando la Sirenetta”) e le "Povera anima sola", la canzone del polpo Ursula, è stata rivista per evitare di incoraggiare le ragazzine a tacere.
Dicevo: e se ci prendessero in giro? Questa storia è iniziata combattendo l’ingiustizia sociale ed è finita col cambiare le parole dei libri per bambini e dei cartoni animati. Roba che ci fa tornare agli anni Novanta e a quel libro sempre citato e pochissimo letto che è “La cultura del piagnisteo”, Robert Hughes, che definiva la deriva estetica di un tempo, e dell’uso tossico e al limite del ridicolo degli eufemismi pur di non offendere nessuno. Scriveva: “Nessuna sostituzione di parole è in grado di ridurre il tasso di intolleranza presente in questa o qualunque altra società”. Si finisce solo col ferire una lingua innocente.
Tuttavia, il rischio di finire nella trappola e sembrare dei tromboni è grande. Era ridicolo chiedere rigore e accuratezza nella scelta di casting: sì, una nera dai capelli rossi è meno comune, ma veramente chiediamo realismo a una con la coda che vive in fondo al mare e perde la voce per colpa di una strega polpo? Anche la richiesta di attenersi all’originale è impropria. La verosimiglianza viene sacrificata a ogni generazione. Siamo solo affezionati alla versione Disney del 1989 con cui siamo cresciuti (e che abbiamo amato). Nella fiaba di Hans Christian Andersen, la Sirenetta, sfigatissima, viene trasformata in umana ma ogni suo passo comporta una terribile agonia (nella versione italiana avrebbe la vulvodinia). Alla fine non riesce a conquistare il principe e diventa schiuma di mare. Però, buone notizie: la Sirenetta ha la possibilità di ottenere un'anima e di andare in Paradiso diventando figlia dell’aria. Il lieto fine ottocentesco non sarebbe piaciuto ai ragazzini degli anni Novanta.
Anche a noi è stato risparmiato l’originale per adattarsi alla sensibilità mutata dei tempi. È il mercato. (Se dovessi scrivere un libro sceglierei di riscrivere la Bibbia con lo schwa o inserendo personaggi transgender nel Corano. Sai i titoli sui giornali). Ma c’è un altro aspetto, più serio. Ai personaggi cattivi, oggi, non è concesso essere negativi. Abbiamo paura che ci rendano peggiori, che non sappiamo distinguere il piano del simbolico e quello letterale, che non siamo in grado di reggere ruoli sgradevoli (che sono poi i più interessanti, soprattutto nei cartoni animati).
Nella scena in cui Ursula sta cercando di manipolare la Sirenetta, per convincerla a firmare il patto e cederle la voce, canta “Agli uomini le chiacchere non vanno/Si annoiano a sentire "bla bla bla!"” e anche “Ai maschi la conversazione non fa effetto/Il gentleman la evita se può”. Agli uomini per innamorarsi basta vedere una bella donna muta (il che è vero: sono generalmente le donne ad aver bisogno di una conversazione per eccitarsi, gli uomini pagano pur di non sentirle, ma io questo non l’ho mai scritto). Che avrebbe dovuto dire per convincerla? Forse "Dammi la voce perché tanto nessuno ti sentirà in quanto donna in un mondo patriarcale"? Meglio la lagna, sempre.
A dar retta allo storico letterario Elias Bredsdorff, Andersen non aveva mai avuto rapporti sessuali ma era un segaiolo compulsivo. Altri invece sostengono fosse omosessuale. Secondo Rictor Norton, uno storico che si occupa della storia LGBTQ+, la vita amorosa di Andersen era quella di un outsider sessuale che aveva perso il suo principe a favore di un'altra persona. Andersen si sarebbe innamorato di un granduca ereditario di Weimar e gli scriveva lettere d’amore (raccolte in My Dear Boy: Gay Love Letters through the Centuries) e nel suo diario raccontava che favola fosse stare con lui braccio a braccio. Se la prossima Sirenetta fosse un uomo con la parrucca?