Mitomani inconsapevoli
Abbiamo il culto della fragilità. Stefania Andreoli lo sa, e se ne approfitta
Il segreto del successo di “Perfetti o felici”, in cima alle classifiche dei libri più venduti, è trattarci tutti come una generazione da seduta psicanalitica. Non insegniamo più a gestire il disaccordo, né educhiamo all’incertezza
Sono tutti fragili, anzi, siamo tutti fragili. Noi vittime, noi che soffriamo, noi che abbiamo scoperto il nuovo feticcio della salute mentale a trentacinque anni e se da piccoli sognavamo di fare gli attori famosi oggi sogniamo il bonus psicologo e la pensione anticipata. La psicoterapeuta Stefania Andreoli lo sa, e se ne approfitta. Ci ha scritto un libro, sta vendendo parecchio, si chiama “Perfetti o felici” (non esistono alternative a quanto pare). Siccome in Italia si fanno sempre meno figli, nell’ultimo periodo la sua poltrona è rimasta a corto di adolescenti, ma per fortuna sono subentrati i giovani adulti. Ci dice che non sanno chi sono, cosa vogliono, cosa fare della loro vita. Mentre li ascoltava lagnarsi probabilmente stava calcolando le migliaia di copie vendute.
Il segreto del suo successo è trattarci tutti come una generazione da seduta psicanalitica, con quel sorriso rassicurante un po’ inebetito di chi ti dice che va tutto bene ma sta per farti una punturina. Se osi obiettare che rivendicare la fragilità rispetto al successo, opporre il fallimento al riscatto, preferire l’imperfezione all’impegno sono tutti modi, peraltro neppure originali, di condannarsi all’infelicità, lei ti dirà che non hai capito i giovani adulti, non li hai saputi ascoltare, sei un trombone. Ci ho messo tanto a smettere di lagnarmi e autoassolvermi e ora che pensavo d’essere finalmente diventato adulto, scopro che sto sbagliando tutto. Ci raccontiamo d’essere perfezionisti, autoriflessivi e ipercritici verso noi stessi, quando in realtà è vero l’esatto opposto: siamo mitomani e con la scusa sempre pronta. Basta leggere le recensioni al libro di Andreoli per capire che siamo di fronte a una specie di setta di allucinati: “Quante verità”, “Mi legge dentro Doc”, “Lei sa scrivere esattamente quello che penso” Rassicurati dalla psicoterapeuta che la pensa come i pazienti. Il genio è questo, renderli protagonisti.
Nel primo capitolo di “The Coddling of the American Mind”, Greg Lukianoff e Jonathan Haidt sostengono che niente come le buone intenzioni e le cattive idee preparano al fallimento di una generazione. Il culto della fragilità causa ansia, depressione e solitudine tra i giovani, che si sentono incapaci di affrontare le sfide della vita adulta. Non insegniamo più a gestire il disaccordo, né educhiamo all’incertezza. Preferiamo seguire le nostre emozioni: “Always Trust Your Feelings”. Persino i personal trainer finiranno per dirci “se non ce la fai siediti pure e mangiati un pollo fritto”. Fa tutto parte di una strategia dell’assoluzione perpetua. Chi è alla ricerca di consenso ti dirà che si può studiare qualcosa solo perché ti interessa, e poi si vedrà; che anche se non sai far nulla non è giusto che tu venga trattato come uno che non sa far nulla. Che se il tuo lavoro ti fa schifo è perché non ti meritano, non perché ti sei messo in quella condizione. La regola è: non hai nulla da rimproverarti. A una paziente che le racconta che s’è dimessa senza avere un’alternativa, Andreoli non potrà quindi dire “bella scelta del cazzo”, ma brava, segui il tuo istinto, vattene al mare. Ricordate? “Always Trust Your Feelings”. Speriamo almeno in genitori ricchi.
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